Andreina era la nonna di Errico, colei di cui lui scelse di essere un sous chef del cuore, trasformandosi decenni dopo nell'erede di una tradizione che dura dal 1959. Eppure quel ragazzone lo spiedo e la brace quasi non li vedeva tanto facevano parte del paesaggio di quella cucina semplice e sempre operosa. Invece oggi quegli strumenti lo hanno reso celebre non solo nelle Marche. Recanati li ha riscoperti dopo aver girato per il mondo a caccia di esperienze ed essere tornato a Loreto con la convinzione che una cucina primordiale, "neorurale" come ama definirla lui stesso, fosse la password per connettersi con il nostro futuro a tavola. Da qui una ricerca sulle differenti cotture adatte a ciascuna materia e un'evoluzione che non è certo giunta al suo termine.
Il menu però non è solo fuoco e fiamme, prova ne siano la celebre Cacio e sette pepi e i Dieci momenti di fegato grasso. Però poi la temperatura inevitabilmente si alza ed ecco il Carciofo alla brace e alici in consistenza, l'Agnello coratella animelle e cipolla, il Maialino insalatina aromatica e ciccioli, il Piccione e anguilla laccata, la Faraona cotta da lontano radici ed estratto di salvia (probabilmente l'episodio più sublime). Perfino l'Ostrica finisce per "darsi le arie di brace".
Errico però dedica attenzione anche ai dolci, essendo stata una Panna cotta la sua prima creazione, e anche la Tarte tatin passa per la brace prima di finire scortata dalla mela rosa e da un gelato alla crema. Buona la cantina con un'ampia rappresentanza territoriale.
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Tavoli all’aperto
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romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive