Proprio come al Bulli: qui non siamo al ristorante, siamo a teatro. Un teatro dell’insolito dove ogni piatto è una novità, prima per gli occhi e poi per la bocca. Non aspettatevi però poltrone di velluto rosso, pesanti tendaggi o enormi lampadari: il sobrio e luminoso locale fra legno, metallo e ceramica traforata, aperto su una grande terrazza e con la cucina centrale a vista, si presenta essenziale, giovanile e vitale alla pari del servizio, infomale e puntuale lungo tutto il pasto.
Ecco l’umile regno (anche se bistellato e nominato 5° migliore al mondo nella classifica 2021 dei World’s 50 Best Restaurants) dei tre ex moschettieri del re Adrià: è qui che Castro, Casañas e Xatruch continuano sul suo cammino bulliano rivedendo, ricreando e rimpiazzando idee, tecniche e accostamenti osé con altrettanti, nuovi e divertenti giochi, o meglio fuochi di gastro-artificio. A base di fiamme, fumo, ghiaccio, nuove forme, diversi colori e inediti sapori: una gelatina di funghi dall’aspetto di tuorlo d’uovo, ad esempio. Oppure la tarte tatin di foie gras, i peperoncini di cioccolato conditi con olio e sale, il gelato di ceviche (di pesce, naturalmente).
Difficile, se non impossibile, rimanere impassibili davanti a tanta, esplosiva e giocosa creatività visiva e gustativa: non appena ripresi dall’orgasmatico stordimento di sensi (tutti, nessuno escluso), la voglia di tornare sarà insopprimibile.
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origini bergamasche e infanzia bolognese, oggi è milanese ma anche cittadino del mondo. Come critico/giornalista prima musicale e poi enogastronomico, abbina da sempre le sette note a vini, piatti, cantine e hotel. Adesso, anche nei panni di Music Designer e Sound Sommelier (psmusicdesign.it). Da vero Bulliniano, ha un debole per gli chef creativi che vanno comunque oltre