I briefing con i contadini. La programmazione agricola. La scouting continuo della brigata. Poi il convegno internazionale, Care’s. La rete di cuochi, esperti, visionari, estesa ormai ai cinque continenti. L’intuizione di Cook The Mountain che fa scuola. Quassù, all’estrema periferia del Paese/paese, forse il più moderno ristorante d’Italia, pulsa interconnesso. Più sui segnali di fumo della dispensa-affumicatoio, che sui bit della rete. Invero.
Un continuo fermento: produrre, trasformare, conservare nei mesi buoni, ciò che servirà in quelli magri. Nel lungo inverno dell’Alta Montagna. Strano davvero. Circondati dai velluti e gli agi. I nobili legni dell’Hotel Rosa Alpina. La clientela internazionale. E ora, con l’ingresso in società del gruppo Ammann, tutti a chiedersi: che sarà? Intanto il giocattolo gira.
Norbert Niederkofler, saldamente al comando, guida la truppa. Il giovane luogotenente Michele Lazzarini, al fianco. Lascia che firmi i suoi piatti, come altri executive della brigata. Generoso. Non è un caso che dalla sua cucina siano usciti, passati, tutti o quasi i nuovi talenti della cucina altoatesina e non solo. In questa chiave, forse, si può leggere il suo menu degustazione. E il costo. 320 euro. 365 con i formaggi. Altri 190 per l’abbinamento con i vini. Tra i più alti dei tristellati italiani. E in tavola va la tartare di coregone. L’anguilla porchettata. Pane e burro. La trota alla mugnaia. La testina di maialino. Inni alla povertà contadina, più che al lusso della haute cuisine. Poco importa. La rivoluzione non è mica un pranzo di gala. Sosteneva qualcuno.
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Ristorante con camere
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articolo a cura degli autori Identità Golose
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