La leggenda di Ryugin cominciò a fiorire il 23 dicembre 2003, quando Seiji Yamamoto aprì nel quartiere di Roppongi. Sedici anni leggendari, culminati con le 3 stelle Michelin e una pila alta così di riconoscimenti. Nell’agosto 2018, il trasloco a Hibiya, in una nuova casa più accogliente e funzionale.
Nel panorama delle grandi cucine del mondo, mai così come in Giappone con gli stili kaiseki le distinzioni tra alto artigianato e arte alta vengono a cadere. La storia secolare di questa cucina ha distillato un’essenza del gusto che nel cibo abbraccia allo stesso modo i mondi vegetale e animale. Dalla naturalità più estrema: stagionalità, sì, ma a fondo nelle sottigliezze che corrono tra l’acerbo, il maturo, il surmaturo; in tutti i diversi gradi dello stadio vitale. Fino a intrecciare la naturalità col più sottile simbolismo. Segni, colori, forme, per richiamare stati d’animo, sintetizzabili in Mono no aware, il pathos della partecipazione emotiva a tutte le cose della vita.
Yamamoto è tra i maggiori esponenti di quest’arte che fonde tecnica e pensiero. Il kaiseki tra classico e contemporaneo (“Plating the Prodigality of Japanese Nature”, il menu che propone, stagionale, con variazioni all’interno della stagione in base ai prodotti) risulta ben leggibile nel suo forte impatto estetico-gustativo. Oltre alla bellezza dell’apparecchiatura, di ogni supporto, e delle preparazioni, i tratti che più lasciano il segno sono la qualità della materia prima e una rara capacità d’utilizzare consistenze e temperature.
Ma ancor più, mai esperita a tale grado, la profondità e raffinatezza dei brodi, che sola vale la visita.
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Biassoni nel tempio magico di Ryugin
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ligure, nell'attesa di ciò che mangerà talvolta scrive di ciò che ha mangiato: buono da scrivere, buono da mangiare