Pino Cuttaia è lo chef della memoria; aggiunge sempre alle sue portate quell'ingrediente segreto, quasi magico, che è la (ri)evocazione: i panni stesi, le vie assolate, i mestieri che non ci sono più, i profumi dal tinello, i sapori dimenticati, la cultura antica della campagna. Insomma una Sicilia che esiste ancora quasi solo nel ricordo e nella narrazione; un bel mondo antico, che diventa nostalgicamente ancora migliore al cospetto delle contraddizioni del presente. Come detto, fa di questa sua abilità comunicativa - che lui esprime con naturalezza, grazie alla sua carica di umanità - una straordinaria materia prima nascosta che utilizza nelle sue preparazioni; le quali, ottime di loro, diventano persino migliori perché arricchite di tale addendo fascinoso, che proietta il commensale al di là del piatto. Tutto è ancor più buono, perché te lo prepara uno chef d'alta cucina, ma è come se te lo servisse una nonna, dandoti una carezza.
Quadro di Alici (capolavoro assoluto), Pizzaiola, Cannolo di melanzana, Nuvola di caprese, Cornucopia... Molti sono i suoi piatti celebri; tanti, che lui non ha nemmeno necessità di variare troppo il menu, peraltro Licata è così lontana da tutto...
Pino, poi, ha inaugurato di recente una fase nuova, che può essere assai fertile: il passaggio da un punto di vista personale a uno collettivo; la proiezione della sensibilità dello chef, del sua essenza diremmo filosofica, a elemento di lettura del presente, così che diventi fattore d'indagine sociale e culturale. Ne è prova 'nnumari (leggi qui). È il tassello che mancava, per un'ulteriore crescita.
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it