Sono passati 32 anni da quando una vecchia osteria è diventa La Peca, moderno e bellissimo fin da subito con dentro il talento e la sensibilità di Nicola e Pierluigi Portinari, fratelli partiti giovanissimi dalla macelleria di famiglia e diventati un punto di riferimento dell’alta cucina italiana. Perché, a dispetto di un modo di fare defilato, di caratteri poco inclini ad apparire, questo è davvero uno dei grandi ristoranti della Penisola. Di quelli dove sbagliare è difficile. E del quale stupisce innanzitutto la storia: l’inizio con i fratelli entrambi in sala perché Nicola non si sentiva pronto per la cucina, le visite da Ducasse, gli stage da Arzak, l’osservazione della rivoluzione della gastronomia spagnola, lo studio e le letture.
La stella Michelin prima data e poi tolta, per colpa di una sfortunata cena nel lontano 1997, ma poi riconquistata e perfino bissata, e il difficile rapporto – all'inizio – con i clienti, soprattutto locali, che non capivano quei piatti strani, fuori dal coro della tradizione. Ammirevole è poi la capacità di lavorare in maniera spettacolare ogni ingrediente, la misura e l’equilibrio, la continua evoluzione del menu, il numero dei piatti sempre straordinari creati in questi anni, e sempre più orientati verso la leggerezza, la digeribilità, il ridotto apporto di calorie e – soprattutto – il piacere del cliente.
Anche nei dessert nei quali Pierluigi, anch'egli autodidatta, già dall'inizio, e quando non era ancora di moda come ora, ha cercato di ridurre burro, zucchero e grassi, e proporre dolci indimenticabili, e perfetti per il fine pasto.
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veneziano, giornalista, una vita dedicata allo sport da inviato (e adesso da appassionato e tifoso), cura da dieci anni "Gusto", la pagina di enogastronomia del Gazzettino di Venezia
Nicola PortinariRisotto alla burrata e profumi mediterranei