Al San Martino si va sempre volentieri perché ci si sente un po' come a casa propria. Michela apre la porta in uno scenario elegante, ma sobrio, dominato dal bianco, mai carico di dettagli inutili o fuorvianti: la sua professionalità si sposa con una piacevole caratterizzazione di familiarità, che porta l'ospite ad avvertire il giusto calore, tra rispetto e affetto. Se avete dei dubbi, si farà premura di scioglierli e se avete bisogno di consigli (dalla scelta dei piatti, agli abbinamenti con i vini) sarà attenta alle vostre esigenze.
E poi c'è Raffaele, in cucina: ormai da anni è una certezza, uno chef che non vive sui risultati conseguiti, ma cerca sempre di trovare la giusta vicinanza tra la tradizione, molto radicata nel territorio, e il bisogno di dare un'impronta creativa e personale. Il menu si articola in fasi stagionali, dove il pesce si esalta nella crudità (originale l'ombrina, anguria e gin) e la carne trova nella cacciagione il suo momento più alto, dal piccione (e cicoria) alla lepre su lepre; e se non volete farvi mancare proprio niente ecco il colossale menu "Tra crudo e cotto in zona FAO 37.2.1. e oltre...", con 14 portate, tra le quali spicca la Triglia, melanzana e gelato di ostrica. Non mancano di stupire i dolci, intitolati a un ingrediente principe, dal cioccolato alla pesca, fino allo spumone di caffè corretto all'amaretto.
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critico cinematografico, è stato anche giornalista sportivo per oltre 20 anni, con voglie cantautorali, passione gastronomica e viaggiatore curioso del mondo