C'è un cortocircuito nella comprensione di cosa sia oggi l'Enoteca Pinchiorri. Certo, è un indirizzo onusto di gloria. Ovvio, è il tristellato più longevo d'Italia. Sicuro che si tratti di un luogo dal fascino classico: ha l'allure del tempio della ristorazione e dell'enologia. C'è inoltre questo fatto dello chef capo che è sulla plancia di comando da quasi un trentennio; delle decine di migliaia di bottiglie che riposano nelle sue viscere da chissà quanto tempo... Tutto, insomma, richiama l'idea d'un indirizzo che trasudi l'essere sempre uguali a sé stessi, senza tempo e quindi fuori tempo.
Dopo, però, si va a tavola.
Dopo si scopre che la cucina di Riccardo Monco e Alessandro Della Tommasina è fresca, contemporanea, dinamica, autoriale, brillante, inventiva più che creativa. Nel senso: non sperimentale bensì sempre esatta in quanto basata su una continua ricerca sperimentata, solida nell'essere innovativa giacché preceduta da una sedimentazione di pensiero, dal "lavoro sporco" in laboratorio. C'è un senso di rispetto così grande nei confronti dell'indirizzo nel quale viene messa in scena da suggerire uno sforzo ulteriore, quasi esistesse un bollino "piatto da Pinchiorri" e "piatto non da Pinchiorri" che taglia le gambe alle preparazioni eccellenti eppure non completamente all'altezza. È, di conseguenza, una proposta non di moda ma solo perché non modaiola, aliena all'effimero e dalla scorciatoia. E che si sforza di essere sempre più inclusiva. Di fatto: una grande cucina.
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Tavoli all’aperto
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classe 1974, giornalista professionista, si è a lungo occupato soprattutto di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa esattamente l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta sui viaggi e sulla buona tavola. Caporedattore di identitagolose.it