Himanshu Saini

Brambilla-Serrani

Brambilla-Serrani

Trèsind Studio

Nakheel Mall
R002 - Dubai
+971588951272

Un cuoco in India non vive una condizione privilegiata e, nel migliore dei casi, finisce in un gran calderone, dove persino un talento rischia di confondersi tra i tanti. Lo sa bene Himashu Saini che, oggi a 34 anni, non lavora a Delhi, né a Mumbai, ma negli Emirati Arabi, «perché in India ci sono già 100 mila cuochi e lui non voleva essere il centomillesimoeuno».

Ma ripercorriamo le sue tappe: nasce in uno dei quartieri più antichi di New Delhi tra street food, sapori intensi, colori e ritualità legate alla cucina che, sin da bambino, catturano i suoi sensi e il cuore. Seguono perciò gli studi nel mondo dell’ospitalità e, a 21 anni, fa il suo ingresso nella squadra dell’Indian Accent di New Delhi, l’insegna più celebrata a sud dell’Himalaya. Subito dopo, è la volta di Mumbai, al Masala Library, fino a una chiamata inattesa, una richiesta alla quale Himanshu non può dire di no: volare dritto a New York per lavorare in un ristorante di cucina indiana che, a posteriori, si rivelerà essere una delle esperienze più della sua vita; una parentesi di poca poesia, tanti coperti, una brigata esigua e decisamente troppi surgelati nel menu. Se non fosse che un’offerta pre-esistente, tira Saini fuori dal pantano, e dalla Big Apple, il cuoco indiano arriva nel cuore degli Emirati Arabi, a Dubai, dove ormai vive da quasi sei anni. Ed è intenzionato a restarci per ancora molti a venire.

È chiaro che l’opzione di tornare in India è fuori discussione, nonostante l’indugio dell’inesistenza della guida Michelin in terra araba; una congettura, ma non un freno per il cuoco che, oggi definisce la linea di cucina di 3 insegne: il Carnival, un fun dining nel distretto finanziario della città; il Trèsind, al secondo piano del Voco Hotel, macina circa 200 coperti a servizio, cucina indiana-ma-non-troppo, con tocchi scenografici e un servizio impeccabile. E non finisce qui, perché oltre una porticina in fondo al Trèsind, si schiude lo scrigno dei sogni di Himanshu, il Trèsind Studio. Un micro-spazio di circa 20 coperti dove Saini tesse la sua declinazione affatto stereotipata, ma raffinata di tutti quei piatti con i quali è cresciuto. La tradizione s’intreccia alle influenze raccolte e ricercate; emerge l’uso di nuovi ingredienti, oltre che un’attenzione sempre più delicata e sistematica verso l’universo vegetale, tanto da auspicare una totale conversione dalle proteine animali a sole verdure nel menu del domani. Infine, la sostituzione del sale con un impiego più sapiente delle spezie. In altre parole, una grammatica complessa resa semplice dalla sensibilità di Saini.

Ha partecipato a

Identità Milano


a cura di

Identità Golose

A cura della redazione di Identità Golose