Salvatore Bianco

Foto Brambilla-Serrani

Foto Brambilla-Serrani

Fare alta cucina a Napoli non è come farla altrove. Qui, nella terra dove anche l’aria è commestibile e ogni cosa è illuminata (e saporita); qui dove lo street food lo hanno inventato prima ancora che esistesse, è da tipi spericolati sperimentare sotto il fardello della sugosa tradizione. E’ come essere Degas e dipingere in place du Tertre a Montmartre tra folle di onesti mestieranti e pretendere di eccellere. E infatti di stelle Michelin ce ne sono sempre state pochine.

Una delle tre attuali ce l‘ha in saccoccia uno che spericolato lo è certamente, Salvatore Bianco da Torre del Greco, classe 1978, che dopo aver piroettato per numerosi e differenti mondi (Capri, il Chianti, Sankt Moritz, Milano, a poi nello spin-off romano di Gualtiero Marchesi, l’Osteria dell’Orso) da cinque anni è tornato nella sua terra per guidare i vari ristoranti dell’azzurreggiante hotel Romeo, affacciato di vedetta sul Molo Beverello. Qui Achille Lauro amava guardare le sue navi partire e attraccare e a lui e al suo soprannome (Il Comandante) è dedicato il ristorante top dell’albergo, che ti schiaffa in faccia una vista marittima senza eguali, quella del Golfo di Napoli nel quale si puccia la maestà del Vesuvio, incorniciata da interni contemporanei della città italiana che molti considerano più spontaneamente up-to-date.

E qui il placido Salvatore dà il colpo di grazia a una clientela frastornata da cotanta bellezza varando piatti di ricercata eleganza e compostezza, provando, elaborando “con juìcio” e smisurato talento, rimuginando e faticando per toccare il meno possibile (lo chef è come l’arbitro, di solito meno si vede è più è bravo), mixando tradizioni e snodando le spirali dell’acido desossiribonucleico con hashtag che arrivano da vari altrove: anice, cardamomo, curcuma scortano paste di Gragnano, mozzarelle di bufala e fagioli di Controne. E poi manzi, vitelli, maiali, piccioni, perché come in tutto il Sud marinaro il pesce c’è ma non la fa da padrone, le consuetudini sono terragne, era la carne il cibo più agognato.

Ha partecipato a

Identità Milano


a cura di

Andrea Cuomo

Romano ma ora a Milano, sommelier, è inviato del quotidiano Il Giornale. Racconta da anni i sapori che incontra