Francesco Sposito
Vellutata di sedano, tartufo nero e fonduta di formaggiodi Pascal Barbot
Dall'Italia Marco Stabile: «Nel Mugello ho trovato le patate perfette». Grazie al podere Terre Alte di Simone Menichetti
Foto Brambilla-Serrani
Padovano di Mestrino, classe 1985, dopo il diploma all’alberghiero di Abano Terme lavora a lungo col pasticciere Luigi Biasetto, al fianco del suo capo-operazioni Ivan Centeleghe, che era anche capo-pasticciere di Gualtiero Marchesi agli inizi dell’avventura di Erbusco. «A 19 anni ero all’Albereta, al fianco di Fabrizio Molteni, tecnicamente uno dei più grandi cuochi mai conosciuti», rammenta Canella. A 23 anni, la svolta alle Calandre: 3 mesi da stagista più altri 3 mesi dagli Alajmo a Rubano, a 3 km dal mio paese natale. «Massimiliano mi ha insegnato tantissimo. Ha una modalità ludica e personalissima di intendere la cucina. È nemico del superfluo, va dritto al cuore delle cose. I suoi piatti non nascono da un’idea ma da un’emozione». A un certo punto, Riccardo è chiamato a lavorare per 3 mesi in un bistrot di un fiordo norvegese a sud di Oslo, «Era una bellissima casa in mezzo al bosco. Preparavo salmoni all’aneto in quantità. Ho messo via i soldi che avrei speso nei primi 7 mesi di lavoro a Copenhagen». Entra al Noma da stagista nel settembre 2014. «All’epoca avevo una passione parallela: suonavo la batteria col mio fratello gemello, che si applicava al sintetizzatore. Facevamo musica sperimentale. Mi venne in mente una frase di Gualtiero Marchesi: ‘Ho iniziato a fare sul serio con la cucina quando ho smesso di suonare il piano’».
«All’inizio al Noma per me fu un trauma. Occorreva superare i pregiudizi che gravano su noi italiani. Dicono che siamo indolenti e che non abbiamo voglia di imparare l’inglese. E spesso hanno ragione». Lo fa così bene che il 28 dicembre 2015, il boss Rene Redzepi lo prende da parte: «Vuoi fare il sous chef l’anno prossimo? Mi piace molto il tuo palato e il tuo senso di leadership. Potresti fare il capopartita in tutti i ristoranti del mondo». L’ultimo giorno del servizio al pop-up di Sydney ufficializza la sua promozione davanti a 60 persone: «Un momento che non scorderò mai».
Fino alla chiusura della prima sede del Noma (24 febbraio 2017), Canella è sous chef della cucina di servizio: «Ero responsabile di tutte le guarnizioni del main course, dovevo stare in servizio e fare in modo che la qualità delle materie prime sia ineccepibile. Se il test kitchen fa un piatto 10 volte, Rene poi lo assaggiava e io avevo il compito di rifinirlo e replicarlo sempre in maniera perfetta. Sono un manager di cucina: devo tenere una visione globale su tutto, risolvere i problemi velocemente». Doti che replicherà all’apertura del Noma 2.0, prevista per il principio del 2018 in altra sede. E il futuro? «Come tutti i cuochi, vorrei aprirmi un posto mio. Applicare tutto quello che ho imparato alle fantastiche materie prime italiane».
classe 1973, laurea in Filosofia, giornalista freelance, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di gastronomia presso istituti e università. twitter @gabrielezanatt instagram @gabrielezanatt
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“The dark side of the squid” (Il lato oscuro del calamaro)