Acqua Panna S.Pellegrino Ceretto The Fork

Guida ai ristoranti d'autore in Italia e nel mondo con i premi alle giovani stelle

16mila pacchi di cibo per le famiglie:
l'impegno dei Cerea a Bergamo

di Annalisa Leopolda Cavaleri
18 marzo 2020: Chicco Cerea, chef patron del ristorante Da Vittorio di Brusaporto (Bergamo), lancia l'appello alla colletta alimentare per l'ospedale da campo che stavano allestendo in città. Il team DaVittorio ha preparato 12.500 pasti tra marzo e luglio 2020

18 marzo 2020: Chicco Cerea, chef patron del ristorante Da Vittorio di Brusaporto (Bergamo), lancia l'appello alla colletta alimentare per l'ospedale da campo che stavano allestendo in città. Il team DaVittorio ha preparato 12.500 pasti tra marzo e luglio 2020

Sono stati tra i primissimi ad attivarsi quando, nel marzo del 2020, scoppiò l’emergenza covid-19. La famiglia Cerea, da sempre un’istituzione di Bergamo, ha risposto immediatamente al dolore della propria città, martoriata dall’epidemia. In modo pratico, attento, efficiente e amichevole, con lo stile che li rappresenta.

«Il suono delle ambulanze era una costante insopportabile, la reazione è venuta spontanea e immediata, decisamente dal cuore –Chicco Cerea ripercorre quei momenti drammatici -. Abbiamo deciso di metterci subito a disposizione, così abbiamo preso contatti con la Protezione civile e iniziato a servire pasti all’Ospedale da campo gestito dagli Alpini in Fiera a Bergamo. L’inizio è stato duro, ammetto che la paura c’era: anche io ho una mamma anziana e sono a contatto con tante persone che lavorano con me, ma poi il cuore vince sempre».

Un impegno importante che ha portato la famiglia Cerea e il suo team di volontari a preparare più di 12.500 pasti nel periodo compreso tra marzo e luglio. Dalla colazione alla cena, è stato garantito un pasto caldo, buono, fresco e sano a tutti i medici, gli infermieri e gli operatori che lavoravano nell’Ospedale da campo di Bergamo.

Le cucine della fiera

Le cucine della fiera

«Mancavano le materie prime, l’approvvigionamento di prodotti era difficile, molte famiglie di Bergamo erano in difficoltà – continua Cerea -. Io sono poco social, ma ho deciso di lanciare su Facebook e Instagram un appello. Immediatamente si è mosso qualcosa e si è stretta una rete di solidarietà. Dalla Sicilia all’Alto Adige, hanno iniziato a mandarci prodotti per cucinare i pasti: pane, prosciutto, pasta, frutta e verdura freschissime, carne e pesce di grande qualità. Un giorno, ci sono arrivate 150 pastiere napoletane dalla Campania. Un amico che si occupa di logistica ci ha prestato due tir refrigerati per stoccare il fresco. E, visto che le eccedenze erano elevate, abbiamo creato più di 16mila pacchi con 15-20 chili di merce da regalare alle famiglie di Bergamo più in difficoltà. È stato commovente vedere tanta generosità e non posso che ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato».

Ci sono stati anche momenti difficili e di paura, ma la forza di aiutare gli altri ha sempre prevalso. «Un giorno mi hanno fermato a un posto di blocco – racconta lo chef -. Ero in auto, con il maglione e la cuffia di lana, il sole batteva sul cruscotto. Gli agenti mi hanno preso la temperatura e si sono riguardati preoccupati e dubbiosi. Hanno riprovato la temperatura e il termometro diceva 37,7. Per un momento ho tremato. Poi il Comandante mi ha fatto scendere dall’auto e chiesto di togliermi la cuffia e la sciarpa. In pochi secondi la temperatura è scesa a 36,4. Ho tirato un sospiro di sollievo e sono andato con gioia all’ospedale da campo. I sorrisi e il continuo ringraziamento di medici, infermieri e operatori sanitari sono stati di conforto».

Come spesso accade, è proprio nei momenti difficili che si instaurano i rapporti più veri e profondi. «Seppure nelle difficoltà, ricordo anche episodi piacevoli e toccanti, come il momento in cui gli Alpini suonavano il silenzio con la tromba la mattina, prima del lavoro. Si sono creati forti legami di stima e di amicizia». E ora? “La sensazione è ancora di incertezza e non si vede la luce, ma ho fiducia nella scienza e nei vaccini. Io resto ottimista e spero che entro fine giugno questo incubo finirà e torneremo alle nostre vite normali».  

Annalisa Leopolda Cavaleri
Annalisa Leopolda Cavaleri

giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore