In tema di bontà e varietà, Tel Aviv sta scalando le classifiche del mondo. Tra i chioschi, vera caratteristica distintiva della metropoli israeliana - ci ricorda la nostra autrice Fabianà Magrì - si distingue We Like You Too, all'incrocio tra HaBima e Ben Zion boulevard: «torte, biscotti e sandwich freschissimi e gustosi, da consumare ai tavolini, sulle panchine oppure seduti sulle aiuole verdi ai lati del viale» (foto del racconto di Fabianà Magrì)
Armonia del caos: Tel Aviv è un ossimoro. Le nuove tendenze nascono qui o arrivano alla velocità della luce per incontrarsi con i più tradizionali stili di vita levantini. Dall’impatto, merito dell’energia vitale della città, nasce sempre qualcosa di originale, non importa che si parli di moda, arte, danza, design o cibo. A Tel Aviv si vive fuori casa per la maggior parte del tempo. Caffè e ristoranti – oltre 1.700, per una popolazione di 420mila abitanti – sono punti d’incontro, di lavoro, di riferimento a cui però non affezionarsi troppo perché nella Start-Up Nation tutto va veloce e i locali aprono e chiudono rapidamente. Il lato positivo è che c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.
I chioschi - icone della Tel Aviv poco più che centenaria - nonostante apparentemente precari, sono tra i luoghi più stabili. Per sentirsi subito local basta percorrere, a piedi o in bicicletta, i viali alberati che attraversano il centro città, come Rothschild boulevard. Ai lati si alternano edifici in stile bauhaus e grattacieli contemporanei. Al numero 16 c’è l’Independence Hall dove è stata firmata la Dichiarazione di Indipendenza di Israele. Molte gallerie d’arte si trovano su Rothschild o nelle immediate vicinanze: Alon Segev, Sommer, Noga, Gal Gaon e altre ancora.
A un capo del viale si apre una delle piazze più belle della città, l’HaBima, dove una grande aiuola seminterrata rappresenta lo sviluppo di Israele attraverso quattro vasche che simboleggiano il passaggio progressivo dalla sabbia, ai cactus, agli alberi, ai fiori. Il colpo di genio: da casse nascoste lungo il perimetro esce musica classica, 24 ore su 24, a un volume così equilibrato che solo chi siede all’interno la può sentire. Dall’HaBima parte Ben Zion Blvd e proprio all’incrocio c’è We Like You Too, uno dei chioschi gourmet: torte, biscotti e sandwich freschissimi e gustosi, da consumare ai tavolini, sulle panchine oppure seduti sulle aiuole verdi ai lati del viale.
Bar Ochel, sulla HaCarmel. Specialità: carne e verdure alla piastra. E Jerusalem Mix, una pita ripiena di cuori di pollo, milza e fegato mescolati con pezzi di agnello cotti sulla griglia, conditi con cipolla, aglio, pepe nero, cumino, curcuma, olio d'oliva e coriandolo
Shuk HaCarmel - il principale mercato all’aperto di Tel Aviv - si visita presto la mattina, prima che la folla renda impraticabili le strette stradine dove si trova tutto, dall’abbigliamento alla bigiotteria, dai cosmetici agli articoli per la casa ma soprattutto spezie, frutta, verdura e carne. Il miglior falafel – polpette speziate e fritte – lo prepara un ragazzo all’incrocio tra HaCarmel e Rambam street. Su HaCarmel, pochi passi più avanti, un uomo strilla e vende burika (da non confondere con le burekas!): una sottile pasta sfoglia spalmata con un cucchiaio di erbe e purè di patate, appoggiata per metà in un pentolone di olio bollente mentre vi si versa sopra un uovo, poi chiusa piegandoci sopra l’altra metà. Si lascia friggere finché diventa croccante e quando si addenta, da sola o dentro una pita, l’uovo esplode piacevolmente in bocca.
Poco oltre su HaCarmel c’è Bar Ochel, carne e verdure alla piastra. Lo special: Jerusalem Mix, una pita ripiena di cuori di pollo, milza e fegato mescolati con pezzi di agnello cotti sulla griglia, conditi con cipolla, aglio, pepe nero, cumino, curcuma, olio d'oliva e coriandolo. Appena fuori dal balagan (caos, in ebraico) di Shuk HaCarmel, Gedera 26 (il nome coincide con l’indirizzo) è uno dei tanti ristorantini - uno dei migliori - rappresentativi del melting pot israeliano: lo chef Amir Cronenberg è immigrato in Israele dalla nativa Svezia, padre svedese e madre israeliana-irachena. La sua cucina è un’eclettica fusione di influenze scandinave, francesi e arabe.
Egiziani, fenici, israeliti, romani, greci, arabi, crociati, turchi, Napoleone, inglesi e israeliani… tutti sono passati per Giaffa, quartiere a sud di Tel Aviv, una delle passeggiate più affascinanti, con tre anime: quella dei vicoli e delle gallerie d’arte e ceramica della Old Jaffa, gli spazi espostivi e commerciali negli hangar del porticciolo turistico e il caos delle botteghe, dei localini e degli atelier di Shuk Hapishpishim, il mercatino delle pulci. A Giaffa si va anche per Abu Hassan (Ha-Dolfin street, 1), l’indirizzo per eccellenza dell’hummus servito con pite calde e spicchi di cipolle fresche. Qui non si mangia nient’altro e prima si arriva meglio è perché una volta terminato l’hummus, di solito nel primo pomeriggio, Abu Hassan chiude i battenti. Del resto l’hummus è per arabi e israeliani la tradizionale prima colazione. Ma quando di notte si cercano movida e confusione, basta inoltrarsi in una delle stradine di Shuk Hapishpishim e scegliere uno dei tanti localini come Shaffa Bar dove ordinare un dissetante e rinfrescante Shaffa Cider: sidro di mele fresco, soda, succo di limone, foglie di menta e uno stecco di cannella.
I commensali del Gedera 26, perfetto esempio di melting pot israeliano: lo chef Amir Cronenberg è di padre svedese e madre israeliana-irachena. In cucina, influenze scandinave, francesi e arabe
Per smaltire le calorie e godere i panorami che la città offre, bastano una passeggiata o una corsa a piedi o in bicicletta sul lungomare, 6 chilometri di taielet (passeggiata, in ebraico) tra Giaffa e il Porto di Tel Aviv, oppure lungo i 5 chilometri di sentieri del Parco HaYarkon.
Vive tra Israele e Italia – chiamando 'casa' entrambe – dal 2012. Lavora come freelance: giornalista, pr e ufficio stampa. Ama il cibo e il design. È curiosa di tutto