12-02-2023

Franco Pepe: Terra Felix, Terra di lavoro

Franco Pepe ha raccontato le proprie rivoluzioni in diversi appuntamenti di Identità Milano 2023, celebrando il suo viaggio tra le materie prime di un territorio che non cessa mai di appassionarlo

Franco Pepe, veterano dei palchi del congresso, du

Franco Pepe, veterano dei palchi del congresso, durante il suo intervento per Identità di Pizza 2023
(Le foto sono di Brambilla / Serrani)

La rivoluzione, per Franco Pepe, è nella stratificazione di idee, ricerche, prodotti, evoluzioni, tutte tese a valorizzare l’espressione concreta di un territorio. Dal palco di Identità Milano 2023, il maestro pizzaiolo specifica subito: «La mia rivoluzione è iniziata il 14 ottobre 2012, all’apertura di Pepe in Grani. L’alto casertano era chiamato Terra Felix, una provincia come Terra di lavoro. Negli anni, però, ha ereditato la brutta etichetta di Terra dei Fuochi, che in realtà non era una definizione globalmente applicabile. Dovevo fare qualcosa per ridarle dignità e scagionarla da questa etichetta».

È iniziato così un viaggio tra le materie prime, dapprima come immagini su una cartolina, nel lontano 2011, poi anche fisicamente, dal Matese al Vesuvio, più e più volte. Il Pepe ambasciatore dei produttori e amplificatore di quello che offrivano ha iniziato a tessere una trama basata sull’uso delle primizie sulle sue pizze e sfociata in una rete di artigiani della terra, e non solo, volenterosi e ben disposti. Franco ha creato un’economia virtuosa, dove questo disco di pasta è diventato un biglietto da visita per scoprire le bellezze di Caserta e dintorni, grazie anche a progetti interattivi, come Pizza Hub, una guida digitale a tutto tondo (sviluppata con Viatoribus).

Dietro al morso di una pizza c’è il riscatto di un territorio e della sua gente, verace e vibrante come non mai, tanto da acquistare palazzi in disuso per ristrutturarli come luoghi di ospitalità. Tutto questo è ancora più incredibile se si pensa che il simbolo di tale riscossa è… il pomodoro riccio.

Pepe sul palco con la presentatrice di Identità di Pizza, Francesca Romana Barberini

Pepe sul palco con la presentatrice di Identità di Pizza, Francesca Romana Barberini

Racconta Franco Pepe: «Nel 2012, i contadini mi portavano spontaneamente i pomodori, senza trasformarli. Li ho aiutati a renderli conserva, mettendoli in contatto con tecnici appositi. Oggi è vero oro per il territorio e quasi non si trova, talmente è richiesto. È ricco di polifenoli, fa benissimo e ci è arrivato quasi immutato dall’800. È una bandiera anche per gli Ambasciatori del Gusto».

Ovviamente, la rivoluzione di Franco Pepe non si ferma alla “geografia”, ma vive nelle pizze, testimonianze del tempo che evolve e capaci di fissare precisi momenti storici, come una serie di fotografie.

La Marinara, una pizza assai semplice, diviene Ritrovata, poiché in essa il maestro caiazzano ha ritrovato il sapore di una pizza fatta dal papà. La Capricciosa si trasfigura in Acquerello Capriccioso, riprendendo il nome originale degli anni Settanta/Ottanta, dove l’estro del pizzaiolo la faceva da padrone (in altre parole: ci si metteva sopra quello che suggeriva l’attimo…). Oggi, invece, ogni elemento è trattato nel modo giusto, con semplici tecniche di cucina, volte a valorizzarlo e a farlo risaltare, lasciando il tocco finale al cliente, che la completerà.

C’è poi una pizza che è iconica e quasi dogmatica: la Margherita. Già nel 2014, Franco Pepe decise di remixarla in Margherita Sbagliata, proprio a beneficio delle grandi materie prime impiegate su di essa. Era come se il pomodoro riccio e il basilico, aggiunti alla fine, ricevessero finalmente una carezza, invece che lo shock termico del forno, paragonabile a uno schiaffone.

E oggi? C’è l’evoluzione della Margherita “al cubo”, battezzata Dolce Sbaglio. Ne racconta la genesi Franco: «Sarebbe stato troppo comodo portare al congresso una pizza totalmente nuova: dove sarebbe stata la rivoluzione? Allora, considerando che la mia lezione sarebbe stata nel tardo pomeriggio, abbiamo pensato di proporre una pizza dolce, quasi da “ora del the”». È cotta al forno, con una base di cheesecake di bufala, confettura di pomodoro riccio, riduzione di basilico e olio EVO. Ha un gusto travolgente e sorprendente, fresco e dai colori vividi e brillanti: sembra proprio la celebre Sbagliata, ma dentro ha un’identità nuova.

Fedele al voler offrire un’esperienza a 360 gradi, Pepe ha deciso pure di accompagnare la degustazione a un pairing analcolico, affidandosi a Ciro Fontanesi, Docente del Corso Superiore di Sala, Bar e Sommellerie e Coordinatore ALMA Wine Academy, che ha spiegato: «Rivoluzione deriva dal latino revolutio, cioè “rivolgimento, ritorno”, quindi… perché non tornare alla tradizione campana, usando la cuccumella?». Con tutta la squadra di Pepe in Grani, è stata perfezionata una bevanda ribattezzata CuccuMela, a base di caffè e di succo di mela annurca. Alla base della caffettiera c’è il succo di questa mela locale, impreziosito con ghiaccio, basilico, menta, pepe, succo di limone. In seguito, si gira la cuccumella, caricata con un caffè Colombia dalle note piuttosto tostate e avviene una profumazione a freddo con una percolazione di elementi aromatici, che si riappropria di una gestualità antica, in chiave contemporanea. Inoltre, la cuccumella arriva in tavola e segna, come una clessidra, il tempo previsto per l’uscita della pizza dal forno.

Dolce Sbaglio

Dolce Sbaglio

Durante questo congresso, c’è stato anche tempo per una prima volta: sul palco di Identità di Formaggio 2023, Franco Pepe ha accolto il Parmigiano Reggiano sulle sue pizze. In una digressione storica, si analizza il ruolo del formaggio, passato da complementare a protagonista, grazie alle competenze del pizzaiolo, che, ancora una volta, abbraccia, capisce e trasforma la materia prima, esaltando qualità e artigianalità. Oggi da Pepe in Grani il formaggio è scomposto in più entità (grattugiato, in fonduta, in chips…) e non si butta via nulla, nemmeno le croste, in una perfetta sintesi antispreco, che perdura già dall’apertura, ormai 10 anni fa.

Il pensiero diventa dunque opera edibile, in due atti: The Memory e l’Azzeccata.

La prima è uno degli iconici coni fritti di Pepe, perfetti contenitori di delizie, che qui ospitano un gelato al Parmigiano Reggiano 12 mesi e una fonduta di 30 mesi, con in mezzo pere sciroppate, in un’altalena di contrasti caldo/freddo e dolce/salato, dedicata alla mamma di Franco: «L’unica persona in grado, da piccolino, di farmi mangiare il formaggino, inserito in una pera scavata appositamente», ricorda il pizzaiolo.

L’Azzeccata è invece preparata al forno, con fiordilatte, provola affumicata, guanciale di maiale nero casertano, purea di patate (cotte al cartoccio con erbe mediterranee), mirepoix di sedano, carote e cipolle, crema di Parmigiano 30 mesi, zafferano e chips di crosta. Inutile dire che, dalle parti di Caiazzo, ci sanno fare molto bene pure con l’oro giallo della Pianura Padana, che si inserisce armoniosamente nel contesto del gusto, a dimostrazione che si può sempre trovare un equilibrio, se si mettono gli ingredienti nelle condizioni di essere rilevati al meglio dalle papille gustative.

Azzeccata

Azzeccata

C’è anche una curiosità sul nome: Azzeccata significa “ben legata” ed è un omaggio alla Pasta e patate, che veniva capovolta per verificare che fosse densa a sufficienza. Azzeccata, però, è anche la prima prova di Franco Pepe col Parmigiano Reggiano, così come la triplice rivisitazione dell’eterna Margherita, studiata, amata e capita fino in fondo, anche negli sviluppi meno immaginabili (chi l’avrebbe mai fatta dolce, mantenendo quasi tutti gli stessi ingredienti?).

La rivoluzione dell’arte bianca passa sicuramente da Caiazzo, dove ancora si impasta a mano, ma le idee e l’attualità del gusto viaggiano meglio di una rete in fibra ottica, sospinte dalla grande mente di Franco Pepe, sempre più paragonabile a un galante condottiero che è impossibile non seguire.


IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

a cura di

Luca Farina

piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88

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