07-02-2023

Davide Guidara, Martina Caruso, Antonio Chiodi Latini e Karime Lopez: le verdure al grandangolo

A Identità Vegetali, cuoche e cuochi dal Piemonte alla Sicilia, fino al Messico, hanno ribadito l'urgenza di guardare con nuovi occhi il genere alimentare del futuro

Davide Guidara (I Tenerumi, Therasia Resort Sea,

Davide Guidara (I TenerumiTherasia Resort Sea, Isola di Vulcano), apripista di Identità Vegetali 2023, in collaborazione con Veuve Clicquot

Testi a cura di Paola Pellai e Luca Torretta. Foto di Brambilla/Serrani

La cucina vegetale è una delle rivoluzioni in atto nella ristorazione ed è ancora tutta da scrivere e da scoprire. Ma con una consapevolezza ormai consolidata negli chef che l'hanno adottata: non è un sacrificio e neppure un ripiego, ma è un motore di ricerca e di esplorazione. Identità Vegetali è stato realizzato in collaborazione con Veuve Clicquot, la grande maison di champagne che l'anno scorso ha festeggiato i suoi primi 250 anni con un futuro sempre più green, rafforzato dal progetto della Garden Gastronomy. In quest'ottica lo storico Manoir de Verzy ospita anche un orto di 2.500 mq in cui crescono oltre 300 specie botaniche. Il marchio francese, rappresentato a Identità Vegetali da Carola Braggio, senior brand manager Clicquot, ha abbinato le sue etichette migliori alla filosofia dei 4 rivoluzionari chef. 

DAVIDE GUIDARA. Chef de I Tenerumi, primo ristorante vegetariano in Sicilia, all'interno del Therasia Resort Sea sull'isola di Vulcano, Guidara a 29 anni ha già vinto sfide stellari. Premiato dall'ultima guida Michelin con una stella e riconosciuto come il miglior giovane chef dell'anno, a Identità Vegetali presenta "Cook More Plants", il suo manifesto in 7 punti sulla cucina vegetale che - sottolinea - “non è né vegana né vegetariana”, ma mette al centro di tutto il vegetale che prima, invece, era considerato un semplice complemento. “Chi viene da me si deve divertire, sia che sia un gourmand, un appassionato o soltanto un curioso. Il mio menu deve vincere con tutti”. Davide spiega che “attraverso la ricerca e la tecnica, la cucina vegetale può far esprimere ai prodotti tutte le sfumature dello spettro gustativo”. Per questo “) vegetali rappresentano il più importante banco di prova per le capacità tecniche di un cuoco, poiché richiedono conoscenze scientifiche approfondite, tempi spesso lunghi ed elevata precisione nelle preparazioni per poter esprimere tutto il loro potenziale”.

Così Guidara ti dimostra come una cipolla, un fungo cardoncello o del radicchio possono andare oltre ogni immaginazione, ma per riuscirci “o spingi o fingi”. Che in concretezza significa “manipolare” a lungo e lavorare al meglio il vegetale per dargli “potenza, profondità e nuove possibilità che scopri anche con il dialogo continuo con gli scienziati”. Una cucina che puoi con orgoglio accostare a un calice di Veuve Clicquot La Grande Dame 2012, creato come tributo a madame Clicquot, assemblato con 90% Pinot Nero e 10% Chardonnay e un affinamento di quasi 10 anni. Al tavolo dello chef campano lasciatevi alle spalle la cucina che avete visto finora e aprite una porta sul futuro, imparando a gestire cotture a vapore, ossidazioni, macerazioni, affumicature, fermentazioni... Già, perché nella cucina vegetale la vera difficoltà è restituire piacere senza grassi e così vi accorgerete che un semplice fungo cardoncello può stupirvi per la consistenza carnosa e diventare una fantasia di sapori, con il contributo di olio alla paprika e persino degli aghi di abete. Davide ci racconta la sorpresa di quel commensale romano che andò a complimentarsi con lui perché era riuscito nell'impresa fallita da sua moglie in anni di matrimonio: fargli mangiare le verdure. Ai vegetali – ci spiega - “occorre saper dare profondità che è quella caratteristica che ti lascia il sapore in bocca anche quando hai finito di mangiare”. E in effetti i sensi godono per la sua cipolla bruciata, con cottura alla brace e una glassa consistente ma senza addensanti. Se si è bravi a un vegetale si possono dare nuove opportunità, come rendere meno amaro il radicchio senza alterarne il gusto, con il segreto di una cottura al forno e una macerazione di una settimana con sale e aceto. Davide è chiaro: “Il vegetale va affrontato in modo diverso da come siamo abituati e non va mai inteso come un surrogato della proteina animale”. Già, ma per riuscirci bisogna essere bravi. Davide lo è. (Paola Pellai

Leila Salimbeni, moderatrice della giornata, con Martina Caruso

Leila Salimbeni, moderatrice della giornata, con Martina Caruso

Lasagnetta fredda con verdure, Martina Caruso

Lasagnetta fredda con verdure, Martina Caruso

MARTINA CARUSO. «La rivoluzione, per me, è seguire i tempi della natura». Esordisce così Martina Caruso, chef del ristorante Signum di Salina. A dimostrazione del suo credo, ha presentato al pubblico in sala la Lasagnetta fredda con verdure: un piatto, qui in versione invernale, che per sua natura muta incessantemente al periodico susseguirsi delle stagioni, in una continua evoluzione che lo mantiene costantemente attuale. Una preparazione che racchiude in sé una dichiarazione d’amore tanto per la pasta, quanto per il magnifico habitat della verdeggiante isola dell’arcipelago eoliano, dal quale gli ingredienti vegetali traggono origine. I dischi di semola e acqua racchiudono infatti pesto di finocchietto selvatico (frullato con olio, uvetta e parmigiano reggiano), zucca (messa in conserva con brodo vegetale, aceto, ginepro e alloro), kimchi (verdure fermentate), borragine (sbollentata e saltata con aglio e peperoncino), pompelmo e cavolo nero.

Un concentrato di colori, profumi e sapori al quale in degustazione è stato abbinato il Veuve Clicquot Rosé: il primo champagne rosé per assemblaggio della storia creato nel 1818 per l’intuizione, che possiamo senza alcun dubbio definire rivoluzionaria, della stessa Madame Clicquot che alla scomparsa del marito, e all’età di ventisette anni, prese pieno possesso di quella che oggi è una delle più blasonate e dinamiche maison champenoise. Uno champagne ottenuto da oltre cinquanta Cru e assemblato con almeno il 50% di Pinot Noir, circa il 30% di Chardonnay e il resto di Meunier, con una percentuale di vino rosso pari al 12%. Di colore ramato illuminato da una effervescenza fine e persistente, si svela all’olfatto con un bouquet di profumi che spazia dagli agrumi, ai frutti rossi, alle note di pasticceria. Fresco e brioso l’assaggio. Uno champagne eclettico che si potrebbe ben abbinare anche al secondo piatto presentato dalla Caruso: Cavolfiore viola in salamoia con pecorino siciliano, cipollina e olive nere. (Luca Torretta)

A destra, Antonio Chiodi Latini

A destra, Antonio Chiodi Latini

ANTONIO CHIODI LATINIAntonio Chiodi Latini, chef dell'omonimo ristorante di Torino, a Identità Vegetali racconta la sua rivoluzione: “Dopo 40 anni di esperienza onnivora, 10 anni fa mi sono approcciato vergine al mondo del vegetale. Devo ancora scoprire molto del sottosuolo, l'underground è il mio presente e lo affronto quotidianamente appoggiandomi a 3 pilastri: coscienza, coraggio e consapevolezza”. Si definisce “il cuoco delle terre” perché tutti i suoi ingredienti arrivano esclusivamente da lì, cercando di conservare sempre il gusto originale della materia prima e soprattutto usandola integralmente, senza scartare nulla, in un'ottica di cucina responsabile, circolare, sostenibile. Antonio spiega che “nel vegetale lo scarto non esiste (buccia, foglie, gambi compresi, ndr), esistono invece delle opportunità”.

Un esempio? “L'acqua del broccoletto può diventare un distillato che posso utilizzare come antipasto, brodo o berlo così”. E' una rivoluzione anche quando ti racconta che nel suo ristorante sala e cucina sono una cosa sola: “Chi viene da noi deve ludicamente partecipare al servizio e noi ci accorgiamo del suo gradimento da come approccia il boccone alla bocca”. A una cucina così vegetale creativa Veuve Clicquot ha abbinato l'Extra Brut Extra Old, composto dall'assemblaggio di 6 vini riserva dal 1990 al 2013. Uno champagne che è una storica certezza affiancato a uno studio in evoluzione, come è il mondo vegetale. Chiodi Latini spiega che non esiste ancora una letteratura e quindi ogni vegetale va prima studiato e conosciuto al meglio perché “la figata è scoprire quando è il momento giusto in cui puoi utilizzarlo. Ho impiegato 2 anni, per esempio, per studiare la verza. Una verza se la fai cruda o se la prendi appena raccolta cambia, ma cambia anche se il terreno è stato bagnato poco o da piogge acide. Ogni vegetale ha più sfaccettature a seconda dell'uso che ne voglio fare o del gusto che voglio trovare. E consiglio sempre di non limitarsi ad utilizzare in  cucina quello che c'è nella parte sopra il terreno, ma anche ciò che si trova sotto, nell'underground”.

Non a caso lo chef battezza la sua cucina come “Underground Vegetable Cuisine” dove il vegetale è il protagonista assoluto e l'agricoltore colui che lo rende tale. La sua Rossa francese esemplifica molti dei concetti espressi. Il nome del piatto arriva dalla patata vitelotte: al centro viene messa la buccia essiccata, usata come esaltatore dei sapori, a lato caramello di bergamotto con il tamari che è una salsa di soia invecchiata e a colorare il tutto fiori rigorosamente spezzettati. Anche l'insalata russa diventa una rivoluzione da mangiare senza posate, ma “da pucciare” in una maionese di soia e verdure. E rivoluzione è lo spaghetto con friarello, dove lo spaghetto non lo vedi “ma te lo spari in bocca sentendo la botta potente del grano”. Chiamale, se vuoi, innovazioni... (Paola Pellai

Karime Lopez

Karime Lopez

I cubi di melanzana fritta di Karime Lopez

I cubi di melanzana fritta di Karime Lopez

KARIME LOPEZ. Da Firenze a Milano, dalle cucine di Gucci Osteria da Massimo Bottura al palco di Identità Vegetali, la chef Karime Lopez, affiancata dal collega e marito Takahiko Kondo, ha presentato un piatto ispirato alle nuove memorie che lei e il compagno stanno rielaborando traendo spunto sia dalle proprie origini, sia dalle esperienze maturate in quei paesi dove hanno vissuto o che hanno visitato. Come ad esempio il Messico con il suo mole - salsa densa a base di verdure, frutta, frutta secca, spezie - di cui una delle versioni più famose è quella della città di Puebla e nella cui ricetta spicca l’utilizzo del cioccolato. Ma poiché ora vivono e lavorano in Italia, ecco quindi l’idea di ricrearla con ingredienti italiani, a partire da quella frutta secca in cui tanto eccelle il nostro Paese - dai pinoli ai pistacchi, dalle nocciole alle mandorle - e di abbinarla a cubi di melanzana fritta decorati da una farfalla ottenuta da una sottilissima sfoglia di patate e cioccolato.

Un capolavoro di gusto e di design. Un piatto opulento, ricco e complesso quanto lo champagne scelto per l’abbinamento: il Brut Vintage 2002 creato lo scorso anno da Didier Mariotti, chef de caves di Veuve Clicquot, per celebrare i duecentocinquant’anni trascorsi dalla fondazione della maison. E a proposito di creazioni, o meglio di rivoluzioni, ci piace ricordare che fu proprio Madame Clicquot a inventare il primo champagne millesimo della storia nel 1810. Il Vintage 2002 è stato assemblato con 60% Pinot Noir, 33% Chardonnay e 7% Meunier provenienti esclusivamente da vigneti a classificazione Premier Cru e Grand Cru; ha sostato oltre sedici anni sui lieviti, prima della sboccatura; è stato messo in commercio in edizione limitata e nei soli formati Magnum e Jéroboam. Uno champagne - frutto di una straordinaria annata, dal colore giallo dorato brillante, di eccezionale ricchezza olfattiva e lunghissima persistenza aromatica intensa - in grado di esaltare al meglio tutte le peculiarità del piatto concepito dalla Lopez. (Luca Torretta)


IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

a cura di

Identità Golose