01-02-2023

Niko Romito, la rivoluzione di uno a servizio di tutti: «Solo il fine dining ha la possibilità di far ricerca»

Lo chef, sempre in direzione ostinata e contraria, con la propria incredibile antologia di piatti green dimostra a Identità Milano 2023 come stia scrivendo una storia nuova nella grande storia della cucina italiana

L'intervento di Niko Romito a Identità Milano

L'intervento di Niko Romito a Identità Milano 2023. Tutte le foto sono di Brambilla-Serrani

Ricordate la storia del giovane gambero che si rifiuta di camminare all’incontrario come tutti quelli della sua specie? La mamma che piange. Il papà che lo disconosce. I fratelli che lo deridono. Un quarantotto. E lui che va avanti lo stesso. Un gamberetto ostinato e contrario come solo i protagonisti delle favole telefonate di Gianni Rodari. Così Niko Romito con la cucina vegetale (mai vegetariana, attenzione, gli ideologismi qua non c’entrano). Era il 2009 quando nasceva un piatto destinato a segnare uno spartiacque, non solo nel perimetro circoscritto alla parabola personale del cuoco, l’Assoluto di cipolle: «Tre elementi usati in assoluta e premeditata purezza (cipolla estratta da se stessa, parmigiano e persino lo zafferano non infuso ma appena tostato) compivano una cosa che li salvava tutti ma viveva poi di vita – fortissima – sua». Tanto da autorizzare il cuoco ad attingere, del tutto a proposito, al lessico sentimentale di Platone.

Negli anni precedenti i cuochi italiani avevano fatto incursioni rapsodiche nel mondo vegetale partorendo memorabilia come la Cipolla fondente (Salvatore Tassa, 1990), la Cipolla caramellata (Davide Oldani, 1998), l’Insalata di alghe, radici e erbe aromatiche (Paolo Lopriore, 2004). È il 2005 quando il genio di Enrico Crippa partorisce l’Insalata 21, 31, 41… mentre Una semplice insalata di Stefano Baiocco, che spinge la somma ragionata di fiori, germogli e foglie fino a 140 elementi, arriva nel 2007. E via dicendo.

Si tratta, val la pena di ribadire, di apparizioni rapsodiche. Capolavori, qualcuno. Clorofilla brillante in magnifica solitudine nella lunga teoria di menu consacrati alle proteine altre. Si capisce subito che per Niko le cipolle sono un terreno di prova che promette altre puntate. L’esplorazione nel territorio altrimenti vergine dei vegetali, per lo meno per l’alta cucina, è appena cominciata. Negli anni a venire la saga si compone di pagine nelle quali campeggiano i Capellini laccati al pomodoro (2009), Melanzana arrosto (2010), l’Infuso di bosco con ravioli di mandorla (2012), Carciofo e rosmarino (2014), Cocomero e pomodoro (2015), il Cavolfiore gratinato (2018). L’infornata di piatti in numero sufficiente da mettere su un’antologica tutta green, dimostra che non si tratta di un esercizio muscolare a base vegetale. È una storia nuova nella grande storia della cucina italiana.

Romito scava una materia fino a quel momento esclusivo appannaggio del mondo (culinario) popolare (visto che le tavole del popolo di carne e pesce sono sempre state, giocoforza, parche) e cava il sangue dalle rape. Se una rosa è una rosa è una rosa è una rosa, Romito è pronto a dimostrare – e lo dimostra – che un cavolfiore può essere ben altro da quel cavolo tapino che era sempre stato. «La sfida per me è provare a scrivere qualcosa di nuovo», ha detto Romito sul palco di Identità Milano 2023, ovvero a un anno di distanza dalla comparsa sulle tavole del Reale di un menu interamente vegetale che sulle prime aveva registrato «critiche, defezioni, tavoli disdetti». Pazienza e tempo hanno cambiato di segno le reazioni degli esordi, grazie alla capacità di Romito di dialogare con le materie della cucina popolare, in grado di generare piatti come la Foglia di broccolo e anice (2022). «Abbiamo cominciato a lavorare sulle foglie con tecniche tradizionali, vapore, temperature controllate, con risultati disastrosi. Poi abbiamo virato verso alcune salamoie particolari, l’esito è stato quello sperato, ovvero riuscire a rispettare la struttura della foglia e la consistenza che è un altro ingrediente essa stessa. Il fondo invece è stato creato con l’infiorescenza, abbiamo scoperto che la fibra vegetale riusciva a creare densità, all’assaggio sapeva di anice (il terziario della proteina vegetale), ed è stato addizionando un estratto di anice che abbiamo marcato un sapore già presente in natura». Capito che – happy end sempre essenziale nel Romito-pensiero – il risultato era anche assai buono, il piatto ha acquisito cittadinanza in carta e destino da signature.

Niko Romito con Paolo Marchi e Gianluca Biscalchin, che ha moderato la lezione

Niko Romito con Paolo Marchi e Gianluca Biscalchin, che ha moderato la lezione

Già. Ma il ragazzo di Castel di Sangro non è di quelli che si accontentano di aver azzeccato una o dieci portate. Lo scopo, quello vero, è di piegare il ferro di una creatività utile. «Il fine dining ha la possibilità di fare ricerca, e quella ricerca deve essere messa a servizio della società tutta. Vedi la ristorazione collettiva, perché il cibo è un prodotto sociale, etico, culturale». Ovvero la rivoluzione di uno a servizio di tutti.


IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

a cura di

Sonia Gioia

Cronista di professione, curiosa di fatto e costituzione, attitudine applicata al giornalismo d’inchiesta e alle cose di gusto. Scrive per Repubblica, Gambero rosso, Dispensa

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