26-10-2012
La Passatina di ceci con gamberi di Fulvio Pierangelini, a lungo chef del Gambero Rosso di San Vincenzo (Livorno). Piatto ormai vera metonimia del cuoco, ha un posto nell'olimpo della cucina italiana degli ultimi 30 anni. «L'ho preparato milioni, miliardi di volte ma anche qui, oggi, l'ho voluto fare in prima persona, solo io ho toccato i gamberi», ha commentato il cuoco nella lezione di ieri a Torino (foto Irene Arquint)
Proviamo a pensare a una breve storia dell'alta cucina italiana del dopoguerra, raccontata per piatti e chef. Vengono in mente almeno due categorie. Passato remoto: Savarin di riso con lingua salmistrata, Riso mantecato, Agnolotti del plin alle tre carni e Spaghetti ai frutti di mari alla lampada. Dunque Peppino Cantarelli, Nino Bergese, Lidia Alciati e Angelo Paracucchi. Poi presente (con sguardo che punta il futuro): Cyber egg, Spaghetti d'uovo marinato, Risotto caffé e capperi di Pantelleria, Compressione di pasta e fagioli e Insalata 21 o 31 forse 41... insomma Davide Scabin, Carlo Cracco, Massimiliano Alajmo, Massimo Bottura ed Enrico Crippa. Ci può stare un altro gruppo, sorta di passato prossimo: Spaghetti al cipollotto e peperoncino e Riso, oro e zafferano, cioè Aimo Moroni e Gualtiero Marchesi. Ma la Passatina di ceci con gamberi, ecco, dove la collochiamo? Perché un posto nell'Olimpo, di certo Fulvio Pierangelini se l'è conquistato: lui è storia, il Gambero Rosso nasce l'8 marzo 1980 a San Vincenzo e per qualcuno è stato il migliore ristorante italiano di sempre. Eppure, se lo si omaggia un po’ troppo, lo chef si adombra, trattiene a stento gesti apotropaici e borbotta: «Questa storia delle celebrazioni... Io sono vivo! Il mio cervello ha 18 anni e ancora moltissimo da imparare». Eccolo, dunque, lo chef: in piena forma, buona verve, classe 1953, tanto ha detto ma tanto sembra poter/voler (dover!) dire e dare. È “il grande solista della cucina italiana”, come l'hanno definito.
A sinistra, Fulvio Pierangelini con Marco Bolasco, direttore di Slow Food editore e spalla del cuoco nella lezione di ieri con Stefano Bonilli
In sala, astanti di ogni provenienza
E infine, la passatina. Suo signature dish che lo riflette assai («se non hai l'anima, non viene bene»), per il quale la manualità è fondamentale: «L'ho preparato milioni, miliardi di volte ma anche qui, oggi, l'ho voluto fare in prima persona, solo io ho toccato i gamberi». Materie prime strepitose, cotture al millesimo di secondo, temperature, consistenze. Gioco perfetto di equilibri, copiato all'infinito in chissà quante cucine, perlopiù in modo maldestro.
«Io non faccio il cuoco, sono un cuoco»
Ad assaggiarlo, lui di fronte a noi, sembra di entrare in simbiosi, di condividere certe emozioni. E anche questa, però: rimpianto no, ma un po' di malinconia, quella sì.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Sir Rocco Forte con tutta la famiglia
I piatti del nuovo menu dell'Osteria Francescana, che celebra la grande cucina italiana degli ultimi decenni. Massimo Bottura lo presenta così: «È un omaggio ai più grandi cuochi d'Italia dagli anni '50 ai giorni nostri. Artigiani ma soprattutto amici che ci hanno ispirato e continueranno ad ispirarci con creazioni senza tempo»