14-09-2012

Carnaroli - secondo atto

Prosegue il viaggio nella produzione del re dei risi: tutte le tappe dall'essicazione alla cottura

Il riso Carnaroli in lavorazione alla Riserva San

Il riso Carnaroli in lavorazione alla Riserva San Massimo: dopo la sbiancatura e l'eliminazione del primo involucro del chicco (lolla), vengono separati i chicchi spaccati, i gessati, quelli non maturi (grana verde) e quelli rossi (crodo rosso).

Le spighe del Carnaroli svettano nei campi per un’altezza che oscilla tra i 160-170 cm, con uno stelo delicato che rischia di allettarsi al primo temporale estivo o bastano due notti d’agosto sotto i 18°C perché il 50% delle spighe subisca un aborto floreale e non giungano mai a maturazione.
Fragile, astioso e splendido nella sua spiga panciuta e dai colori verde ambrato con screziature viola, il Carnaroli predilige i terreni ricchi di torba – proprio come quelli del pavese- e ha una bassa resa per ettaro. A malapena raggiunge i 40/45 quintali contro i 55/60 di un Karnak, ma ha una qualità unica.

Come Dino Massignani tiene a sottolineare, il buon riso non si ottiene solo in pianta seguendone il ciclo produttivo di 165 giorni (per il Carnise ad esempio ne servono 135), di cui 35-40 sono dedicati alla raccolta. Questa varietà va accudita in tutte le sue fasi di lavorazione a partire dall’essicazione a gas metano (e non a gasolio come viene ancora concesso per i cereali), che avviene alla temperatura costante di 42/44°C in modo da mantenere l’integrità del chicco. Alzare la temperatura a 60/65°, come accade in alcuni casi, per dimezzare i tempi si traduce in una precottura e alla creazione di micro-fessure che portano alla rottura dei grani durante la cottura in pentola. Una volta essiccato, il riso passa in riseria dove subisce il processo di pilatura che elimina il primo involucro che protegge il chicco, ossia la lolla.

La lolla, il primo involucro di protezione del chicco che viene eliminato in pilatura

La lolla, il primo involucro di protezione del chicco che viene eliminato in pilatura

In seguito vengono separati i grani verdi (ossia non maturi) e rotti da quelli sani che passano in tre sbiancatrici lineari per la raffinazione. Questo processo avviene in modo lento, così da evitare l’innalzamento della temperatura del chicco grazie al passaggio per caduta tra una pietra e una griglia all’interno della macchina. I grani vengono pilati per sfregamento e privati dei vari strati che lo proteggono. Il riso bianco così bramato passa in una selezionatrice ottica che elimina gli ultimi grani imperfetti, quelli screziati di rosso (in gergo crodo rosso) e i gessati. Ciò che arriva al confezionamento è un Carnaroli perfettamente “pulito”, senza tracce di lavorazione (come quella polvere bianca che ogni tanto troviamo in alcune confezioni) o di chicchi rotti, ed è pronto per essere porzionato e messo in sacchetti ad atmosfera modificata. L’insufflazione di azoto, meglio del sottovuoto, impedisce il deterioramento del riso e la proliferazione di insetti quali il punteruolo.

Dino Massignani di Riserva San Massimo tra le spighe di riso Carnaroli alte 160-170 cm

Dino Massignani di Riserva San Massimo tra le spighe di riso Carnaroli alte 160-170 cm

Rimane da chiedersi come sia possibile per un consumatore finale accorgersi se quello che sta tostando o lessando è un Carnaroli in purezza o una miscela di varietà diverse. La certezza assoluta potrebbe dare solo un esame di laboratorio del campione che si sta usando, ma ci sono alcuni accorgimenti che si possono adottare. Ed è per questo che il viaggio nel mondo del riso a Riserva San Massimo si è concluso con un risotto realizzato dallo Chef Enrico Zanirato del ristorante Tajut a San Mauro Torinese (Torino) e con la consulenza tecnica di Massignani e del suo distributore per la zona di Verbania Adolfo Rizzardelli.

Chicchi di riso a confronto: a sinistra il Carnise precose, a destra il Carnaroli

Chicchi di riso a confronto: a sinistra il Carnise precose, a destra il Carnaroli

Prendendo un chicco a crudo e facendolo passare tra lingua e palato si noterà la sua forma panciuta. Rompendolo con i denti, un buon Carnaroli farà buona resistenza alla rottura per poi spaccarsi in pezzi grossolani denotando l’assenza di scheggiature e micro fessure. In pentola è un riso che tiene la cottura e i tempi indicati dalla sua varietà e soprattutto avrà un rilascio dell’amido superiore a qualsiasi altra tipologia di riso. Parliamo di un 24.7% di amilosio (uno dei polimeri che costituiscono l’amido) ossia un valore così “importante” che regala una cremosità tale da non richiedere quasi la mantecatura, come ha fatto notare lo stesso chef. Questo piccolo test ha permesso di individuare i tratti indiscutibili di un Carnaroli al 100%.

Se poi si hanno a disposizione un piccolo orto, alberi da frutta, erbe spontanee… un risotto ai funghi porcini, mele rosse, nocciole e fiori d’erika è un’ottima esaltazione delle virtù del re dei risi che non teme alcuna analisi genetica.
 

2. fine seconda e ultima parte


Riserva San Massimo
Azienda Agricola San Massimo
Loc. Casina San Massimo
Groppello Cairoli (Pavia)
info@riservasanmassimo.net
Telefono +39.0382.817239
orario 9:00-12:00 e 14:00-18:00
 


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Claudia Orlandi

sceneggiatrice e scrittrice, dalla scuola di giornalismo enogastronomico del Gambero Rosso è approdata a Identità Golose

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