02-08-2012

Nella Valle delle fragole

Tra val Venosta e val Martello. Per scoprire i riti di raccolta del frutto. Rosso, sodo e saporito

Raccolta di fragole nella Val Martello, laterale r

Raccolta di fragole nella Val Martello, laterale rispetto alla Val Venosta. I frutti altoatesini ("giliece") sono rossi, sodi e saporiti. Pochi giorni fa sono stati celebrati con sfilate in costume, bande musicali e torte. Code cholometriche in macchina per accedervi

Vigneti e rocce. L’Alto Adige che meno ti aspetti si presenta così. Come una cartolina, affacciato su un ”orrido” che portava il passo alla Val Senales e ora viene bypassato da una moderna galleria. La linea d’orizzonte della Val Venosta, l’ala occidentale dell’aquila tirolese, si sfrangia in guglie di roccia possente tra cui spuntano incredibili merletti di vite pettinati con il righello. Qui c’è la mano di Martin Aurich. Il ragazzo, serio e compunto, proveniente dalla Svizzera, da oltre 20 anni cura i vigneti di Reinhold Messner. Ne riparleremo e li ritroveremo nel bicchiere i vini di Castel Juval.

Poco lontano ci attende una delle ultime scommesse dell’agricoltura altoatesina. I cultivar di piccoli frutti della Val Martello. Lamponi, ribes, ciliegie (anzi giliece, come si pronunciano qui ) ma soprattutto fragole. Fragole d’alta montagna. Rosse, sode, saporite (vabbè, quest’anno la maturazione è un po’ in ritardo). Pochi giorni fa è stata la loro festa. Con tanto di elezione della regina delle fragole. Sfilate in costume, banda musicale e torta da guinnes dei primati. L’esperimento è recente, voluto per portare valore aggiunto (con soldi pubblici al solito ben spesi) ai masi di questa splendida laterale della Val Venosta. La Val Martello. Anzi, la Valle delle Fragole, come l’hanno soprannominata con uno sforzo di fantasia quelli del marketing.

Da queste parti ricavano confetture composte da fragole fino al 72%

Da queste parti ricavano confetture composte da fragole fino al 72%

Il successo però è enorme, con code chilometriche per accedere ai parcheggi e stand assaltati da famigliole e turisti. La cooperativa (Meg) che raccoglie i frutti dei 65 masi sparsi sui costoni montani tra i 600 e i 1800 metri, lavora a pieno ritmo fino a ottobre inoltrato. Non solo frutti freschi, ma succhi di fragole, blend con succo di mele e altri prodotti. Anche confetture. Come quella di fragole al 72percento, da primato. Una vera scoperta. L’argomento ci intriga e finiamo per parlarne con Sonya Egger, la “fata” delle marmellate, nonché metà di quel Kuppelrain che con il marito Jörg Trafoier ha trasformato in tempi non sospetti nel faro gastronomico della Val Venosta. Il ristorante si trova a Castelbello nell’ultima strettoia della valle prima che un altipiano di largo respiro e fluide linee ci porti a Silandro e alla monotonia dei meleti rotta solo da qualche chiazza gialla. Si tratta di piccoli campi in cui si torna a coltivare la segale, un tempo il principale prodotto dell’agricoltura di questa valle tanto da potersi fregiare del titolo di Granaio del Tirolo.

Le marmellate di Sonya sono il motore di tanti viaggi in questa zona. Nottate intere passate a pulire, cuocere, passare decine di chili di frutta. Che gioia quindi sorprenderla proprio in questi giorni a sfornare il prodotto forse più buono di questa valle. Marillenmarmelade. Marmellata di albicocche della Val Venosta (scusate, non riesco a chiamarla confettura, il bimbo che è rimasto in me si ribella), Il frutto segreto e più amato dell’Alto Adige si trova poco lontano da qui sui pendii esposti a Nord (per ritardarne la maturazione) che da Parcines arrivano fin oltre Silandro. Peccato solo che quest’anno le gelate primaverili abbiano ridotto la produzione e che quindi inevitabilmente i prezzi saliranno anche nel punto vendita della cooperativa VI.P che la commercializza insieme ad altre varietà da tavola più comuni (spacciate spesso per le originali).

Le albicocche, altra splendida primizia di queste lande

Le albicocche, altra splendida primizia di queste lande

La varietà della Vinschger Marille, l’Albicocca della Val Venosta, infatti è del tutto particolare e dall’origine incerta. Molto probabilmente le prime piante furono introdotte in valle alla fine dell’Ottocento, forse dall’Ungheria, in felice coabitazione con le colture di segale dove si è bene integrata e ha sviluppato le sue caratteristiche peculiari. Alberi qualche volta quasi centenari coperti di piccoli e delicati frutti che riconosci al volo per il colore giallo appena aranciato. Profumo incredibile, una spiccata acidità ideale per la trasformazione che consente un’unica e immediata cottura, senza aggiunta di succo di limone o quasi. I frutti denocciolati non si frullano ma si squagliano da soli nella pentola. Il risultato è puro godimento. Senza confronti. Il colore arancione vivo è pura luminosa energia, il sapore, un’inebriante giostra di note fruttate e mielose dominate da una potente, succosa acidità. E ora accomodiamoci a tavola.

1. continua


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Angelo Carrillo

Giornalista, esperto di vini, è tra i maggiori conoscitori della gastronomia e della cultura agroalimentare dell’Alto Adige, e non solo

Consulta tutti gli articoli dell'autore