01-11-2020

Voglio continuare a vedere il bicchiere mezzo pieno. E poi... Io speriamo che me la cavo

Alberto Gipponi ci affida i suoi pensieri in questo nuovo momento di grande incertezza: «Siccome siamo tutti sulla stessa barca, e non è proprio comoda, stiamo uniti»

“Ma non dici niente? Allora? Aspettavo un tuo commento!!!”.

Ma esattamente, io, cosa dovrei dire? Anche se non sono convinto... Qualcosa è meglio di nulla… Non sempre, a volte! Ma ci provo lo stesso.

Voglio continuare a vedere il bicchiere mezzo pieno. Stavo recuperando la perdita di marzo, aprile e maggio che, con ottobre, novembre e dicembre, sono il centro degli incassi per Dina e per molti altri ristoranti. E tutto è crollato nuovamente. Penso a chi lavora in centro a Roma o a Firenze e a tutti quelli che si sono ritrovati a non avere una stagione. Penso a chi vive grazie alle settimane bianche. E poi penso che, forse, proprio così bravi non lo siamo stati.

Vorrei sapere quanti davvero hanno fatto ciò che ci era stato richiesto… Perché sentirvelo dire ora non mi aiuta se vi rivedo nella mia mente a limonare lampioni a caso durante tre quarti delle vostre storie Instagram o, peggio, a pochi metri da me. Però, poi, penso che siamo umani e che non posso continuare a fare il moralizzatore. Sì, perché se vuoi mantenere le distanze sei folle. Il solito esagerato. In fondo, siamo fallibili. E tutto sommato uno figo diceva “chi è senza peccato scagli la prima pietra”.

Gipponi e famiglia a Identità Golose (foto Brambilla-Serrani)

Gipponi e famiglia a Identità Golose (foto Brambilla-Serrani)

Forse, dovrei dire che è assurdo che per i codici Ateco si faccia di “troppa” erba un fascio; e che i contratti di lavoro non tutelano né i dipendenti né i ristoratori. Potrei dire che il nostro è un sistema malato che fatica a sostenersi nelle migliori aziende, figurati nelle altre. Ma, poi, mi torna alla mente che non ho la voce. Mi è stato molto chiaro nelle scorso periodo di stop. O, almeno, la mia è una voce tendenzialmente disturbante e, talvolta, mi fa percepire come presuntuoso quando (ne ho parlato con la psicologa) io credo di essere solo realista, onesto, convinto di ciò che faccio e diretto (lei conferma. Un po’ ormai mi conosce e tendenzialmente mi mostra cose di me che non vedo. Presuntuoso? Lei dice di no. Chissà che abbia ragione. Lo ignoro).

Comunque, ho scritto queste cose perché so che dovevo dare un segno di vita in questo momento difficile. Esattamente a chi, non so. Perché, poi, vi siete accorti che siamo convinti di parlare a tutto il mondo e, invece, ce la raccontiamo solo tra di noi? Sì, a poche migliaia di persone quando sono tante. Ma, per cominciare, continuo a lavorare a pranzo e mi sto organizzando per le consegne. Lo volevo fare? Anche in questo caso, non lo so. Comunque, sicuramente, non per questo motivo almeno, ma ora come tanti lo dovrò fare, quindi siccome siamo tutti sulla stessa barca, e non è proprio comoda, stiamo uniti.

La sala del Dina

La sala del Dina

Facciamo cose per noi e per chi ci sta vicino, che abbiamo parlato pure troppo tutti quando la voce, quella vera, ce l’hanno in pochi. Lasciamo fare a loro! Onestamente, stamattina avrei voluto tornare sotto le coperte e stare lì, perché di sicuro tutto questo è un brutto sogno. Ma mi troverete da Dina perché sono un cuoco e un ristoratore e nella vita amiamo risolvere i problemi. Noi inizieremo a fare lasagne o simili, sicuramente casoncelli, millefoglie e panettoni da portare nelle case di chi lo vorrà. Oltretutto, sono cose che quando le mangi danno sempre una grande soddisfazione! In ogni caso, “io, la parabola che preferisco è la fine del mondo, perché non ho paura, in quanto che sarò già morto da un secolo… I buoni rideranno e i cattivi piangeranno, quelli del purgatorio un po' ridono e un po' piangono. I bambini del limbo diventano farfalle. Io speriamo che me la cavo”. Spero anche voi!


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Alberto Gipponi

Bresciano, classe 1980, fin da ragazzo ha coltivato una passione per la cucina d'autore, ma la sua vita professionale l'ha portato altrove. Dopo una laurea in Sociologia, un po' di gavetta da chitarrista e un paio di altri impieghi, a 35 anni la decisione di cimentarsi come cuoco: stage all'Orsone di Joe Bastianich, chef Edoardo Valle Lobo; quindi, più vicino a casa, Da Nadia, quando ancora era a Castrezzato. Poi con Massimo Bottura all'Osteria Francescana. E poi ancora con il suo ristorante, Dina, a Gussago (Brescia). Sorpresa dell'anno per la Guida di Identità Golose 2019

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