28-07-2020

La ristorazione rinasce anche a Nordest: 20 piatti-simbolo che lo testimoniano

Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia sono le tre regioni protagoniste della nostra carrellata attraverso la cucina italiana che riparte

Abbiamo chiesto a tanti chef italiani tra quelli i cui ristoranti sono inseriti nella Guida Identità Golose 2020 di raccontarci il loro "piatto della rinascita", insomma la preparazione - vecchia e nuova che sia - che ritengono essere il simbolo migliore di questa fase certo difficile, ma anche di ripartenza. In tantissimi ci hanno risposto narrandoci le loro idee; le passeremo in rassegna per aree geografiche. Dopo i ristoranti lombardi, quelli di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, e quelli della Campania, ora andiamo nelle tre regioni di Nord Est: Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia

Le Calandre – Rubano (Padova)
Sartù di raviolo
È composto da un raviolo soffiato farcito con una besciamelle soffice allo zafferano e incenso e servito con un ragù con i piselli. Sapori antichi in una veste diversa, rassicurante nel nuovo.


Il Desco – Verona
Tortelli di baccalà, black lime e aglio nero
Matteo Rizzo: «Nasce da un ricordo di un piatto di mio padre degli anni ‘90: Tortello ripieno di baccalà servito con pomodoro e capperi. Allora era una vera rivoluzione un tortello con al suo interno il baccalà... Nei miei ricordi era straordinario. Ho pensato di rivederlo ritrovando il suo gusto con l’arricchimento dei profumi di un viaggio in Israele. Il ripieno risulta ancora più morbido e si sposa con due nuovi ingredienti: aglio nero e lime nero. Il lime nero rimanda a sentori di liquirizia e terra; unito all’aglio nero e al baccalà dona al piatto dolcezza e acidità che accompagnano fino all’ultimo boccone. Il piatto si trova all’interno dei miei nuovi menu Limited Edition per l’estate 2020».

 

Trequarti – Val Liona (Vicenza)
Salmone & caffè
Il piatto della ripartenza del ristorante Trequarti si chiama Salmone & caffè. È composto da una kombucha tiepida al caffè alla base; poi un trancio di salmone senza la pelle marinato a secco semplicemente in sale e zucchero, rosolato solo da un lato in padella con un filo d’olio, servito infine con delle biete. Questo piatto rappresenta la ripartenza per il ristorante, perché messo a punto durante il lockdown, periodo in cui la creatività non si è fermata, ed è frutto di prove e test che lo chef Alberto Basso porta avanti già da molti anni. È infatti un upgrade dello storico piatto Risotto, salmone e caffè, presentato per la prima volta nel 2012. Nel corso degli anni, la cucina di Basso si è evoluta, è maturata e il risultato è visibile in ogni portata del suo menu della ripartenza: un mix tra sapori semplici e ricercati, presentati in accostamenti creativi.

 

12 Apostoli – Verona
Semplicemente seppia al nero
Mauro Buffo: «Si tratta di una complessa preparazione il cui risultato è un’esplosione di gusto, la massima espressività di una seppia. Abbiamo pulito la seppia separandone il corpo, i tentacoli e la testa; separato la sacca con il nero e quella con il fegato. il corpo viene tagliato a metà, una parte congelata e una parte cotta sottovuoto assieme ai tentacoli in forno a vapore a 55° per 40 minuti. Con i ritagli abbiamo realizzato una tartare che condiamo con olio evo e succo di limone, senza sale. Con il nero di seppia e gli scarti di lavorazione arrostiti abbiamo preparato la salsa al nero. Con i fegati un’emulsione come se si trattasse di una maionese. Precedentemente con dei limoni del Garda abbiamo fatto una marmellata di limoni macerati in erbe del Monte Baldo, levitino e ruta, per accentuare il sapore balsamico. Quindi, disponiamo sul piatto una quenelle condita di seppia cruda, sopra una punta di marmellata di limoni, nappiamo con l'emulsione di fegati di seppia leggermente piccante e la salsa di nero di seppia. Copriamo il tutto con una lamina sottile tagliata all’affettatrice del corpo cotto e spolveriamo con cipolla al nero di seppia polverizzata. L’idea parte dalla volontà di creare un piatto che riassuma gli ingredienti del territorio che ci circonda, dalla laguna di Venezia alla terra della Bassa Veronese, al lago, al Monte Baldo e ai monti Lessini».

 

Oro del Cipriani – Venezia
Spaghetti al Bloody Mary
Frullare 1,5 kg di pomodoro datterino a crudo, portare a ebollizione per 4 minuti, filtrare con etamina e lasciar decantare. Ridurre di 2/3 l'acqua ottenuta, saltare gli spaghetti al dente nella riduzione. In mantecazione lontano dalla fiamma aggiungere la vodka, il limone, la worcester e il tabasco. Finire il piatto con la concassé di pomodoro condita con olio sale e pepe, adagiando sopra gli spaghetti in uscita.

 

Noir –Treviso
L’uovo della rinascita
Rocco Santon e Nicola Cavallin: «L'uovo è sin dall'antichità simbolo di risurrezione e lo scambio d'uova in periodo pasquale era considerato di buon auspicio per il futuro. Altre credenze pagane lo affiancavano al significato di rinascita, intesa come passaggio dalla stagione invernale a quella primaverile. Il cambiamento che l'uovo rappresenta ci ha portati a usarlo come forma per rappresentare la nuova riapertura. Rafforziamo il concetto appoggiandolo su un finto nido, volendo identificarlo come appena deposto».

 

La Peca – Lonigo (Vicenza)
Primavera 2020: germogli, asparagi, piselli, spugnole, erbe di stagione
Nicola Portinari: «Si parte da una base di crema di prezzemolo tuberoso, patata, basilico e umeboshi, piselli conditi con il loro bacello, spugnole farcite, asparagi bianchi e verdi marinati, cavolo rapa alla curcuma, veli di rapa rossa croccanti, erbe spontanee e germogli selvatici raccolti nelle mie colline; il tutto condito con olio aromatizzato che lega l'insieme e crea un sapore unico, fresco, che sa di rinascita».

 

La Montecchia – Selvazzano Dentro (Padova)
La tartare di Erminio
La tartara di papà Erminio che assume la centralità del pasto e si allarga a piatto completo. Si tratta di una tartare con ben 16 ingredienti oltre alla carne battuta a mano che si trova in carta ininterrottamente dal 1981, prima a Le Calandre e poi a La Montecchia.

 

Quadri – Venezia
Spaghettoni al nero di seppia con le ostriche
Piatto di profonda intensità veneziana. Il nero di seppia, il profumo delle alghe, l’ostrica vista come un vero frutto del mare e il verde pennellato attorno in segno di forza e di speranza.

 

Aldo Moro – Montagnana (Padova)
Hakuna Matata
Silvia Moro: «Un piatto che racchiude in sé tutta l’energia e il calore della terra del Kenya. Nasce dal mio ultimo viaggio; con la mente porta a sorridere senza pensieri! Ho pensato ad Hakuna Matata già la scorsa estate, dopo un viaggio in Kenya, ma non lo avevo mai realizzato. Durante il periodo di chiusura ho aperto il mio quaderno dove sono solita scrive le idee e ho trovato lo spunto... Così sono andata in cucina ho tradotto le idee in un piatto che dalla riapertura propongo ai nostri clienti».

 

Feva – Castelfranco Veneto (Treviso)
Tagliolini Caleido
Nicola Dinato: «Tagliolini freddi al pomodoro, gobbetti, seppie e dintorni. «Raccontare questa ripartenza per noi significa parlare di colori, di positività, di prospettive e un po’ di leggerezza. Il menu Anima, degustazione da 8 portate che è l’essenza della nostra cucina tradotta in un risultato inedito, è stato rinominato #rinascita. Un classico del Feva che ora acquisisce una nuova veste, quasi un caleidoscopio di colori e gusti armoniosi tra loro in una tarda primavera ed estate vissute a pieni polmoni; per noi significa essere ancora vivi, di nuovo in gioco, portare in tavola profumi vividi, sapori e colori vibranti, ma anche leggiadria ed eleganza luminosa. Abbiamo voluto farlo con dei tagliolini di pasta all'uovo, accompagnati a seppie, fave e caramello di pomodoro, che nascondono dei gobbetti crudi leggermente conditi all’olio di agrumi e dei crostini di pane tostati al timo. Di fronte al commensale il piatto viene terminato dall'acqua di pomodoro, per uno slancio di freschezza. Una preparazione che parla d’estate e di #rinascita, appunto».

 

Locanda San Lorenzo – Alpago (Belluno)
Spaghetti con burro di montagna, trota dell'Alpago affumicata e limone candito
Renzo Dal Farra: «Se penso a un piatto che rappresenti la ripartenza, d'istinto, il pensiero cade sugli Spaghetti con burro di montagna, trota dell'Alpago affumicata e limone candito. L'idea nasce in uno di quei pranzi in velocità, una pasta al burro in fretta prima di cominciare il servizio. Quella pasta è stata una folgorazione, ogni boccone richiamava la nostra attenzione, non era la solita pasta al burro, perché non era fatta con il solito burro ma con il burro di malga. Da lì abbiamo cominciato a pensare come si potesse esaltare un prodotto così semplice e sorprendente. L'abbinamento con la trota è stato spontaneo, basta pensare ai classici crostini burro e salmone. Burro e trota sono entrambi prodotti in Alpago. Il primo arriva da San Martino d'Alpago, dove Lisa "ha ereditato" le mucche del suocero e ha iniziato la sua avventura nel mondo caseario. A 400 mt in linea d'aria da San Martino, ad Alpaos ai piedi del Monte Teverone, si trova un piccolo allevamento di trote, dove l'acqua è "freddissima e pulitissima". La panure all'arancia e la crema di limone candito vanno a completare il piatto, che sentiamo nostro per gusto e ingredienti. L'ottimo risultato è frutto anche dell'eccellente lavoro dei fornitori, che unisce ancora una volta la nostra cucina alla conca dell'Alpago».

 

Damini & Affini – Arzignano (Vicenza)
Spaghetto Makaira in saor
Giorgio Damini: «Questo piatto è del 2017 e da allora è uno di quelli che inserisco sempre nel menu a sorpresa. È nato dall’amore per un grande classico veneziano: le sarde in saor. Abbiamo iniziato dalla volontà di replicare i vari sapori applicandoli però alla pasta (questo perché è un ingrediente che adoro anche semplicemente all’olio; per me la pasta è come la cassa armonica di una chitarra: un contenitore e amplificatore di sapori, profumi e consistenze). Abbiamo quindi iniziato dall’acidità e dalla dolcezza del saor data da cipolle, aceto e vino bianco, trasformandole in un burro acido fermentato. Poi, per avere più complessità e spiccata acidità, abbiamo messo delle cipolle in agrodolce cercando la giusta dose tra tipo di aceto e quantità di zucchero. Questo ci aiuta a fine cottura a equilibrare il piatto, lasciando le cipolle leggermente rosse e croccanti per dare colore e una consistenza diversa. Le sarde invece sono state aperte e impanate con farina, uovo e pane, poi fritte. Questo spaghetto è diventato un simbolo della mia cucina (soprattutto perché è una pasta servita con il pesce: essendo io nato in una macelleria può far capire tanto del mio pensiero). Quello che voglio dire è che non possiamo e dobbiamo limitarci quando cuciniamo,: certo la carne è nel mio sangue quindi non discutibile, però questo piatto significa molto per me perché sono sempre più convinto che se siamo liberi di pensare e agire possiamo dare davvero il mostro meglio. La mia cucina non è solo carne: il menu a sorpresa è il risultato d'idee, sapori, persone, colori, odori, luoghi che si incontrano nella mia testa. Quando succede che i nostri ospiti provano queste emozioni, quando riaffiorano dei loro ricordi nei miei piatti riguardanti la loro vita, ho fatto bingo».

 

Senso - Alfio Ghezzi – Rovereto (Trento)
Carote, dragoncello e robiola
Alfio Ghezzi: «È un piatto espressione della nostra nuova identità, dove la relazione con i produttori e l’essenzialità diventano un tratto fondativo della cucina. Avevamo già iniziato a lavorare su questo piatto in passato, poi la conoscenza e la collaborazione di Myrtha Zieroch di Agricola Foradori ci ha spinto a rivederlo e ridefinirlo. Quando abbiamo visitato i campi di Myrtha siamo stati affascinati perché dalla viticoltura biodinamica è arrivata alla coltivazione dei vegetali in sinergia con il vigneto e poi anche all’allevamento di bovini, creando così una straordinaria circolarità per raggiungere un equilibrio ecologico. Ricordo che lei fra i molti vegetali ci ha indicato delle carote e poi ci ha detto: “Compro le sementi in Germania perché questa ditta è la migliore in Europa per le sementi biodinamiche". E con un sorriso ha aggiunto: “E i tedeschi mangiano carote a valanghe!”. Originariamente è una selezione francese fatta a Nantes. Noi le cuociamo in forno avvolte nella stagnola, quindi con un coltellino le priviamo della pelle e semplicemente le rendiamo in polpa grossolana, le mettiamo in forma e sopra disponiamo il dragoncello sempre dell’orto di Myrtha, che viene poi spruzzato con pochissimo aceto di vino stravecchio. Le carote più piccole le grigliamo e le centrifughiamo, poi serviamo il succo con dell’aneto aromatizzato al limone. A parte serviamo un sandwich di sesamo e robiola prodotto sempre da loro nella stalla di Cognola. Infine secchiamo e soffiamo la pelle delle carote conferendole la forma di una corteccia che riempiamo con una crema di patate all’abete rosso della Magnifica Essenza della Val di Fiemme. Serviamo come snack nei piatti realizzati e decorati a mano da VeroLabShop di Trento».

 

Suinsom dell’hotel Tyrol – Selva di Val Gardena (Bolzano)
Gnocchi di patate della val Pusteria con ripieno di graukase e salsa alla barbabietola
Alessandro Martellini: «Il piatto e composto da uno gnocco ripieno di formaggio graukase, tipico di queste zone, poi salsa alla barbabietola rossa. È una preparazione che mi a portato fortuna all'inizio di questa avventura del Suinsom; è stato molto gradita, ed ho pensato di riproporla proprio alla riapertura, per riprendere il bell'inizio che avevo avuto tempo fa. Spero che sia di buon auspicio».

 

El Molin – Cavalese (Trento)
Risotto ai germogli di muschio e umami di fiume
L'idea è nata assaggiando i primi germogli di muschio di ruscello che allo chef Gilmozzi trasmettevano sentori di pesce, ricordandogli addirittura il sapore leggero di un guscio di ostrica.

 

Artifex dell’hotel Feuerstein – Brennero (Bolzano)
Tartare di manzo di razza Pustertaler, servita su una crema di cavolfiore fermentato e accompagnata da cous cous di cavolfiore
«Un piatto molto femminile, profumato con olio di abete di montagna e violette», sottolinea la chef Tina Marcelli.

 

AB Osteria Contemporanea – Mortegliano (Udine)
Taco di Lavariano
Anna Barbina: «Dietro questo piatto c'è una vera e propria storia che mi piacerebbe raccontarvi. In questo momento la fonte di ispirazione del nostro menu è l'idea di “viaggiare con il gusto”. Ho creato il Taco di Lavariano proprio pensando a mia madre, che poco prima della chiusura delle frontiere a causa del lockdown aveva già in mano un biglietto per partire alla scoperta dello Yucatan, in Messico. Purtroppo le agognate vacanze sono sfumate, ma il Taco di Lavariano può essere considerato una deliziosa consolazione in attesa di tempi migliori! Dentro alla sfoglia tipica messicana ho voluto racchiudere tutti i sapori e i profumi della natura friulana. Le piante appena fiorite sono le autentiche protagoniste di questa stagione. Per realizzare il taco, al posto della farina di mais ho utilizzato quella di orzo, perché amo dare spazio a questo cereale tipico della nostra terra che sta venendo riscoperto. L'interno del taco viene spalmato con una morbida crema di legumi realizzata utilizzando uno a scelta tra ceci, fagioli dell'occhio o lenticchie. Il ripieno è composto da alcuni legumi ma soprattutto dalle piante. Ho voluto divertirmi utilizzando le piante in diverse preparazioni, in modo da esaltare i loro diversi caratteri. Ad esempio l'essicazione, soprattutto per la salvia che costituisce la vera anima di questo piatto e anche la sua radice friulana. Poi la fermentazione, una tecnica usata nella nostra cucina tradizionale per realizzare la brovada, che io ho sfruttato per valorizzare la radice di prezzemolo e le tegoline. Quindi la preparazione “in carpione”, un metodo di conservazione tipico della cucina piemontese utilizzato prima della diffusione del frigorifero. Ho usato anche una marinatura di aceto, vino, zucchero e sale per preparare così le rape. Ed infine ho usato le foglie della piante “a crudo”, per esaltarne la freschezza: menta, maggiorana, timo, basilico, levistico. Il risultato è un'esplosione in bocca di consistenze e di gusti differenti, dove freschezza e acidità dialogano tra di loro esaltate dai sapori delle diverse piante. Mi raccomando: il piatto va rigorosamente mangiato con le mani! Sia perché proprio così si gusta in Messico, ma soprattutto perché solo in questo modo potremo apprezzare tutti i profumi che la nostra terra ci regala in questa stagione».

 

Al Cjasal – San Michele al Tagliamento (Venezia)
Quaglia in savor 2020
Stefano e Mattia Manias: «Questo piatto ha un percorso di 15 anni. Nasce da nostro papà Enzo, che metteva la quaglia a cucinare intera sottovuoto con cipolla saltata nell’aceto, uvetta, pinoli. La serviva con insalatina fresca. Oggi, nel 2020, stravolgiamo la cottura ma non l’idea. Disossiamo i petti, lasciamo intere le cosce, scottiamo il tutto alla brace con legno di faggio, per conferire quel senso di affumicato, quasi romantico e contadino. Prepariamo la cipolla agrodolce due giorni prima: zucchero, aceto di Sirk; la lasciamo marinare insieme a uvetta e pinoli tostati. Con le carcasse del petto facciamo un fondo molto leggero, quasi un brodo, e ci aggiungiamo a fine un po’ di rum. Finiamo la cottura adagiando la quaglia sul suo fondo profumato al rum, aggiungiamo cipolla in savor, cipolla bianca fritta e verdure del nostro orto scottate appena. Ed ecco qua. Il passato e il presente s'intrecciano in questo piatto di ricordi e profumi antichi.

Nidaba - Montebelluna (Treviso)
Pancia di maialino da latte, frutta e funghi
Daniela De Bortoli: Questa ricetta nasce da una desiderio di spensieratezza e convivialità. Con l’avvento del Covid-19 e delle sue ripercussioni ci siamo ritrovati a ricercare nella nostra memoria momenti di leggerezza che potessero darci un po’ di sollievo. Così nasce questo piatto: dalle verdure e la frutta raccolti nell’orto in compagnia, dal profumo della brace della domenica in famiglia, dalle ginocchia sbucciate raccattando funghi nel bosco Montello».


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