02-06-2020

Hazama, prologo kaiseki a Milano

Ha aperto a ranghi ridotti la promettente insegna di Satoshi, ex Pinchiorri. Tecniche giapponesi, ingredienti italiani

Filetti di anguilla italiana scottati alla brace,

Filetti di anguilla italiana scottati alla brace, finiti al vapore e laccati con riduzione dei suoi succhi, soia, mirin e tamari. E' il piatto più buono in carta ora da Hazama, ristorante di Satoshi Hazama, al debutto ieri in via Savona 41, Milano

L’avevamo conosciuto come secondo di Masaki Okada, da Sol Levante. Un anno dopo è cambiato tutto: “Masa” è diventato chef di Kanpai; al posto di quel ristorante ci sono i ragazzi di Bites e Satoshi Hazama ha aperto ieri al pubblico la sua insegna, all’altro capo della città.

Sato San è giapponese della prefettura di Gunma, poche ore d’auto a nord di Tokyo. Incantato dal mestiere delle nonne Teru e Tomi e di mamma Toshiko, decide subito di fare il cuoco. Entra al ristorante Nadaman, celebre avamposto di cucina kaiseki a Yokohama, e vi esce solo 5 anni dopo. Ma l’Italia esercita su di lui un fascino irrazionale: nel 2010 prende baracca e burattini, trasvola il continente e atterra in Langa, all’Osteria Profumo Divino di Treiso (Cuneo).

E’ l’inizio di un trottare spedito, che lo condurrà soprattutto a Milano (Yoshinobu, J’s Hiro, Al Pont de Ferr di Maida Mercuri e al Sol Levante, appunto). Ma è prima della sua seconda tappa meneghina che il ragazzo si fa le ossa spesse, dagli Spigaroli all’Antica Corte Pallavicina e due anni alla partita del pesce dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze. «Ho un ricordo magnifico di Sato», ci spiega Riccardo Monco, chef del ristorante con 3 stelle Michelin: «era bravissimo a sfilettare ogni cosa e faceva tutto con un’educazione encomiabile». Da ieri, a 35 anni, è per la prima volta chef di un ristorante, che per giunta porta il suo cognome, Hazama, in via Savona.

Satoshi Hazama, 35 anni, di Gunma (Giappone). Nel suo curriulum italiano, spiccano i due anni all'Enoteca Pinchiorri di Firenze

Satoshi Hazama, 35 anni, di Gunma (Giappone). Nel suo curriulum italiano, spiccano i due anni all'Enoteca Pinchiorri di Firenze

Soba (fatti a mano dallo chef) con kakiage, cioè croccante di gamberi in tempura, crudo di cipollotti e salsa di soba-dashi

Soba (fatti a mano dallo chef) con kakiage, cioè croccante di gamberi in tempura, crudo di cipollotti e salsa di soba-dashi

Dietro all’aspetto timido e riservato, Satoshi fremeva per partire in quarta. Ma l’emergenza ha frenato le intenzioni: avrebbe subito voluto iniziare con un menu di cucina kaiseki, il rituale estetico/gustativo più solenne e cerimonioso della tradizione giapponese. Ma ora in cucina c’è solo lui: «Il mio secondo è bloccato in Giappone, spero sblocchino i voli presto. Nell’attesa ho cominciato da qualche giorno l’asporto e da oggi sono aperto al pubblico, con pochi piatti. Alcuni li ritroverete nel menu completo che farò a ranghi completi, da 7 a 9 portate».

Il locale, spoglio e piuttosto scuro, è percorso da Yuko Negishi, donna di sala di mestiere, già al lavoro da Wicky’s. Sono in due in tutto a lavorare in un ristorante che, al netto dei distanziamenti, conterebbe al massimo su 22 coperti in 2 sale. La sfida è affascinante: costruire un degustazione di partitura giapponese (nella tecnica e nei condimenti) e note italiane (le materie prime): «Le verdure che ho trovato qui non le ho mai assaggiate da nessuna parte», assicura. È per questo che da un decennio non ha ancora pensato a fare dietro-front.

I tre piatti assaggiati sono espressione di un palato preciso e di una metodica complessa che tuttavia non traspare, una volta che il cuoco rivela al tavolo il contenuto preziosodei suoi scrigni. In tempi di caldo crescente, fa super-piacere affondare le bacchette in quel piatto di Soba freddi, vermicelli di grano saraceno che lo chef non acquista in confezione ma impasta e intaglia con le sue mani. Poi li marita alla croccantezza di gamberi in tempura leggera (kakiage), piccole slice di cipollotto e un soba-dashi - marinato per due settimane con soia bianca e zucchero di canna - così buono che abbiamo chiesto anche il cucchiaio per cancellare ogni traccia.

Ancora piccola la carta, con una decina di vini e altrettanti sake. In sala c'è Yuko Negishi, già da Wicky's

Ancora piccola la carta, con una decina di vini e altrettanti sake. In sala c'è Yuko Negishi, già da Wicky's

Lamine di Wagyu (marezzatura A5), marinate in salsa profumata al sake e poi scottate alla salamandra

Lamine di Wagyu (marezzatura A5), marinate in salsa profumata al sake e poi scottate alla salamandra

Dopo un delizioso intermezzino di ceci e alghe hijiki, ecco l’Anguilla «italiana», tieni a precisare Sato. Sono piccoli filetti che ha scottato alla brace, finito al vapore e laccato con riduzione dei suoi succhi (circa il 10%), salsa di soia, mirin e tamari. «È una versione molto tradizionale, che risale al periodo Edo», ci spiega, «molto popolare oggi a Tokyo e Nagoya». Si accompagna a un delizioso contraltare di daikon marinato croccante e a piccoli cilindri di tamago.

Arriva su un letto di riso anche l’ultimo dei 3 assaggi. Sono delle lamine di Wagyu (da Nagano) marinate in una salsa profumata al sake e poi scottate alla salamandra. Sono belle, marezzatura A5 e quindi appaganti. Con lo stesso sentimento, usciamo in attesa del giorno del menu completo.

Hazama
via Savona, 41
Milano
+390209955972
Piatti principali 15/26 euro
chiuso domenica sera e l'intero lunedì


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

Consulta tutti gli articoli dell'autore