09-05-2020

Delivery anti-batteri, nuova dark kitchen e design 'sicuro': la ricetta di Claudio Liu per Aji e Iyo

Come riavviare le attività dopo il lockdown? Senza improvvisare ma con idee brillanti. Parla il patron del gruppo

Claudio Liu col team del suo Iyo di Milano, il pri

Claudio Liu col team del suo Iyo di Milano, il primo ristorante di cucina non italiana a ricevere la stella Michelin nel nostro Paese, nella guida 2015. Imprenditore di successo, Liu ci racconta cosa progetta per la riapertura dei suoi locali, non solo Iyo ma anche Iyo Aalto e Aji, l'indirizzo per il delivery, già funzionante

Discutere con Claudio Liu (o meglio Claudio Jiayi Liu, doppio nome, «quando a casa parliamo in italiano viene naturale usare "Claudio", quando discutiamo in mandarino salta fuori "Jiayi"») significa confrontarsi con un ragazzo - classe 1982 - costantemente in grado di porsi all'avanguardia della migliore imprenditoria ristorativa milanese e, quindi, italiana. La sua case history di successo è nota; ieri, durante la consueta diretta Instagram quotidiana di Paolo Marchi, s'è arricchita di ulteriori tasselli, relativi alle modalità di ripresa post-emergenza. L'impressione generale è che Liu sia sempre tre passi più avanti nell'elaborazione di soluzion intelligenti, pratiche ma pure raffinate, anche ora che - confessa ridendo - «sono chiuso in casa da due mesi, senza poter lavorare, con quattro donne!», ossia la moglie («Ma le voglio un sacco di bene, sia chiaro») e le tre bambine.

Claudio Liu

Claudio Liu

Spiega come la comunità cinese a Milano «s'è accorta prima del pericolo perché abbiamo tanti parenti in Cina che ci hanno avvertito su cosa stava accadendo». Assicura che Iyo e Iyo Aalto, due dei tre locali dei quali è titolare, «riapriranno appena possibile, il giorno stesso in cui ci verrà dato l'ok, perché ci siamo preparati». Lo stesso dovrebbe accadere per Gong, l'indirizzo della sorella Giulia; e per Ba, di proprietà del fratellino più piccolo, Marco. Ha conosciuto solo una breve sosta («Abbiamo riaperto il 14 aprile, ovviamente solo come delivery») e sta lavorando a pieno ritmo invece Aji, il progetto di sushi a domicilio e take away che Claudio Liu ha aperto nel 2018, altra dimostrazione di come sappia veramente guardare più avanti. E proprio dal segmento delivery di questo piccolo impero provengono le novità pià interessanti.

DELIVERY FATTO BENE - «Quello del delivery è davvero un altro mondo, che richiede un'attenta analisi - spiega Claudio - Io ci ho sempre creduto e devo dire che sta dando ottimi risultati. Siamo partiti col progetto Aji nel 2017, aprendolo però solo l'anno successivo perché ci siamo presi 6-7 mesi per capirne bene le dinamiche. Noi ristoratori sappiamo quello che succede a nostro piatto dal momento in cui viene preparato a quello in cui è servito al tavolo; col delivery invece lo affidiamo a un rider e non abbiamo riscontri diretti. Nel frattempo viaggia per chilometri, magari su strade in pavé, con le rotaie del tram... Come fai a garantire che arrivi integro?». Liu si è applicato: «Abbiamo fatto prove su prove, per mesi. Abbiamo valutato veicoli, ammortizzatori, packaging... Abbiamo disegnato e fatto realizzare nuovi tipi di contenitori, secondo noi più funzionali. Oggi devo dire che sono molto performanti, tarati perché assorbano le oscillazioni, così a casa arriva la preparazione senza aver subito stress».

LO SVILUPPO DEL DELIVERY - «Come dicevo, io ho sempre creduto nello sviluppo del delivery. Già l'anno scorso con Aji abbiamo avuto grandi riscontri, ne ero abbastanza certo vedendo come all'estero tale segmento sia molto più sviluppato, e lo si può capire: a Hong Kong un metro quadro di ristorante viene a costare 50mila euro, la conseguenza è che o si è disposti a pagare un conto molto salato, oppure si ordina cibo con consegna a domicilio, purché fatta bene». Aji si è dotato di uno staff di sei rider propri, che garantiscono anche una certa classe nella consegna; durante questo lockdown, ha dovuto integrare il gruppo con ulteriori due elementi, perché le richieste erano moltissime: «Poco meno di cento consegne al giorno. Il raggio di azione della consegna è passato da 5 a 7 km. I dati di aprile sono confortanti: senza la possibilità di sedersi al tavolo sociale o al bancone e senza nemmeno take away, abbiamo chiuso con gli stessi numeri dello scorso anno». Di più: data la valanga di richieste, è nata un'altra idea...

 

«Realizzeremo una dark kitchen Aji a Milano Est, per coprire anche quella zona della città: stessi piatti, stessi prodotti utilizzati, la medesima cura, ma senza affaccio. In questo modo arriveremo a raggiungere una clientela potenziale di 600mila persone»

LA DARK KITCHEN DI AJI - «Già da un po' stiamo sviluppando l'ipotesi di creare una dark, o ghost kitchen che dir si voglia». Oggi Aji, che si trova in via Piero della Francesca, Nord-Ovest di Milano, non raggiunge col proprio delivery la zona Est della città. «Eppure da lì arrivano tanti ordini». Ecco allora che verrà appunto creata una dark kitchen a Est: stessi piatti, stessi prodotti utilizzati, la medesima cura, ma senza affaccio, «una cucina quasi come una sala chirurgica, finalizzata solamente alla preparazione dei box per il delivery. In questo modo arriveremo a raggiungere una clientela potenziale di 600mila persone». Il cantiere, già avviato, è stato sospeso con lo scatenarsi della crisi Covid-19, ma riprenderà al più presto. L'inaugurazione era prevista dopo le ferie estive, «lo stop causerà qualche ritardo, contiamo di poter aprire entro la fine dell'anno».

DELIVERY ANTIBATTERICO - Non è l'unica idea che Claudio Liu ha elaborato per gli scenari prossimi venturi. Molto interessante è anche quella di migliorare la sicurezza dei box per il delivery, dotandoli di uno speciale film antibatterico, «saremo tra i primi a utilizzarlo». Spiega: «È una specie di pellicola che va a plastificare l'esterno dei box, annullando la proliferazione dei batteri». Ricoprirà solo l'involucro esterno, mentre all'interno ci sarà il classico film alimentare: «Abbiamo già approvato i disegni, i primi box sono in produzione, ci saranno consegnati nei prossimi giorni e passeremo subito a utilizzarli».

Il banco sushi di Iyo Aalto

Il banco sushi di Iyo Aalto

IL BANCO SUSHI DI IYO AALTO - Fin qui, il delivery. E i due ristoranti principali, Iyo e Iyo Aalto? Alla riapertura, seguiranno scrupolosamente tutte le misure necessarie di distanziamento e sicurezza, «quindi mascherine Ffp2 e guanti per chi ci lavora, igienizzanti, sanificazione due volte al giorno, gel, eccetera. Stiamo anche apportando modifiche all'impianto di aerazione, per migliorarne ulteriormente la capacità di filtro». Alcuni particolari accorgimenti sono in previsione per il meraviglioso banco sushi di Iyo Aalto, esperienza memorabile come abbiamo scritto qui: Al sushi banco dell'Iyo Aalto, grande novità. I Giappone autentico a Milano. «Se le regole non cambiano, saremo in grado di riaprirlo, passando da 8 a 6 coperti. Dunque una diminuzione ragionevole perché gli spazi sono già ampi e, inoltre, non ha senso separare, che ne so, una coppia di conviventi». Il sushi master dietro al bancone si trova già a distanza di sicurezza - «almeno 90 centimetri» - ma Claudio Liu sta progettando con i suoi architetti alcuni separatori speciali che possano ancor più fornire al commensale la percezione di sicurezza totale, «collocheremo tra i clienti al bancone e lo chef delle barriere di plexiglass, ma di design, non impattanti, per creare qualcosa di distanziato ma non diviso, che regali piacevolezza e persino bellezza».

Claudio, Marco e Giulia Liu qualche mese fa, davanti a Identità Golose Milano

Claudio, Marco e Giulia Liu qualche mese fa, davanti a Identità Golose Milano

L'IMPERO DEI LIU - Insomma: di tutto, per garantire la ripresa di un piccolo impero che tra Claudio, Giulia e Marco Liu contava pre-Coronavirus circa 120 dipendenti (35 da Iyo, 25 da Iyo Aalto, una ventina da Aji, una trentina da Gong e un'altra ventina da Ba). Ogni fratello lavora in autonomia rispetto agli altri, segue la sua strada, ma i tre poi fanno squadra nella contrattazione, «le forniture, di altissima qualità, sono comuni. Quando uno di noi chiude un contratto e determina un prezzo, automaticamente si applica anche agli altri. Lo stesso principio, in negativo, vale quando non siamo soddisfatti da un fornitore: su uno di noi lo taglia, a cascata gli altri due lo seguono. Questo ci dona una forza importante, un'attrattività che incide sui margini di contrattazione, dalla shelf life al prezzo vero e proprio».

COME RIPARTIRE - Al di là delle sue scelte specifiche che abbiamo raccontato, quali consigli dà Claudio Liu in vista della ripartenza? «Non occorre frenesia o improvvisazione. Bisogna leggere la situazione del momento e intervenire con rapidità. Tenerci pronti, azzeccare il momento giusto per apportare i cambiamenti necessari. Ancora non ci sono linee guida precise, con la pandemia in evoluzione; quando le avremo, e avremo anche accumulato una piccola esperienza di questo scenario, potremo stabilire i passi successivi. Oggi è troppo presto per capire, non me la sento di dire di più».

IL SUSHI PERFETTO: L'ACQUA - Per realizzare un ottimo sushi, uno dei segreti è l'acqua. «Vero, è fondamentale. Per tutte le preparazioni della cucina - non solo il riso, ma anche il dashi per esempio - utilizziamo un'acqua osmotizzata, che ci consente di dosare i minerali attraverso membrane speciali. Abbiamo ormai una nostra formula fissa che risponde ai parametri che abbiamo adottato. Milano offre un'acqua piuttosto "dura", e quindi i filtri che abbiamo determinato svolgono un'azione importante».

IL SUSHI PERFETTO: IL RISO - Come l'acqua, anche tipo e lavorazione del riso sono elementi imprescindibili per un ottimo risultato finale. «Molti pensano che sia un semplice riso bollito. Non è così. Pensiamo allo spaghetto al pomodoro: è facile prepararne uno, ma è difficile poterne servire uno eccellente, servono molti accorgimenti, è un meccanismo complesso di equilibri». La variabili sono il tipo di riso, quanto tempo è passato dal suo raccolto - «Meglio non troppo tempo, perché necessiterà allora di maggior idratazione successiva» - e il giusto dosaggio dell'acqua, per far raggiungere ai chicchi il grado ottimale di umidità. Come cuocerlo? «Noi non usiamo elettricità, ma i cuociriso a gas della giapponese Rinnai, un punto di riferimento del settore. Sono davvero potenti, dunque il riso cuoce più velocemente e mantiene intatto il suo gusto. Questa fase di cottura viene ripetuta anche due o tre volte nell'arco del servizio, perché deve passare poco tempo dal momento della preparazione a quella del servizio». Anche la temperatura con cui il riso viene servito al tavolo è importante: «Deve essere tiepidino, la temperatura deve essere poco più alta di quella corporea».

Sashimi da Iyo Aalto: pezzogna ai due condimenti (rapa bianca grattugiata e peperoncino piccante; zenzero ed erba cipollina). Poi un tris di tonno: tonno rosso, ventresca cruda, ventresca scottata, con wasabi fresco e crema di pianta del wasabi

Sashimi da Iyo Aalto: pezzogna ai due condimenti (rapa bianca grattugiata e peperoncino piccante; zenzero ed erba cipollina). Poi un tris di tonno: tonno rosso, ventresca cruda, ventresca scottata, con wasabi fresco e crema di pianta del wasabi

IL SASHIMI - Paolo Marchi apprezza poco in generale il sashimi, «mi pare non molto saporito, quindi insoddisfacente». Risponde Claudio Liu: «Ti invito allora a provare il nostro sashimi da Iyo Aalto, che adotta il sistema della maturazione del pesce, molto molto interessante» (noi di Identità ne abbiamo parlato molto, recentemente, leggi Il pesce? È migliore se NON è fresco. Rivoluzionarie tecniche di maturazione oppure Il metodo di frollatura del pesce spiegato da Luigi Pomata o anche Maturazione del pesce? Una tecnica da provare, parola di Gianfranco Pascucci). Da Iyo Aalto viene fatto maturare sia il pesce bianco che il tonno, «quest'ultimo, ad esempio, per 6-8 giorni, a temperatura controllata e in box sterilizzati. L'esito cambia notevolmente». Ed è squisito.

LA SALSA DI SOIA E IL DASHI - A un pesce maturato il complemento perfetto è una salsa di soia a doppia fermentazione. «Noi ne assaggiamo tantissime, andiamo alla ricerca delle migliori produzioni. Da Iyo Aalto usiamo una salsa soia fermentata due volte, ed è una lavorazione artigianale, c'è una famiglia giapponese che la produce da tre generazioni, la quantità in commercio è bassissima, la materia prima viene loro fornita da contadini di prossimità, la ricetta non è mai stata modificata». Certo, costa molto di più, ma è un po' come accade per il nostro aceto: ve ne sono tipologie molto economiche, di minor pregio, e poi si arriva a sua maestà il tradizionale balsamico di Modena. «Lo stesso per il dashi: per realizzarlo, cerchiamo il miglior katsuobushi e la migliore alga kombu in Giappone e poi li importiamo».

Crispy tamago da Iyo

Crispy tamago da Iyo

LIBERTA' IN CUCINA - L'uomo spesso si crea confini, dice Claudio Liu, che la pensa diversamente, «io mi sento cittadino del mondo». La cucina stessa non deve avere frontiere: «È patrimonio comune. La nostra è d'ispirazione libera, che mira alla crescita, all'evoluzione. Studiamo molto le fondamenta, la tradizione; poi guardiamo avanti, applicando tecniche moderne». Magari contaminando, «penso alla contaminazione tra Cina e Italia del Raviolo proibito di Gong, bellissimo e buonissimo, stile dim sum ma farcito con ossobuco, omaggio a Milano. O a quella nippo-italiana creata dal nostro chef Michele Biassoni per Iyo, penso a Crispy tamago, un uovo di montagna di gallina livornese - ma allevata in Trentino - che viene avvolto con pane panko e con albumina di merluzzo nero d'Alaska marinato nel miso, infine salsa umadashi e pak choi. Un'esplosione di umami». E poi ci sono le due anime di Iyo Aalto: «Il banco sushi, con l'autentica cultura gastronomica giapponese, il menu fisso determinato da quello che troviamo sul mercato ittico e dalla stagionalità. Poi la sala vera  e propria, dove proponiamo quella che io definisco "cucina libera contemporanea", l'espressione più vicina al nostro concetto di senza confini».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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