07-05-2020

Camilla Baresani: non vedo l'ora di tornare nei miei ristoranti preferiti

Intervista Instagram con la scrittrice e giornalista, da anni appassionata di cibo, vino, ristorazione. «Il delivery non fa per me, la grande cucina va apprezzata nella giusta atmosfera»

Dopo Camilla Baresani, intervistata da Paolo March

Dopo Camilla Baresani, intervistata da Paolo Marchi mercoledì 6 maggio, ecco i prossimi ospiti.

Venerdì 8 maggio: Claudio Liu
Sabato 9 maggio: Philippe Léveillé
Domenica 10 maggio: Andrea Tortora

Camilla Baresani, scrittrice e giornalista, da tempo amica di Identità, è stata ospite di Paolo Marchi sul canale Instagram di @identitagolose per una delle interviste in diretta che potete seguire ogni giorno alle 16. E' stata l'occasione per ascoltare aneddoti e riflessioni (anche e soprattutto) sul mondo della cucina e della ristorazione, di cui la Baresani è da anni una grande appassionata, e a cui ha dedicato diversi libri (come Gli Sbafatori, pubblicato da Mondadori nel 2015, o La cena delle meraviglie, scritto con Allan Bay e uscito per Feltrinelli nel 2007). Ne ha scritto poi, dal 2002 al 2011, per Il Sole 24 ore Domenica con la rubrica mensile Diario di una golosa.

Proprio da questa esperienza è partita la conversazione con Marchi, che ha chiesto alla sua ospite di ricordare l'inizio dell'attività di giornalista gastronomica.

«Per arrivare a scrivere di cucina e coronare un mio sogno - ha scherzato Camilla Baresani - sono dovuta passare dalla narrativa. E' sempre stata una mia passione, anche perché sono cresciuta in una famiglia di cosiddetti "mangioni". Il che non è sempre un indice di raffinatezza del proprio palato, ma avevo un nonno, milanese, che era un vero gourmet. Girava sempre con la guida Michelin, era uno dei più grandi clienti di Peck: io stavo tantissimo con i nonni e quindi ogni giorno si andava a fare la spesa da Peck e poi nei negozi vicini: la pescheria, quella splendida bottega di formaggi, di cui ricordo un’enorme vasca con le mozzarelle che aspettavano solo di essere comprate, c’era un po’ di tutto. È stato mio nonno quindi a formarmi, anche con i primi vini di Gaja, sono cresciuta bene insomma. E la fissa del cibo è nata molto presto».

Hai anche scritto una piece radiofonica che si chiamava Al ristorante del buon ricordo, vero?
Sì, in realtà quel titolo era un gioco, perché nel testo ci sono due coppie che litigano furiosamente: i due avventori e i due ristoratori. Dopo il mio primo romanzo mi avevano contattato perché scrivessi questa piece, e con la mia fissa pensai che per ambientare una scena di litigate furibonde un ristorante potesse essere perfetto. Mi era capitato più volte di finire in un bar o in un ristorante, magari a gestione familiare, e di assistere alle scene di una coppia che non si sopporta: marito e moglie, oppure padre e figlio. Battute acide, litigi, tutto davanti al malcapitato cliente che, pur pagando il conto, doveva sorbirsi quei bisticci: un comportamento che ho sempre trovato poco dignitoso. Mi è successo anche di essere in un ristorante molto quotato, diversi anni fa, e di dover ascoltare lo sfogo della moglie del patron, che prendeva le comande: sul governo, le tasse, i fornitori. Ricordo che mentre succedeva, pensavo che al ristorante, particolarmente poi in un certo tipo di ristorante, ci si va per essere felici, per stare bene, non per essere angosciati dai problemi di qualcun altro.

Cosa farai il primo giugno? Tornerai subito al ristorante?
Sì, non vedo l'ora. In particolare di andare nel mio ristorante del cuore, che sta ad Anzio e si chiama Romolo al porto. Il patron Walter Regolanti so che scalpita per riprendere a lavorare, so che sta anche facendo un servizio di delivery che arriva fino a Roma, dove vivo. Consegna i suoi meravigliosi e pantagruelici vassoi di crudi, però io voglio andare da lui a mangiare, in quel posto fantastico, godermi la vista sul porto, osservare le barche dei pescatori andare e venire, i turisti che salgono sui traghetti per Ponza, ed essere felice. 

Quindi il delivery non ti entusiasma?
Onestamente no. Vedo che molti ristoranti di ottimo livello, pieni di riconoscimenti, premi e stelle, si stanno cimentando nelle consegne a domicilio. Ma il rischio è l'effetto rosticceria. Purtroppo la grande cucina deve essere espressa, va mangiata al momento, calda, in una bella sala con la giusta atmosfera, osservando gli altri avventori e i loro vestiti, ammirando i quadri alle pareti, immersi in quell'allure speciale. Con il delivery ti arriva a casa un piatto magari molto raffinato, ma che comunque non potrà essere come viene servito al ristorante: il risultato è una delusione. Ho provato diverse di queste proposte, sia a Roma che a Firenze, e non sono rimasta soddisfatta. Insomma, secondo me se non si può mangiare al ristorante è meglio stare a casa e cucinare. Però ho visto che Beppe Palmieri fa le consegne dei tortellini del suo Generi Alimentari Da Panino: ecco, quello mi interessa, credo che molto presto gli farò un ordine gigantesco. 

Quando potrai tornare al ristorante credi che ti infastidiranno le mascherine indossate dai camerieri?
No, affatto, anzi: credo che mi tranquillizzerà vedere mettere in atto certe precauzioni. Le mascherine, i guanti, i tavoli distanziati. D'altronde mi ricordo quando andai per la prima volta in Giappone, vent'anni fa. Già allora si vedevano moltissime persone girare con le mascherine: bastava avere un accenno di rinite perché decidessero di indossarne una, volendo evitare di contagiare gli altri. Mi è sempre sembrata una questione di rispetto.

Hai firmato La cena delle meraviglie con Allan Bay: quali sono le meraviglie che ti hanno più conquistata nella tua esperienza da gourmet?
Ce ne sono state davvero tante. La cucina dà soddisfazioni incredibili e io sono del tutto incapace di fare diete, mi mette tristezza anche quando incontro qualcuno che mi racconta di essere a dieta. Per me mangiare è una goia vera. Sono nata nel 1961, non ho mai sofferto privazioni in questo senso, ho sempre potuto godere della cucina e delle novità che, dagli anni '90 al primo decennio del nuovo millennio, ci hanno regalato una vera rivoluzione del gusto. Da una cucina un po’ pesante, certamente saporita e divertente, ma anche monotona, siamo arrivati a sperimentare sapori, ingredienti, tecniche di cottura, è stato uno spasso. E non era più una questione di Italia e Francia, siamo stati dappertutto mangiando benissimo, dall'America Latina alla Danimarca. A questo proposito, ho dei ricordi di gioventù rispetto a come mangiavano i nordici: sono bresciana, e mio padre gestiva questo villaggio turistico con campeggio sul Garda, che poi abbiamo ceduto, si chiama Club del Sole. Al tempo vedevo come mangiavano i nostri clienti, e avevamo almeno un 60% di nordici: a parte gli italiani, mi sembrava che tutti gli altri mangiassero in modo davvero discutibile, compresi spagnoli e francesi, ma chi secondo me mangiava peggio erano i danesi. In questi anni abbiamo visto invece una crescita incredibile di quella scena gastronomica, con l'exploit di ristoranti come il Noma di Renè Redzepi,

Hai scritto "Vini, amori" con Gelasio Gaetani d'Aragona. Anche il vino è una tua passione?
Sì: sono sostanzialmente un'edonista, amo sia il vino che il cibo: nella mia idea di edonismo non ci sono i vestiti, ma ci sono il mangiare molto bene, il bere molto bene, avere delle conversazioni con persone colte e interessanti, brave nel loro lavoro, magari vedere delle belle case... Questo non significa che non abbia una coscienza sociale, che non mi renda conto di quello che succede nel mondo, anzi. Ma se poi posso vivere bene, quando capita, cerco di farlo: il vino è certamente parte di questo.

Come saremo alla fine di questa crisi? Qualcuno dice che saremo più buoni, qualcun altro dice il contrario: tu che ne pensi?
Non credo che saremo più buoni, sinceramente. Saremo più cattivi. Anche perché penso che ci saranno tante persone che faranno molta fatica, che non avranno soldi, che perderanno la casa. Credo anche che scomparirà dalla nostra cultura, così come succede da tempo negli Stati Uniti, lo stigma sociale del fallimento. Negli USA capita di fallire e poi ricominciare: penso che purtroppo nel prossimo futuro vedremo fallire anche persone che hanno creato progetti bellissimi e hanno lavorato bene. Sarà la crisi ad avere la responsabilità dei loro fallimenti. L'economia prenderà un brutto colpo e penso che saremo preoccupati, qualcuno non avrà il denaro per dare da mangiare ai propri cari, e questo incattivirà le persone. Probabilmente aumenteranno i furti, e magari saranno commessi da persone spinte dal bisogno, dalla fame. Credo che dovremo prepararci a un tempo in cui saremo più attenti, forse anche più sospettosi, ci sigilleremo in casa. Già negli ultimi anni, comunque, girando per Milano, che è sempre la mia città anche se ora abito a Roma, ho visto crescere costantemente il numero di persone senza casa, che vivono sotto i portici...e adesso che succederà? Purtroppo temo che saremo tutti un po’ più cattivi dopo questa emergenza.

Su cosa stai lavorando in questo momento?
Ho iniziato a lavorare sul mio nuovo libro, quello che arriverà dopo Gelosia (pubblicato nel 2019 da La Nave di Teseo, ndr). Poi avevo scritto il format per un programma che è andato in onda su Rai3Romanzo italiano. E' un racconto dell’Italia, e delle regioni italiane, fatto dagli scrittori. Sono andate in onda le prime otto puntate, dedicate a otto regioni, e ora Rai3 ci ha confermato altre otto puntate, con altre otto regioni. Mancano quattro regioni, ma faccio fatica a trovare degli scrittori da coinvolgere per il Molise o la Valle d'Aosta.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

Consulta tutti gli articoli dell'autore