25-07-2019

Niederkofler, la profondità delle vette

Cook the Mountain che dà i suoi frutti, la gastronomia come traino di un paese. A tutto campo con lo chef altoatesino

Norbert Niederkofler, classe 1961, al timone del r

Norbert Niederkofler, classe 1961, al timone del ristorante St. Hubertus dell'hotel Rosa Alpina a San Cassiano in Val Badia (Bolzano), 3 stelle Michelin

L’Italia unita nel rispetto della terra e delle singole tradizioni e identità locali. È quasi un Risorgimento della cucina nostrana quello che auspica Norbert Niederkofler, chef del St. Hubertus, tre stelle Michelin all’interno dell'hotel Rosa Alpina, il Relais & Château della famiglia Pizzinini a San Cassiano di Badia (Bolzano).

Ideatore e promotore del progetto Cook the Mountain, il cuoco sud tirolese della valle Aurina crede senza remore che il programma da lui creato in Alto Adige finalizzato alla produzione di una cucina rigorosamente stagionale e territoriale, ma specialmente sostenibile, possa essere declinabile in ogni regione del Belpaese: «Non “costruiamo” ricette come si faceva una volta; i nostri piatti giornalieri vengono alla luce in base alla disponibilità della materia prima e la cosa di cui andiamo più fieri è che la guida Michelin abbia assegnato tre stelle a una cucina sul territorio e del territorio. Per questo sostengo che si può arrivare in vetta anche lavorando a uno stile puro siciliano, puro sardo, puro calabrese. Se poi i giovani cuochi si innamorano delle idee significa che riuscirai a conservare la cultura; è un concetto che va ben oltre il semplice pensiero culinario».

Quali sono le suggestioni non gastronomiche che si vivono in questi luoghi? «La montagna è la mia vita; quando cresci qui, nelle orecchie hai suoni bellissimi di vento, di ruscelli, di pietre che rotolano, di versi di animali al pascolo, tutti rumori puliti, puri e sani. È il bello della montagna e sono le vibrazioni che voglio trasmettere con la mia cucina». Ogni forma d’arte è costituita da una trasmissione di vibrazioni: «Sono certo che gli ospiti del St. Hubertus riescano a percepire nei miei piatti le sensazioni della montagna soprattutto grazie all’impegno del personale di sala: ognuno di loro sa esattamente quale sia la filosofia di lavoro e ha il compito di spiegarla al cliente con parole sue, non con una cantilena a memoria, ma con un racconto individuale e sentito. Solo così puoi sposare un concetto e farlo veramente tuo».

Bruschetta con prugna fermentata

Bruschetta con prugna fermentata

Insalata di montagna, pane Puccia croccante, cialda di amaranto, chips di topinambur, kombucha di sambuco

Insalata di montagna, pane Puccia croccante, cialda di amaranto, chips di topinambur, kombucha di sambuco

Lumache, piante ed erbe di montagna, panna, latte e spuma di crescione acquatico

Lumache, piante ed erbe di montagna, panna, latte e spuma di crescione acquatico

Anguilla alla brace laccata con miele al fieno

Anguilla alla brace laccata con miele al fieno

Altre chiavi di lettura le espone Michele Lazzarini, sous chef classe 1991, uomo di fiducia di Niederkofler: «Il rispetto per la terra è cultura: noi riproponiamo tecniche e usi che esistevano già. Quando segui la stagionalità, stai onorando la natura, stai capendo cosa ti offre e cosa ti dice. All’inizio non è facile, dopo un po’ diventano azioni naturali e istintive – e prosegue – La proposta gastronomica non ha bisogno di essere spiegata; anche il cliente che magari non ha mai frequentato locali importanti non fa fatica a capire i nostri piatti perchè hanno gusti che sono nel DNA di ognuno».

Riprende la parola Niederkofler raccontando alcuni aspetti tecnici di una rivoluzione ideologica: «Lavoriamo solo con ingredienti di montagna, senza agrumi, senza olio di oliva, non ci sono verdure di serra. Così i sapori sono netti e profondi. Io amo l’olio di oliva e potremmo usarlo perché è un prodotto di montagna, ma su alcuni piatti potrebbe risultare troppo intenso. Allora usiamo olio di vinaccioli, incolore e insapore, come base da aromatizzare con erbe di montagna. Nasce così, ad esempio, un olio alla verbena che sa di verbena. Il tipo di olio è funzionale al piatto, non deve coprirlo ma valorizzarlo».

Johann Wolfgang Goethe scrisse che “I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi”, eppure Norbert sembra un abile comunicatore: «Ora vogliamo far sapere e vogliamo far vedere; per cinque anni non c’è stato nulla da comunicare e abbiamo lavorato in silenzio per costruire una filiera. Adesso possiamo parlare, non ci nascondiamo e, se qualcuno chiede una ricetta, gliela diamo».

Ma quanto è importante il racconto? «Ho scritto il progetto di Cook the Mountain nel 2008 e siamo diventati operativi nel 2010: pensiero e rispetto per la natura. Comunicare è importantissimo, ma è fondamentale dire la verità, noi non raccontiamo balle, quello che annunciamo al mondo è ciò che realmente facciamo. Lavoriamo senza serra, abbiamo allevatori che ci portano la carne senza pagare intermediari; per eliminare l’uso di una parte di plastica non cuociamo più nulla sottovuoto, cuociamo tutto a fuoco. Non posso ancora eliminare tutta la plastica perché la legge mi impone di conservare alcuni elementi in contenitori di plastica, ma cerchiamo di essere più sostenibili, più seri possibile».

Orzotto, burro di capra, latticello e trito di erbe di montagna

Orzotto, burro di capra, latticello e trito di erbe di montagna

Animella di vitello, erbe acide e pino

Animella di vitello, erbe acide e pino

Lingua di vitello e mirtillo rosso selvatico

Lingua di vitello e mirtillo rosso selvatico

Alzavola laccata al sorbo dell'uccellatore, trifoglio montano, verbena, salsa d'orzo fermentato

Alzavola laccata al sorbo dell'uccellatore, trifoglio montano, verbena, salsa d'orzo fermentato

Michele Lazzarini, sous chef, classe 1991

Michele Lazzarini, sous chef, classe 1991

La sala di un ristorante tristellato è cuore pulsante e perfetto, un sistema provato e collaudato non senza occasioni di confronto: «Operiamo in maniera sistematica; un briefing alle 9 del mattino con tutto il personale di sala e cucina, colazione insieme e comunicazioni relative al menu della giornata. A fine servizio, altra riunione, questa volta fra i capi partita e tutto il personale di sala». Il St. Hubertus si è posizionato alla posizione numero 116 alla recente edizione del The World’s 50 Best Restaurants e il resto dei cuochi azzurri ha avuto risultati non certo lusinghieri: «Massimo Bottura è entrato nella Hall of Fame e abbiamo perso un grande leader, una locomotiva che tirava tutto il comparto. Dovremmo fare gruppo, riassestare tutta la testa e capire dove andare».

Ma forse le difficoltà dell’Italia si spiegano in maniera diversa: «Assodato che per un cuoco il riconoscimento massimo sono le tre stelle Michelin, nella classifica Fifty Best ci sono ristoranti del Sud America, della Cina, dell’Africa, dell’India, dell’Australia, della Russia, dei Paesi Arabi, della Turchia, tutti paesi dove la Rossa non arriva. La Fifty Best è l’unica opportunità che hanno gli imprenditori di questi paesi per farsi conoscere nel mondo. Ovviamente dalla Cina devi tirare fuori Macao, Hong Kong e Pechino dove invece c’è la Michelin, che toccherà pure la Repubblica di Singapore».

«Stiamo tutti lottando per il mercato, per riempire i nostri ristoranti e, se in quei paesi ci sono ragazzi ambiziosi e affamati di successo che vogliono mettersi in mostra, si attivano per attirare l’attenzione internazionale». Non basta però solo presentare una cucina da sogno: «Le pubbliche relazioni oggi contano dappertutto. L’anno scorso siamo stati a Adelaide per Tasting Australia e l’evento viene finanziato dal governo locale con oltre un milione e mezzo di euro per portare cuochi, opinon leader, produttori da tutte le parti del mondo. Quando hanno organizzato la cerimonia dei Fifty Best in Australia, hanno invitato circa 80 giornalisti internazionali con voli business class e gli hanno offerto un soggiorno di 10 giorni per visitare strutture ricettive e aziende gastronomiche, tutto finanziato dallo Stato; altro esempio, il Noma di Copenhagen ha appena ricevuto un contributo statale di tre milioni di euro per aprire una scuola». La domanda poi viene spontanea: «Qui in Italia chi ci dà una mano? Alla fine di una serata, se consideriamo il Pil della gastronomia nazionale, non sarebbe il caso che chi ci governa facesse valutazioni diverse?».

Il futuro, a queste altezze, ha i margini nitidi del cielo limpido: «Nel 2010 è nato mio figlio Thomas e ho deciso che dovevo cambiare direzione; quando arrivi a una certa età, sono poche le cose che hanno importanza: mangiare bene e sano per diventare vecchi nella maniera giusta, onorare le responsabilità per te stesso, per la tua famiglia, per i tuoi bambini e per i tuoi collaboratori e lasciare una traccia di quello che hai fatto. Non vorrei mai che le idee su cui ho lavorato, se io attaccassi la toque al chiodo, andassero perdute, mi piacerebbe invece che ci fosse una squadra di ragazzi che continuasse a operare secondo i miei principi». Così la montagna apre cuore e mente, con pensieri profondi che rendono nobili le anime.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Davide Visiello

classe 1974, sommelier, assaggiatore di caffè e verace uomo del Sud, è alla costante ricerca di sole e cieli azzurri. Nato a Vico Equense e cresciuto a Castellammare di Stabia, ama la cucina quando è innovativa e ha solide basi. Epicureo di cuore e palato, vive e scrive a Palermo, ma mangia e beve ovunque. Collabora con Identità Golose dal 2016

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