14-05-2019
Ovvio. Se ti chiami Massimo Bottura o Gennarino Esposito, Pino Cuttaia o Aimo e Nadia (alias Alessandro e Fabio), se sei Enrico (Crippa) e il tuo trono è in Piazza Duomo ad Alba...di quanto parleremo forse non ne hai bisogno.
Ma se sei Diego Rossi di Trippa, Davide Caranchini di Materia, Gianluca Gorini di DaGorini o anche semplicemente Irina Steccanella di Irina a Savigno l’importanza dei social e del web nella costruzione della “reputation” e’ assolutamente primaria.
Un ristorante, un cuoco, un piatto oggi “non sono”, se non sono spammati, raccontati, fotografati, condivisi e “viralizzati” , come tutti ben sappiamo. Ma quanto è fondamentale tutto questo per la costruzione d’immagine del locale e del cuoco?
Vediamo un po’. Una volta il percorso era lungo. Aprivi un ristorante (e avevi o meno un nome come cuoco, o una location più o meno sofisticata), lavoravi di padella e di relazioni (critici gastronomici, giornalisti, opinion makers che passavano parola) e poi, duramente, con fatica e tempo, forse arrivavano le prime soddisfazioni (emotive ed economiche).
Ma questa “reputazione”, ottenuta così velocemente, è vera ? E’ valida? E’ veritiera e costante nel tempo? O invece il continuo mutare dei giudizi ne minano l’attendibilità? Quanto sono attendibili i giudizi espressi sui social network , quanto rispecchiano la situazione reale? E’ il “numero” dei giudizi che conta o è la loro attendibilità?
E' proprio questo il punto su cui vi invito a riflettere: l’attendibilità del web. Esistono discussioni su discussioni intorno a questo argomento: se un cliente scrive che un certo rinomato ristorante è “troppo caro” o “non gli è piaciuto”, vanno considerate critiche attendibili? O invece queste considerazioni non dovrebbero che riflettere un lecito, ma personalissimo punto di vista?
E di conseguenza: si risponde o no sui social ad una critica? Ho già spiegato più volte, anche su queste pagine, l’inutilità di una risposta.
Una cosa è certa: se parliamo di trattorie, di ristoranti popolari, della nostra cucina di casa, con tutto il rispetto, siamo tutti “giudici abilitati” e ognuno può dire la sua, tutto vale per uno. Se invece cominciamo a salire di “quota” nella difficoltà dei piatti e nella creatività e qualità del ristorante, allora secondo me vale il concetto che vale per l’arte: ognuno può commentare, ma giudicare è per pochi: per chi sa.
Quindi: spazio ai social nella gastronomia popolare, nei nuovi ristoranti, nelle fresche aperture, ma nell’alta cucina (premesso che uno può liberamente esprimere la sua opinione..) quest’opinione lascerà il tempo che trova e la critica su uno chef o un ristorante si baserà sempre di più su chi di gastronomia è esperto e sa parlare.
Non sarà “la gente” sui social a decretare la statura di un cuoco o di un posto. Che piaccia o non piaccia è così. I social lavorano in “larghezza”, in “numerosità”. La reputazione sale con giudizi più rilevanti, più quotati, più rispettati: quelli degli esperti, quelli veri. Era, è e sarà così. Con buona pace degli utenti di TripAdvisor.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Triestino, partito dall'agenzia di pubblicità Armando Testa, ha ricoperto ruoli di vertice nei settori della comunicazione di aziende come Michelin, Honda, Telecom Italia. Oggi è consulente di comunicazione e marketing aziendale e politico, per clienti quali Autogrill, Thevision.com. Tiene lezioni all'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e a quella di Genova. È docente presso Niko Romito Formazione, Intrecci Scuola di Sala e In-Cibum. Presidente dell'Associazione "Le cose cambiano", che lotta contro il bullismo omofobico