28-04-2019

Pane fatto con farina di corteccia, antica tradizione friulana

Chef Stefano Basello lo propone dopo le alluvioni di ottobre. «I bimbi vi possono respirare il profumo dei boschi scomparsi»

Il pane ottenuto da Stefano Basello usando (anch

Il pane ottenuto da Stefano Basello usando (anche) farina di corteccia interna

Un pane per far rivivere gli alberi distrutti dal maltempo che ha colpito il Friuli Venezia Giulia – in particolar modo la Carnia e Sappada -  alla fine dello scorso ottobre. Questa l’iniziativa di Stefano Basello, chef del ristorante Il Fogolar di Udine

Il nostro pane fatto di corteccia interna è storia e tradizione. Le farine ricavate da cortecce interne di alberi o radici si faceva già un tempo, quando i contadini dovevano dare farine di grano o mais da loro prodotte ai nobili. Per potersi sfamare hanno dunque intuito di poter usare cortecce interne e radici per produrre pane o altro. Dunque farine di sussistenza. Da queste tradizioni e da alcuni corsi da me frequentati, tenuti da Valeria Margherita Mosca, è partita la nostra idea di utilizzare le cortecce degli abeti caduti sulle nostre montagne a ottobre a causa del maltempo. Questo pane è realizzato con lievito madre, con l'aggiunta del 20% di farine di abeti bianchi o rossi e licheni.

Visto che, a causa di questo disastro, ci vorranno dai 60 ai 100 anni per tornare a un buon rimboschimento, io e il mio team abbiamo pensato di produrre questi pani per avere un ricordo dei profumi del bosco. Si tratta infatti di un pane molto profumato. Ci piacerebbe anche far sì che magari un paesino della nostra Carnia si caratterizzasse per la produzione di questo pane, così da farne anche strumento di marketing territoriale per stimolare il turismo.

Stefano Basello coi suoi pani

Stefano Basello coi suoi pani

La raccolta di queste cortecce viene fatta da tutto il mio team, con l'aiuto di mio padre, previa concessione della guardia forestale. Questo pane, assieme ad altre quattro tipologie, lo si trova tutto l'anno nel nostro paniere.

È un pane che racchiude il ricordo della nostra montagna e di un dramma, usando una parte di scarto. Ci sono delle vallate spoglie ed è impressionante. Solo tra 60-100 anni si calcola un ritorno di quei boschi. Per questo ci è venuta l’idea del pane di corteccia, affinché i nostri bambini possano continuare a sentire almeno il profumo di quei boschi scomparsi. D'altra parte, avevamo da almeno due anni in testa un'idea come questa: il rispetto della natura e la raccolta di erbe fanno parte del nostro lavoro. Non abbiamo inventato niente. Abbiamo solo ripercorso la tradizione contadina, che era stata dimenticata.

Alcune delle farine utilizzate

Alcune delle farine utilizzate

In una recente intervista a Il Cucchiaio d'Argento ho anche spiegato come viene realizzato questo pane. Dicevo: "Utilizziamo quello che verrebbe buttato. La corteccia è il primo scarto: sotto si forma il tarlo e quindi i boscaioli la buttano via. Noi le raccogliamo a mano e togliamo la parte interna che è la parte viva dove passa la linfa. Si passa poi all'essiccazione (60 gradi per 15 ore), alla riduzione a farina e allo stoccaggio in lotti in base a quanto abete rosso c'è all'interno. A questo punto procediamo con la panificazione con lievito madre. La raccolta delle cortecce va fatta entro tre settimane da quando l'albero è stato tagliato, altrimenti la corteccia perde la linfa e quindi tutti i profumi e sapori. Per questo è un'operazione che abbiamo fatto subito dopo il dramma lo scorso ottobre, appena hanno liberato le strade. Ora cerchiamo abeti caduti, ma che abbiano parte delle radici nel terreno, perché così i principi nutritivi si mantengno vivi".

All'inizio il pane rimaneva molto compatto e pesante. Siamo riusciti ora ad ottenere un buon risultato: crosta finissima e croccante. Quando lo si taglia da caldo escono tutti i profumi del bosco. Basta chiudere gli occhi e sembra di essere tra gli abeti. Un altro problema che abbiamo superato? Gli abeti sono molto resinosi e quindi il sapore del pane di corteccia era inizialmente molto balsamico con il rischio di rovinare il palato. Abbiamo calibrato le farine in modo da sentire il profumo dell'abete senza avere poi la bocca anestetizzata dal sapore molto forte.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Stefano Basello

Classe 1974 da Majano, è chef del ristorante 1905 dell'hotel Là di Moret di Udine. Vi arrivò nel 2007, subentrando nel 2010 a Ettore Troiani alla guida dei fornelli

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