04-03-2019

Sultano narra in 12 ricette la Sicilia come sovrapposizione e complessità

Lo chef dà alle stampe Quaderno Dominazioni Siciliane: piatti che percorrono la storia dell'isola, tra cultura e gastronomia

Il Quaderno Dominazioni Siciliane - dodici ricette

Il Quaderno Dominazioni Siciliane - dodici ricette tra passato e futuro. Ciccio Sultano spiega come la cucina siciliana abbia radici profonde, che affondano nella storia dei popoli che hanno dominato l'isola

Aviti a sapiri ca tanti furunu li patruna
Ca ci misiru li manu [sulla Sicilia] e ficiru fuittuna
[…]
E commu una picciuttedda bedda 
Palermu avia assai nnammurati…
 

Prendetevi il tempo, se masticate un po’ il dialetto siciliano, per ascoltare l'audio “Palermu mia”, la lirica  del poeta Vincenzo Caccamo che canta l’amore verso la propria terra attraverso un racconto evocativo (dal minuto 1:47) delle dominazioni che vi si sono succedute: li patruna e gli nnamurati citati non sono altro che le popolazioni che, dai Fenici in poi, attratte dalla ricchezza dell’isola, se la sono contesa, portando a loro volta un grande patrimonio: lasciti, saperi, tradizioni, tracce che l’hanno resa grande.

Sultano e la cantina del suo Duomo, accolto quest'anno nell’associazione Les Grand Tables du Monde. Sguardo al futuro, studio e celebrazione del passato

Sultano e la cantina del suo Duomo, accolto quest'anno nell’associazione Les Grand Tables du Monde. Sguardo al futuro, studio e celebrazione del passato

Versi che - ci pare- servono da perfetta introduzione al nuovo progetto editoriale di Ciccio Sultano, che del racconto di queste dominazioni ha fatto, da 18 anni a questa parte, una delle chiavi di volta della sua poetica e del suo lavoro intitolandoci non solo il menu del suo bistellato Duomo, a Ragusa, ma dedicandogli ora anche una notevole pubblicazione: Quaderno Dominazioni Siciliane - dodici ricette tra passato e futuro

«Non basta la vita di un cuoco a raccontare la storia della Sicilia» ci dice lo chef, reduce dai plausi e dal successo riscosso a inizio febbraio a Identità Golose Milano, dove ha registrato il sold out per quattro serate consecutive. In questo Quaderno Sultano raccoglie alcuni tra i più interessanti piatti elaborati nel suo percorso che, ci tiene a sottolineare, è in continuo divenire: «Le dodici ricette non saranno certo le uniche: la ricerca continua e l’archivio è sterminato». Sterminato perché infinite sono le influenze che si ritrovano nella cultura culinaria siciliana, complessa e ricchissima proprio perché affonda le sue radici nella storia delle popolazioni che si sono contese l’isola.

La cantina del ristorante Duomo è entrata lo scorso anno nella World’s Best Wine Lists 2018, la lista delle cento migliori cantine al mondo

La cantina del ristorante Duomo è entrata lo scorso anno nella World’s Best Wine Lists 2018, la lista delle cento migliori cantine al mondo

La sua posizione geografica, infatti, l’ha resa automaticamente non solo centro del Mediterraneo ma anche punto di contatto tra Europa e Sud del mondo, tra Occidente e Oriente: «Una posizione ideale che ha attirato, insieme al suolo fertilissimo, le mire dei potenti di turno» ricorda Sultano. Appetiti che hanno trasformato l’isola in una sorta di piazza del mondo in cui, nel corso dei secoli, si sono incontrati, succeduti e contaminati dialetti, ingredienti, influenze, architetture, letterature, abitudini. Queste Dominazioni, lo chef lo sottolinea con forza, «hanno infatti significato anche lasciti, non solo sottomissioni»: lasciti che si sono stratificati nel corso dei secoli e che costituiscono oggi uno degli ingredienti, assieme alla Storia stessa, della cucina di Sultano.

Lungi da essere meramente un libro di ricette, questo Quaderno diventa così anche atlante e compendio di Storia che, come ci ricorda Carlo Ottaviano nella meravigliosa introduzione, nella cucina siciliana fa capolino di continuo. Farsela raccontare dalle ricette di Sultano - “usa i piatti per raccontarci la storia (o usa la storia per inventarsi i piatti?)” -  è un viaggio, un luna park, un racconto in cui lasciarsi guidare e da cui farsi sedurre, per uscirne arricchiti.

Timballo del Gattopardo, una delle ricette raccolte nel Quaderno. Opulenza e grandezza reale per ricordare l’influenza borbonica, «uno degli apici della storia siciliana» secondo Sultano

Timballo del Gattopardo, una delle ricette raccolte nel Quaderno. Opulenza e grandezza reale per ricordare l’influenza borbonica, «uno degli apici della storia siciliana» secondo Sultano

Senza alcuna aspirazione filologica, le ricette raccolte nel Quaderno sono una libera interpretazione delle dominazioni siciliane: un ingrediente, una spezia, una preparazione, una tecnica di cottura importata da genti venute da lontano e reinterpretata e rielaborata dall’estro dello chef.

Tra le belle pagine di questo Quaderno, troviamo così, per esempio, il Tonno bianco, mandorla pizzuta e latte omaggio alla dominazione normanna e chiaro riferimento ai bianchi mangiari, simbolo di purezza spirituale tra le classi agiate del XII secolo. O la Triglia maggiore di scoglio citazione del De re coquinaria di Apicio, del I sec d.C., omaggio alla dominazione romana. Con la Coscia e petto di piccione in salsa fricassea Sultano intende ricordare angioini e aragonesi, campioni di caccia e scalco, mentre con la Scaccia non scaccia (la scaccia è un prodotto da forno tipico della cucina ragusana, ndr) richiama e omaggia «la presenza a Ragusa di un quartiere ebraico».

Tra le pagine del Quaderno non poteva mancare il Tonno “abbuttunatu” con il suo sugo e la salsa di capperi che celebra la dominazione araba la cui lunga sosta nell’isola, dice Sultano, «fa risorgere l’agricoltura e regala tra le altre cose: il riso, lo zucchero, il cotone, gli agrumi, il gelso rosso, il gelsomino, l’anice, il sesamo, i chiodi di garofano, l’invenzione della pasta…».

Tonno abbuttunato, «un esempio di felicità terrena», ispirato dalla dominazione araba in cui Sultano vede un atteggiamento vitale, un esotismo voluttuoso, godurioso, fisico

Tonno abbuttunato, «un esempio di felicità terrena», ispirato dalla dominazione araba in cui Sultano vede un atteggiamento vitale, un esotismo voluttuoso, godurioso, fisico

Quella araba, ci racconta ancora lo chef, assieme all’influenza borbonica – «uno degli apici della nostra storia, checché ne dica la retorica risorgimentale, in cui si vede il segno sì dell’opulenza ma anche della grandezza regale» - è, tra tutte, quella che ha lasciato le tracce più rilevanti nella cultura culinaria dell’isola. «Nella cucina araba, espressione di un popolo colto, interessato alla speculazione scientifica, negli accostamenti dolce salato, nell’uso delle spezie - ci dice Sultano - trovo un atteggiamento vitale, un esotismo voluttuoso, godurioso, fisico».

Un viaggio, questo Quaderno Dominazioni Siciliane, nella geografia siciliana e nella vertigine del tempo - “dodici ricette tra passato e futuro” - ma anche un omaggio, come ci tiene a sottolineare lo stesso Sultano, «alla curiosità e alla fiducia: il contrario del timore».

Ascoltando Sultano ci viene in mente Manifesta 12, la biennale itinerante di arte contemporanea, ospitata dalla città di Palermo lo scorso anno, che ha richiamato nel capoluogo siculo artisti da tutto il mondo, invitandoli ad elaborare ed interpretare il concetto di coesistenza: l’arricchimento portato dal diverso, la fusione tra culture autoctone e alloctone, la contaminazione come crescita e arricchimento. Il main concept della biennale, fortemente voluto anche dal primo cittadino Leoluca Orlando, è infatti stato: “Il Giardino Planetario, Coltivare la Coesistenza”, tema incarnato dal dipinto Veduta di Palermo di Francesco Lojacono, del 1875.

Nella Veduta Lojacono ritrasse uno scorcio del Giardino botanico di Palermo. Ad una attenta analisi, nessuno degli elementi naturali ritratti in questo paesaggio risulta indigeno: gli alberi d’ulivo vengono dall’Asia, il pioppo tremulo dal Medio Oriente, l’eucalipto dall’Australia, il fico d’india dal Messico, il nespolo dal Giappone, persino gli alberi di agrumi, oggi considerati quasi un simbolo della Sicilia, sono un frutto introdotto dalla dominazione araba, eppure: quanta bellezza e armonia, come non vedere la ricchezza portata da fuori che è diventata, col tempo, endemica.

Veduta di Palermo, del pittore Francesco Lojacono. Rappresenta il main concept - Coltivare la coesistenza - di Manifesta12, la biennale di arte contemporanea tenutasi a Palermo lo scorso anno

Veduta di Palermo, del pittore Francesco Lojacono. Rappresenta il main concept - Coltivare la coesistenza - di Manifesta12, la biennale di arte contemporanea tenutasi a Palermo lo scorso anno

E quello delle  “contaminazioni” è anche il tema e il titolo di un nuovo format voluto da Paolo Marchi per la quindicesima edizione del congresso di Identità Golose, che si terrà dal 23 al 25 marzo a Milano: «Sebbene viviamo in un momento in cui il mondo è incline a chiudersi e a vietare, dobbiamo ribadire con forza che la cucina è il frutto di scambio e conoscenza. D’intrecci, inavvertiti e casuali. Di ponti e dialoghi, non muri e sordità - ha ribadito Marchi - Accecati da assurdi nazionalismi, dimentichiamo troppo facilmente che il pomodoro o il caffè, spesso assunti come simboli della cucina italiana, hanno in realtà natali in altri continenti». Esattamente il tema scelto da Manifesta per la sua dodicesima edizione - e sintetizzato dal quadro di Lojacono.

Concetto rappresentato e messo in scena, da ormai quasi un ventennio, dall’arte di Sultano attraverso la sua cucina e ora cristallizzato in questo prezioso Quaderno Dominazioni Siciliane: atlante e ricettario, compendio di cultura culinaria siciliana, mediterranea ed europea, più attuale che mai.

«Io penso che gli artisti siano una specie di radar» diceva Antonio Boschi, collezionista nella Milano di inizi del ’900, assieme alla moglie Marieda Di Stefano, di opere d’arte di artisti allora emergenti del calibro di De Chirico, Casorati, Morandi, Sironi, Fontana. «Con le loro antenne, magari inconsciamente, captano con qualche anticipo sui comuni mortali i valori etici del loro tempo e tentano di renderli nelle loro opere».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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