12-02-2019

Fattoria delle Torri, 30 anni di magie

L'insegna di Barone celebra con discrezione un anniversario importante. E si proietta nel futuro con due ragazzi in gamba

Sgombro affumicato, carciofo, barbabietole e porci

Sgombro affumicato, carciofo, barbabietole e porcini, Fattoria delle Torri, Modica (Ragusa)

Fattoria delle Torri compie trent’anni. E varca la soglia del 2019 con un festeggiamento privato, familiare, ma significativo: Marilù Terrasi venuta da San Vito Lo Capo a incocciare cous cous con - e per - la brigata del suo vecchio amico Peppe Barone. E a celebrare senza bisogno d’enfasi i pilastri su cui si sono alzati questi tre decenni di un vero e proprio avamposto di contemporaneità, in una terra sovrabbondante di antichità: tradizione, tecnica, confine, relazione.

Perché c’è da dire che se Peppe Barone non avesse approfondito negli anni un sapere quasi enciclopedico sulla tradizione siciliana e non avesse allo stesso tempo allenato le mani verso il pieno possesso delle tecniche dell’alta cucina europea, non avrebbe nemmeno potuto spingere - in un’epoca in cui nessun altro avrebbe avuto il sospetto di poterci provare - il confine della visione isolana verso le stesse possibilità che ‘in continente’ si erano già aperte da un pezzo. 

FONDATORE. Peppe Barone

FONDATORE. Peppe Barone

CUOCHI. Gianluca Cataldi ed Emilia Iacono

CUOCHI. Gianluca Cataldi ed Emilia Iacono

Zuppa di patate dolce e tartufo di Baulì

Zuppa di patate dolce e tartufo di Baulì

Ma è quell’ultimo pilastro a definire ancor oggi la grandezza umana, più che ancora che strettamente gastronomica, della Fattoria: la relazione. I nomi, del resto, sono sempre conseguenza delle cose. E come una vera e propria farm nel senso con cui la si intenderebbe oggi nel campo dell’innovazione, la Fattoria è stata nel corso di questi decenni un laboratorio di sperimentazione e formazione che ne fa ancor oggi il centro di una rete che vi è rimasta, se non altro coi ricordi e col cuore, fortemente legata.

Indifferente ad altro genere di velleità così in voga di questi tempi, è stata questa la vocazione che Peppe Barone ha prediletto più di tutte. “Chi cucina con me è spinto da sempre verso un continuo esercizio di stile: restare in provincia, ma sprovincializzare il linguaggio”, spiega lui.

E questo è tanto più vero ora che Barone ha deciso d’essere il patron più che lo chef e ha pian piano consegnato le chiavi della cucina nelle mani di due suoi giovani allievi: Gianluca Cataldi ed Emilia Iacono. Giovani, se non in senso strettamente anagrafico, di certo in quello professionale: laureato in Scienze naturali il primo e in Lingue la seconda, sono arrivati alla sua scuola da adulti e da neofiti. Ma tra tanti con lo stesso destino, loro due hanno meritato il riconoscimento immediato di un talento autentico e di una curiosità tutta da incoraggiare, che oggi dà loro anche la patente di una certa autonomia creativa.

Anatra, arachidi e albicocche

Anatra, arachidi e albicocche

Gyoza in Sicilia

Gyoza in Sicilia

Macco di fava “cottoia” di Modica e ricotta vaccina

Macco di fava “cottoia” di Modica e ricotta vaccina

“Abbiamo avuto la fortuna di essere forgiati sin da subito da un pensiero forte, da un’idea precisa di cucina”, conferma Gianluca, che dei due è quello che non sta nella pelle all’idea di accompagnare i piatti al tavolo e di raccontarne in poche parole la genesi - tanta chiarezza e pochi fronzoli - mentre Emilia resta in cucina, avendo già consegnato a ogni portata il suo occhio speciale per l’equilibrio della composizione: “Oggi cerchiamo di tenere alto l’onore di questa cucina sentendone l’onere. Un ininterrotto confronto, un incessante colloquio con lo chef Barone, ci consente di misurare la nostra voglia di tentare e di crescere con la sua esperienza e la sua capacità di leggere in anticipo le reali potenzialità di ogni intuizione”.

Così si va componendo stagionalmente un menu che, se non tradisce lo zoccolo duro della “Memoria del Maestro Barone”, prima tra le proposte di degustazione tra cui è possibile scegliere - affondando per esempio le narici in un intramontabile Macco di fave con ricotta vaccina, reso poi irresistibile al palato da un nuovo gioco di consistenze e dolcezze azzeccato grazie a uno spolvero di grani grossi di nocciola e santoreggia, o lasciandosi incuriosire da un tradizionale Coniglio alla ‘stimpirata' (tipica preparazione locale a base di verdure in agrodolce) trasformato in farcia per una cresta di gallo ripassata nel liquore al cioccolato -, scioglie poi le briglie in un percorso decisamente più originale, che tuttavia non perde mai la bussola né sfiora il rischio di deragliare.

Un approccio sobrio e colto, pochi ingredienti in equilibrio, una semplicità ostinata ma non scontata attraversano anche i piatti più esplicitamente attribuibili alla ricerca di Gianluca ed Emilia, che certo dal loro ‘maestro’ hanno assorbito innanzitutto una qualità che si è epigeneticamente impressa nel dna dei cuochi del Sud Est siciliano: considerarsi al centro tra la terra e il mare, anello di congiunzione tra la ricchezza dei pescatori e la sapienza dei contadini.

Cresta di gallo alla stimpirata

Cresta di gallo alla stimpirata

Baccalà, mango e tè lapsang souchong

Baccalà, mango e tè lapsang souchong

Torrone

Torrone

E ne vengono fuori piatti capaci di far compenetrare con delicata pienezza le materie degli uni e degli altri. Su tutti lo Sgombro affumicato, intenerito dalla bassa temperatura e da un abbraccio di deliziosi funghi di Ferla saltati all’antica, col burro, che pure si mantengono tonici grazie all’accostamento coi carciofi al timo e la salsa di barbabietola. E un davvero sorprendente Spaghetto alle vongole, un grande classico certo, ma che in pochi secondi svela all’ospite a tavola almeno tre sorprese: lo spaghetto stesso, impeccabile, impastato all’uovo e tirato a mano da Gianluca, un profumo che giunge da lontano, grazie alle gocce d’ostrica frullata, e, ad arrotondare tutto, il legante di una sottile salsa alla nocciola.

Se non mancano lungo il percorso altre essenziali seppur notevoli intuizioni - il Petto d’Anatra, ad esempio, con salsa d’albicocche, crema di arachidi e fegato al Marsala - si rivelano concreti e appaganti anche quei piatti che, letti sul menu, potrebbero sembrare solo ambiziosi tentativi di emulazione e contaminazione: è il caso dei Gyoza di verdure e zenzero, a cui le creme di mandorle e patate allo zafferano danno invece personalità e un’intensità tutta siciliana, o del tè lapsang souchong insieme al gelato di mango, che si rivelano due intelligenti espedienti per far virare il Baccalà in un’inedita direzione di morbidezza ed eleganza.

Così, in questo intimo e raffinato salotto tra le “torri” di Modica, si sperimenta un comfort sempre nuovo e si ci alza da tavola leggeri e pronti a ricominciare da capo. Per almeno altri trent’anni.

Fattoria delle Torri
vico Napolitano, 14
Modica (Ragusa)
+390932751286
Prezzi medi: antipasti 16, primi 18, secondi 22, dolci 9 euro
Chiuso domenica sera e l'intero lunedì


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Concetta Bonini

classe 1987, giornalista professionista testardamente modicana, sommelier in formazione permanente. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie, persone e imprese legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo

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