22-01-2019
Camilla Corbelli e Mariano Guardianelli, lei riminese doc, lui argentino: sono le due anime dell'Abocar Due Cucine a Rimini. Guardianelli sarà tra i protagonisti di Identità Milano, nuova sezione Contaminazioni, parlerà dal palco sabato 23 marzo alle 12,15 in sala Blu 2
La ciudad de Arroyito è un piccolo agglomerato urbano nel centro nord dell’Argentina, nel distretto di Córdoba. Un rettangolo piuttosto definito di case e di costruzioni basse, piazzato nel mezzo di altri rettangoli ben distinguibili anche dal satellite: praterie e steppe, e campi a perdita d’occhio dedicati alle colture - prevalentemente leguminose - e agli allevamenti estensivi, marchi di fabbrica della zona e per molti anni alla base della sua economia, prima dell’arrivo dell’industria. Terra rurale di pamperos (i coltivatori della pampa) e di gauchos. Da qui è partito Mariano Guardianelli, chef patron del riminese Abocar Due Cucine, ristorante che gestisce da 5 anni assieme alla compagna Camilla Corbelli.
Mariano Guardianelli
Camilla Corbelli
La coppia dell'Abocar Due Cucine
Alcuni piatti sono già diventati dei must: Seppia, brie e carote (l’unico rimasto in carta dal 2013 – è una tagliatella di seppia su una zuppetta di brie e purè di carote: richiestissimo)
Altro piatto ormai classico, il Tortellino Abocar di stracotto di manzo, mortadella, parmigiano e salsa al limone
Tra le 4 proposte (ci sono piccoli menu di carne o di pesce da 5/6 portate, o un Grande Abocar da 8) abbiamo optato per il menu Manos Libres dove è lo chef a decidere, perché «è quello che ci lascia esprimere e ci fa raccontare meglio qualcosa di noi». Le sorprese non sono mancate. Eccole, partendo dagli appetizer.
Tapioca & Sottoya: la sottoya (a destra nella foto) è una maionese di salsa di soia e scalogno (la gente ne è impazzita, tanto che è iniziata una piccola produzione per la vendita di vasetti al pubblico), da intingere con le chips sottili e croccanti di tapioca, si intravedono in alto. Poi Lemon pie (a sinistra nella foto): tartelletta ripiena di patata dolce, cioccolato bianco e meringa al limone, con polvere di limone tostato sopra. È da mangiare in un sol boccone, per far esplodere la fresca acidità agrumata.
Mate e caprino: il mate è un’erba nativa del Sudamerica solitamente utilizzata per infusi o come tè. Dalla lavorazione della foglia triturata Mariano ottiene dei dischetti croccanti, farciti con caprino e guarniti di un gel di pompelmo rosa
Zuppa: vellutata di zucca, semi di zucca, frutto della passione e peperoncino giallo leggermente fermentato. Cambia spesso, infatti viene presentata come “zuppa del giorno”
Cavolfiore tartufo: «Abbiamo fatto almeno dieci prove sulla cottura: avvolgiamo il cavolfiore in un impasto di acqua, farina e sale. Lo passiamo in forno a 200 gradi un’ora e mezza prima di andar via la sera lasciandolo 3-4 giorni a maturare, così da fargli prendere un profumo di sottobosco e terra. Da lì è stato naturale l’accostamento con il tartufo nero. La salsa è una riduzione di cavolfiore fatta in una pentola coreana a pressione (la Ocoo) che permette al vegetale di cuocere a temperatura più bassa, facendolo maturare: risultato della cottura è un succo molto scuro di cavolfiore, che viene ulteriormente ridotto e filtrato ottenendo una crema densa e di saporita intensità. Ah, c’è un’emulsione di lardo (sciolto ed emulsionato con latte di soia come fosse una maionese): avvolgente! Un piatto tondo che nella stagione fredda trova la sua collocazione ottimale
Animelle e rapa: «L’animella è un ingrediente che ho sempre avuto in testa, la lavoravo molto quando ero in Francia (con “squintalate” di burro): un giorno ho deciso di inserirle in menu (ci ho messo un po’ a scegliere il fornitore da cui acquistarle) provandone diverse». Sono cotte alla griglia e adagiate su una salsa di mandorle (metà armelline, metà mandorle dolci). Per dare ulteriore spinta acida la chiusura con la rapa bianca marinata e una riduzione di melograno e fiori di karkadè. Altro piatto molto convincente
Tortellini: ripieni di garusoli (lumachine di mare, a Rimini sono chiamate anche mulici, o boboli), aglio, finocchietto e peperoncino jalapeño (per la spinta piccante) mantecati con un burro acido alle alghe. Tocco finale il brodino di scarti: fegati di seppie essiccati e infusi, conditi con un filo di colatura di alici. Lo annusi e senti il mare della riviera romagnola. Lo assaggi ed è una bomba di sapore e gusto
Aletta di rombo: «Ci sono parti meno nobili del pesce in cui trovi tutto un concentrato di sapore: le alette, la testa, le guance». Da mangiare con le mani, l’aletta è cotta alla brace come uno spiedino (per dare mielosità alla carne e alla parte collaginosa) e spennellata con il chimichurri («Una cottura che mi fa pensare ad un asado, per il concetto di cottura della carne alla griglia e alla salsa: così torno un po’ a casa»)
Rombo: tutto quello che resta del rombo (testa, coda, spine) viene spezzettato, fritto a lungo e portato in pentola a pressione insieme a odori come aglio e alloro, per creare un fondo saporitissimo. Il pesce è sfilettato in precedenza con un’antica tecnica giapponese (ikijime, permette in sostanza di mantenere tutta la consistenza naturale e tutto l’umami della carne), cotto in piastra e lasciato riposare qualche minuto in forno
Pancia di maialino, tartufo bianco e fugazzeta: il maialino è cotto a bassa temperatura, con il suo fondo, tamarindo, origano, cipolline sottaceto, una grattata di tartufo bianco. Tanta Argentina anche con la fugazzeta, in questa portata una sorta di cipollata caramellizzata (ma in realtà è una focaccia sudamericana farcita di cipolla e formaggio)
Terere: mate a freddo, gelato di mate e peperina (quest’ultima è un’erba che cresce soltanto in Argentina, nella provincia di Cordoba e dintorni), marmellata di limone, capperi e finocchietto selvatico. Il sasso da portata è ghiacciato, per dare ulteriore sensazione di freschezza coinvolgendo anche il tatto
Zucca, mascarpone e rosmarino: il mascarpone fresco è prodotto a Faenza. La zucca lavorata con una tecnica millenaria usata dagli aztechi in Messico: la nixtamalizzazione. La ricetta originale prevede il mais bollito con la calce: quando il chicco calcifica, viene portato in mulino per essere schiacciato, producendo una massa che viene lavorata per farla diventare una tortilla. In Argentina si usa lo stesso processo, ma con la zucca. Quindi invece di bollirla (si disfa) viene cotta in acqua e calce per una notte. Si cuoce uno sciroppo e si mette in un barattolo grande insieme alla zucca a pezzettini e si mangia insieme al mascarpone: è quella l’idea del dolce. Mariano, invece del passaggio in barattolo, fa essiccare la zucca per cristallizzare lo zucchero, ottenendo una consistenza leggermente croccante in superficie ma gelatinosa e gommosa all'interno, come se fosse una caramella di zucca
Fortemente argentina anche la piccola pasticceria finale: muffin di arachidi e oliva nera, alfajor (un biscotto di mais con il dulce de leche), cioccolatino di ciliegia sotto spirito e arance secche candite, che concludono un pasto di straordinaria generosità
Abocar Due Cucine via Carlo Farini 13, Rimini tel. +39 0541 22279 abocarduecucine.it menu degustazione a 39, 56 e 68 euro chiuso domenica sera e l'intero lunedì. Mai d'estate
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
abruzzese, classe 1979, nel mondo della comunicazione dal 2001. Negli ultimi anni ha maturato una specie di ossessione per la ricerca continua di cuochi emergenti. Mangia, beve, scrive: di territori e ingredienti, di produttori e cuochi. E scatta tante foto, per non dimenticare nessun particolare