06-09-2018
Daniele de Michele, in arte Don Pasta. Performer, dj, economista, attivista del cibo (come l'ha definito il New York Times), scrittore. Ora anche autore e regista del film "I Villani": 76 minuti dedicati a quattro storie popolari, di cibo, di pesca, di agricoltura, di allevamento. Con la partecipazione del vignaiolo dell'Oltrepò Lino Maga, in qualità di voce narrante
Chi aveva partecipato al simposio organizzato a Modena lo scorso 24 luglio per la consegna del Basque Culinary Prize, con Massimo Bottura a fare da padrone di casa, aveva già avuto modo di osservare qualche estratto da "I Villani", il film pensato e scritto da Don Pasta, all’anagrafe Daniele De Michele, insieme ad Andrea Segre e prodotto da Malìa con Rai Cinema.
Allora Bottura l’aveva chiamato, unico relatore italiano oltre a lui, per un intervento. Oggi, invece, giovedì 6 settembre, Don Pasta arriva alla Mostra del Cinema di Venezia per la prima vera anteprima del film, che sarà proiettato nell’ambito delle Giornate degli Autori. E per l’occasione lo abbiamo raggiunto per farci raccontare il suo nuovo progetto: iniziando proprio dall'origine.
«E’ un’idea che è nata quasi contemporaneamente ad Artusi Remix - risponde Don Pasta, citando il libro con cui ha affrontato l’eredità ufficiale del grande codificatore della cucina italiana, di cui abbiamo scritto qui -. Avendo raccolto oltre 500 ricette in giro per l’Italia, ci tenevo a conoscere chi mi aveva scritto in quel periodo, perché mi era sempre più chiaro come ci fossero ancora tantissime persone che conservavano un’idea di cibo come nutrimento dell’anima e come legame identitario con la propria storia. Così ho iniziato a incontrarle, documentando questi momenti in piccoli video intitolati Nonne d’Italia in cucina. Dopo tutti questi incontri ho iniziato a immaginare un lavoro di sintesi: "I Villani" è questo tentativo di sintesi, un modo per raccontare un sistema di valori che ho conosciuto e approfondito in questi cinque anni».
Michele e Santino Galasso, pescatori e coltivatori di cozze
Modesto Silvestri, allevatore
C’è poi un quinto personaggio nel film. A cui hai affidato il compito di voce narrante: si tratta di una figura davvero iconica per il vino italiano, Lino Maga, quello “Sciur Barbacarlo” che Gianni Brera amava tanto e che a 87 anni è ancora oggi un simbolo. Perché e come l’hai coinvolto? Intanto credo che Lino sia il precursore dei vini naturali in Italia, anche se penso che lui non si senta tale. Direbbe che ha fatto semplicemente quello che si è sempre fatto in Oltrepò. E’ un altro esempio di conflitto con la modernità e rappresenta perfettamente quel sistema di valori di cui parlavo: non a caso figure emblematiche della nostra cultura come Pertini, Veronelli, Brera e Mura l’hanno sempre considerato un loro eroe. E quando lui portò avanti una lotta decennale sulla DOC Barbacarlo, ebbe costantemente il loro sostegno. Ma di lui mi hanno conquistato molte altre cose, come le verticali di degustazione che organizza per i senzatetto. Lino Maga è un cultore e un depositario della storia rurale, rappresenta una dimensione sociale e umana del cibo e del vino: avevo bisogno della sua saggezza, anche in un film in cui in realtà non si parla di vino. Coinvolgerlo significava poter sottolineare quella sua convinzione che il vino sia altrettanto un cibo, e un cibo del popolo. Così ho deciso di lasciare a lui la parola: io non compaio mai nel film, è Lino a spiegare e introdurre i nostri protagonisti.
Salvatore Fundarò (qui con un suo assitente), contadino e cantastorie
Luigina Speri, contadina e allevatrice
"I Villani", dopo l’anteprima veneziana, sarà distribuito nelle sale a novembre.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare Instagram: @NiccoloVecchia