04-09-2018
Tommaso Pennestri e Valeria Payero, chef e sommelier: da poco più di un anno hanno aperto la Trattoria Pennestri a Roma, raccogliendo un immediato successo
Sono lontani i tempi in cui a Roma le trattorie e le osterie erano l’unico modo di fare ristorazione. Sono lontani i tempi degli acquarelli di Ettore Roesler Franz che ritraevano una Roma fatta di mandrie al pascolo, di macellai, di popolani e di osti che chiamavano il vino con il loro nome: il tubo (1 litro), la foglietta (1/2 litro) il quartino (1/4 di litro), il chierichetto (1/5 di litro) e il sospiro (1/10 di litro).
Le osterie e le trattorie sono da sempre il filo rosso che collega Roma alla sua storia e alle sue ricette: l’abbacchio, le zuppe, il baccalà, il quinto quarto e tutte le possibili variazioni esistenti di fettuccine, ragù e ogni tipo pasta. Ma in ogni trattoria, grande o piccola, popolare o casareccia, l’importante era l’atmosfera, quel sentirsi a casa mai forzato, mai volutamente cercato, con quella chiacchiera spontanea e ben voluta tra il servizio di sala e il cliente. Sentirsi a casa dunque. Mangiare fuori come a casa.
Una storia curiosa la loro: Tommaso, madre danese e padre italiano, e Valeria, argentina di nascita, ma italiana da ormai 25 anni, quindi non esattamente figli degli stornelli trasteverini. Hanno aperto da poco più di un anno, passando attraverso il (quasi) classico percorso di Tommaso, che ha frequentato il liceo artistico (niente alberghiero) formandosi – dice lui – in maniera alternativa e più elastica rispetto a quelli che potrebbero essere gli studi tradizionali; sono arrivati successivamente i consueti corsi e tanta esperienza formativa in cucina (Don Alfonso 1890, a Sant'Agata dei Due Golfi, e due insegne romane: Sans Souci e Osteria dell’Ingegno).
La sala
Ma qual è il processo che forma un simile ambiente lavorativo, che ne definisce i confini e ne delinea i tratti? Prima di inaugurare, Tommaso e Valeria hanno girato tanto, hanno osservato gli amici, i conoscenti e i potenziali concorrenti, hanno guardato con occhio critico tutto, dalle varie tipologie di arredamento alle possibili identità di trattorie vecchie e nuove, si sono soffermati su quelle più classiche, ferme – secondo loro – per pigrizia a un menu codificato a fine anni settanta, hanno guardato e provato quelli che per loro erano i migliori, da cui imparare qualcosa, senza snaturarsi, ma comprendendone il percorso, da Cesare al Casaletto fino a Trippa a Milano. Tanti esempi utili per cercare sempre di migliorarsi e trovare il giusto ambiente, quello della Trattoria romana di oggi al passo con i tempi, che si lascia influenzare anche da quanto accade fuori.
Una lista fatta di tanta stagionalità quanto di piatti che non vorresti mai togliere (anche per volontà del cliente), perché quando ti arrivano gli Spaghettoni con salsiccia, fave, menta e pecorino freschi di stagione, capisci e intuisci che la scampagnata è dietro l’angolo e che non vorresti più andare via.
Pasta e cicoria, olive, lenticchie e finocchietto
L’ultima vera perla è il servizio di sala a cui i ragazzi tengono moltissimo, e che senza ombra di dubbio è tra i più informali, preparati, accoglienti e professionali che si possa trovare in giro. Troppo spesso il servizio è lasciato andare alla ‘come va’ ed è davvero piacevole poter sottolineare che anche in un giovane locale ci sia tanta attenzione. Forse qualcosa sta davvero cambiando nella mentalità ristorativa in tal senso.
Valeria con le ragazze di sala
Lo staff al completo
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
classe 1971, nasce grafico, disegnatore e curioso. Apre il suo blog bloggokin.it nel 2005 quando non era ancora una moda, da allora si occupa e scrive di creatività e di tutto quello che gli gira intorno, cibo e ristorazione compresi. Nel 2016 lancia tutto da solo, la campagna #AMAtriciana per aiutare la popolazione del centro italia colpita dal terremoto e coinvolge tutto il mondo. Il suo motto: giro, vedo gente, mangio cose