30-06-2018

Osteria Tirabusù a Salò, poesie di lago

Sulle rive del Garda, Niccolò e Daniela sfidano la mentalità del turista con una cucina di cuore, attenta al particolare

La Nostra sarda di lago dell'Osteria Tirabusù

La Nostra sarda di lago dell'Osteria Tirabusù di Salò (Brescia), +39.342.0949650

Il lago di Garda diventa indimenticabile se lo assaggi. Nell'essenza della sua semplicità, fatta soprattutto di amore e passione. Fermatevi a Salò, godetevi le suggestioni di un paese che ha scritto una pagina importante della nostra Repubblica, passeggiate sul lungolago e addentratevi lungo via S.Carlo, il cammino dello struscio e dello shopping. Ci troverete tanta gente e tanti locali, la maggior parte dei quali “incatenati” dai cosiddetti menù turistici, paghi poco ma non puoi pretendere certo di portarti via l'anima di quella terra. 

E allora fate qualche metro in più, staccatevi dalla folla, salite qualche gradino e spingetevi in piazza Sant'Antonio, una delle più antiche di Salò, dove vi sarà facile scorgere l'Osteria Tirabusù. In dialetto bresciano il tirabusù è il cavatappi, per dirvi subito che qui il cibo è un percorso in sintonia con etichette di eccellenza del territorio. “Mi piace la magia delle vecchie mura – presenta il locale la proprietaria, Daniela Confortini -, di questo posto mi sono innamorata subito e ho cercato di conservarne lo spirito oltre che qualche dettaglio importante. Nel 1400 qui c'era il convento di Sant'Orsola e probabilmente nella stessa ala del ristorante c'era la loro mensa”. 

Le pareti sono spesse, l'architettura è lieve e il calore del legno ti fa sentire subito a casa tua. Qui il cibo è storia vera che non si è svenduta né al turismo mordi e fuggi né allo straniero che arriva sul Garda e insegue la carbonara o l'amatriciana. No, qui si gusta l'anima di un territorio caratterizzato da una ragnatela di condivisioni a chilometro zero. Certo, bisogna avere la voglia di crederci e la volontà di cercare quelle “unicità” che rendono speciale ciò che cucini. “Proprio così – sottolinea Daniela -, non scegliere su un catalogo o via internet, ma andare a cercare quello che vuoi e creare un rapporto di reciproca fiducia tra te e il produttore. Sa, a volte ci troviamo a metà strada per le consegne, io gli vado incontro. E'  tutto più faticoso, ma è anche la poesia del buono ”. 

Al Tirabusù ogni piatto ti racconta un luogo, un angolo, una pianta, un colore di quella terra di lago. Un'idea coraggiosa partita  da una donna bresciana che 6 anni fa ha scelto di mettersi alla prova con un'altra forma di armonia e di rispetto, lei che per oltre 20 anni aveva lavorato nelle amministrazioni pubbliche come architetto paesaggista. “Poi – spiega Daniela - arriva un giorno che non ne puoi più di politica e burocrazia e cerchi di fare qualcosa di tuo a modo tuo. Una sfida, chiamiamola così. Avrei cambiato gli strumenti ma non avrei smesso di raccontare storie di natura e di uomini. Avevo le idee chiare: una cucina abbinata alle bottiglie giuste, produttori che non tradissero le loro origini e sopratutto ricette che sapessero comunicare le specificità del Garda”. 

Il suo sorriso è deciso: “Volevo qualcosa che fosse lo specchio di questo lago, senza i guadagni facili di una pizza o delle solite lasagne al forno. Volevo che la nostra cucina fosse e restasse un ricordo legato a qui e solo a qui. Non è facile cambiare la mentalità del turista che si accontenta del menù da 10 euro o punta diretto allo stellato. Ma se sfida doveva essere, tanto valeva porsela di quelle toste”. Il locale è ampio, 70 coperti, aperto tutto l'anno e con la caratteristica che ogni portata diventa un racconto. “E' vero – spiega Daniela -, servire un piatto vuol dire narrarne la sua sapienza antica e il tuo approccio moderno. Al Tirabusù non ci limitiamo a tramandare un sapere, ma vogliamo anche ascoltare le sensazioni che un piatto suscita. Abbraccio totalmente l'idea che si cucina sempre pensando a qualcuno, altrimenti stai solo preparando da mangiare. Cucinare è comunicare”. 

Non è facile, lo sa bene Daniela che a cucinare (e bene) ha imparato grazie al Tirabusù, ma per trovare uno chef che sposasse appieno la sua concezione di ristorazione e ospitalità ha faticato. Un paio di passaggi a vuoto e poi l'incontro casuale con Niccolò. “Una sera di settembre – ricorda - me lo sono ritrovato a cena. Non ci conoscevamo, abbiamo parlato per ore e ci siamo accorti di come i nostri pensieri si sovrapponevano su tante cose e dove non capitava c'era comunque la voglia di dialogare e di cercare il confronto. Non è facile, spesso lo chef si presenta come il depositario di un sapere che non ammette intrusioni”. 

Risotto tutto salmerino

Risotto tutto salmerino

Niccolò Bernabè ha 30 anni, ha frequentato l'istituto alberghiero di Ivrea ed è arrivato al Tirabusù dopo 15 anni di esperienza in hotel a 5 stelle, tra Italia e Francia, dove ha voluto soprattutto “imparare le tecniche di cottura, di lavoro e di organizzazione per poi riuscire a portarle in un posto come questo”. Se ascolti la storia di Niccolò intuisci subito che in lui c'era già molto per essere in sintonia con lo spirito di Daniela. Cresce in un piccolo paese tra Ivrea e Torino, dove gli orti hanno ancora un senso e nonna Maria glielo insegna presto.

"Lei – racconta Niccolò – ha 91 anni e ogni mattina si alza ancora alle 6 per andare a bagnare l'orto. Io ricordo che da bambino non rubavo le caramelle, ma andavo là a mangiare i piselli di nascosto. Ho imparato presto a divertirmi in cucina e lo facevo anche lavando padelle e sbucciando patate. Da ragazzino volevo fare il cuoco o il massaggiatore in una squadra femminile di pallavolo. E' stata una gita scolastica in 3a media a chiarirmi definitivamente le idee”.  Prosegue: “Eravamo a Comacchio, quando vedo per strada un Ape che vende panini con l'anguilla. Quel panino mi folgorò, decisi che quella era la mia via: preparare cose buone. Quell'anguilla la considero il mio portafortuna, l'ho voluta in menù anche al Tirabusù”. Ed è qualcosa di particolare l'anguilla arrostita con cipolle al vino rosso e salvia (19 euro), che attraversa diversi passaggi di cottura, senza sale o grassi, per conservare una nitidezza di sapore senza intrusioni. 

E se sono i particolari che fanno la differenza, ecco che allora il cestino del pane, con focaccine calde, grissini e sfoglie di mais diventa l'esempio di come il concetto di semplicità sia accostabile solo a “ci vuole una vita per imparare”. L'abilità di uno chef, la qualità di un territorio ma anche l'ostinata tenacia di una proprietaria che intuisce che il meglio è racchiuso in piccoli numeri. Vale per le cantine prescelte ad accostare con la loro produzione limitata (impossibile non iniziare con un Lugana di Cà Lojera) i piatti serviti, ma vale anche per la qualità eccelsa dei formaggi e dei salumi che arrivano su tagliere da aziende “selvagge”, così come le verdure provengono direttamente da orti bio e l'olio extravergine Tosoni (prodotto dall'azienda agricola Levada). Daniela e Niccolò lo dicono con orgoglio, ma senza supponenza: il Tirabusù fa parte dell'alleanza Slow Food per valorizzare i prodotti dei presidi e delle piccole aziende locali spesso a rischio di scomparsa. 

“Noi – rimarca Daniela – non abbiamo un menu degustazione, preferiamo dare un'ampia scelta che tiene conto tanto del pescato quanto dei raccolti di quel giorno”.  E allora fatevi consigliare, sapendo che verrete coccolati. Non perdete la “sarda di lago a modo nostro”, ovvero in escabeche con polenta biancoperla (presidio Slow food) e cipolle stufate in una riduzione di barbabietola ed avere la certezza “che da noi ogni sardina non sarà mai uguale all'altra”. Così come il luccio fatto a piccoli tocchetti, servito con polenta di Bedizzole e un trito di capperi, olive e peperoni (14 euro). La ricerca della manualità e del c'era una volta la ritrovi nello spaghettone fatto al torchio e accostato magistralmente a sarde di lago, pane aromatico e Limone confit (14 euro). Il limone, uno dei simboli profumati del Garda, diventa poesia cromatica nella tartelletta (8 euro), impreziosita da capperi canditi, meringa all'italiana e una spolverata di liquirizia. Un gran finale, elaborato dalla stessa Daniela che per i dolci ha un'abilità e un'inventiva particolare.  

E così se ti gusti tutto con calma e le altrettanto dovute chiacchiere, ti accorgi sin dalla prima volta che il Tirabusù è un luogo dove cucinare vuole essere un racconto di sapori, di persone e di paesaggi. E se fai tardi, come è capitato a noi, non toglietevi un'altra meraviglia: un soggiorno a Salò nell'agriturismo Podere Nigriano (via Renzano 8, telefono +39.347.9689096), appena aperto dopo una ristrutturazione e interamente immerso nell'uliveto di quasi 8 ettari, con un'invidiabile vista sul golfo di Salò. Qui tutto profuma di buono come l'olio che viene prodotto e, se siete nella stagione giusta, ha i colori dei ciliegi in fiore. 

Osteria Tirabusù
piazza Sant'Antonio, 25
Salò (Brescia)
+39.342.0949650
Prezzi medi: antipasti 14, primi 14, secondi 19 euro
Sempre aperto, a pranzo e cena


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Paola Pellai

giornalista professionista, nata in un'annata di vino buono. Ha spaziato in ogni settore, dallo sport alla politica perché far volare in alto la curiosità è il sistema migliore per non annoiare e non annoiarsi. Non ha nessuna allergia né preconcetto alimentare, quindi fatele assaggiare di tutto. E se volete renderla felice, leggete il suo libro di fotostorie, Il tempo di uno sguardo

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