15-05-2018
Antonia Klugmann, triestina, classe 1979, è al timone del ristorante L'Argine a Vencò, Dolegna del Collio (Gorizia). Foto Brambilla/Serrani
Antonia Klugmann è una donna ricca di creatività e rigore. Una cuoca forte e inquieta, di un’inquietudine che trasforma in cibo, tra sofferenza e sprazzi di felicità. Determinata e fragile, ha fragilità che sembra arrivare da un dolore forte. Non ne parla, lascia trapelare qualcosa ma poi finisce sempre per concentrarsi sulla cucina e sull’importanza del sentirsi libera nel cucinare, così come le ha insegnato la nonna materna, un esempio femminile importante: «Sicuramente», spiega all’inizio della nostra intervista, «non sarei la donna che sono se non ci fossero state delle donne nella mia famiglia che prima di me erano libere. Le donne libere insegnano a essere libere». Da chi hai avuto la più grande lezione di cucina? Io imparo da tutti. Ho i recettori sempre aperti e ogni informazione che recupero entra dentro di me. È la cucina che m’insegna tutti i giorni, che mi riporta sempre a un livello di concretezza, dettato proprio dalla ripetizione del lavoro artigiano.
Antonia Klugmann cuoca dell'anno per la Guida di Identità Golose 2012
Il ristorante L'Argine (foto Mattia Mionetto)
E poi cosa è successo? A me interessava in realtà la parte creativa della cucina, e poter essere creativa era una cosa che mi dovevo guadagnare diventando il capo. E questo è diventato il mio obiettivo. Poi purtroppo ho avuto un incidente in macchina, e sono rimasta ferma a casa per un anno: la mia attività nel corso della giornata era coltivare, raccogliere, fare passeggiate, e studiare la botanica. L’episodio ha inciso sulla tua cucina? Credo che la mia cucina sia tecnicamente semplice, non è una cucina solo per gourmet preparati. Io cucino per come mi piace mangiare. Essendo io il mio peggior cliente sono sempre in continua discussione rispetto a quello che faccio. L’ingrediente per me è l’elemento che fa scattare la creatività, e immaginando il mio ristorante ideale e concentrandomi sulla centralità dell’ingrediente, l’orto è diventato il cardine. E la raccolta è diventata inevitabilmente parte integrante della costruzione del menu. I ragazzi giovani che si approcciano alla mia cucina devono affrontare questo tipo di apprendimento, e questo è una cosa a cui non siamo più abituati, sacrificare il proprio tempo per la raccolta. Tutto questo porta con se alcune questioni: i cuochi devono trovare il tempo all’interno della giornata per raccogliere la frutta; devono sistemarla, e quindi organizzare lo spazio, che in un ristorante piccolo come il mo non è così semplice. E infine devono avere il tempo di lavorare la frutta, che maturando tutta insieme crea problemi. E allora ho deciso di trattare la frutta in modo diverso dal solito, facendone dei brodi, delle gelatine, essiccandola al sole - e il sole del Friuli non è quello della Puglia!
Un risotto di Antonia
A Identità nel marzo scorso
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
classe 1975, ingegnere creativo, in ricordo di un docente che la definiva troppo creativa per fare l’ingegnere. L’ha avuta vinta lui: così dopo anni spesi nel settore energetico, scrivendo di cibo e viaggi nel tempo perso, oggi scrive a tempo pieno di storie di cibo, di mani che lavorano il cibo, di teste che lo creano. Co-autrice de Storie di cibo dietro nelle Terre di Expo, ideatrice del progetto Storie di cibo dietro le sbarre, che sarà un prossimo libro. Adora il buon cibo e il buon vino