03-05-2018
Il Cocktail di gamberi del menu Nel Tempo di Matteo Baronetto, chef del ristorante Del Cambio di Torino: a sinistra la versione classica del popolare antipasto, a destra quella attualizzata
Incontriamo Matteo Baronetto nel suo ristorante Del Cambio, a Torino. Prima però ci godiamo il sole e l’aria torinese ai tavolini della Farmacia, il “bistrot” adiacente che propone, in formula “asporto chic”, una raffinata pasticceria firmata in esclusiva da Fabrizio Galla e i prodotti rivisitati dallo stesso chef. Il contatto con lui nasce da un’attività di cucina che svolgiamo assieme ai detenuti di Torino (storia che farà parte del progetto “Storie di cibo dietro le sbarre”, sui cui torneremo presto). Ci concentriamo sul passato, il presente e la sua filosofia di cucina.
Figlio di operai della Fiat, Baronetto ha lavorato fin da giovane in pizzeria, ma solo per avere qualche soldo in tasca. Il caso di un pizzaiolo infortunato e sostituito lo porta a cambiare direzione: s’iscrive alla scuola alberghiera di Pinerolo, dove conosce il professore Pautassi che lo inserisce nel mondo della ristorazione.
Dopo esperienze importanti, arriva a Erbusco, nella cucina di Gualtiero Marchesi, dove lavora con Andrea Berton. Conosce Carlo Cracco con cui lavora per 18 anni, facendosi le ossa e imparando tanto. Oggi è un po’ cuoco, un po’ artista, un po’ filosofo.
Chi è Matteo Baronetto? Un uomo che sta cercando di diventare un cuoco. Una persona che cerca di migliorarsi ogni giorno e di trasmettere col proprio mestiere una sensibilità e un modo diverso di comunicare.
Qual è l’insegnamento di Marchesi di cui non puoi fare a meno? Con lui ho fatto un’esperienza da stagista che mi ha segnato e che mi ha accompagnato a fare altre esperienze. Da lui ho appreso la curiosità di interpretare le cose, il pensiero culturale e una raffinatezza diversa, a volte intransigente, che cerca di anticipare gli schemi.
Matteo Baronetto, classe 1977 (foto Alessandra Tinozzi)
Hai un menu che si chiama ‘Nel Tempo’. Di cosa si tratta? È un vero e proprio progetto. Cerco di attuare una sorta di revisionismo culinario su alcuni piatti iconici della nostra tradizione, presentando la stessa preparazione in versione tradizionale e rivisitata: Penne panna e salmone, Cotoletta alla milanese, Acciughe al verde o Gamberetti in salsa cocktail… Lo faccio perché oggi i clienti ritengono di essere preparati ma non sempre è così: credo sia importante farli riflettere sulle epoche che s’incrociano, su un tempo che lascia la strada ad un altro. Farli decidere sulla versione preferita. Un progetto potenzialmente riproducibile. Certo. Mi piacerebbe se qualche collega volesse replicarlo ad altre latitudini. Un cuoco siciliano potrebbe ad esempio servire due piatti nello stesso momento: la cassata tradizionale e la sua versione rivista, l’arancino classico e quello creativo.
La Fiat 500 ieri e oggi
Il Vitello tonnato di Baronetto: com'era, com'è
Il progetto è anche editoriale. Di cosa si tratta? Abbiamo realizzato un piccolo libro, non in vendita. Lo diamo in regalo ai clienti che ordinano quel menu e lo possono leggere in consultazione gli studenti di Alma. C’è il manifesto dell’idea, i trend degli ultimi decenni e le due versioni di ogni piatto, con una spiegazione raffinata della ricetta, senza scendere nei dettagli dell’esecuzione. L’anno scorso abbiamo proiettato le immagini in occasione della mostra Artissima. Io amo l’arte, per me è stato un grande onore poter esporre le mie opere.
Puoi farci un esempio di ricetta? I gamberetti in salsa cocktail, un grande classico, l’antipasto per eccellenza che ha attraversato le epoche. Nella versione tradizionale sono serviti in una coppa martini, sulle foglie di lattuga, con la leggendaria salsa sopra. Ne esisteva anche una più spartana, con una ciotola con gamberetti in abbondante salsa. Nella versione più contemporanea i gamberetti sono serviti ben posizionati sul piatto, con salsa sifonata al tuorlo marinato. Esaltare equilibrio e leggerezza, senza togliere nulla, anzi arricchendo in sapore. Per me, un omaggio splendido ed elegante a una preparazione cui guardiamo sempre con piacere.
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Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
classe 1975, ingegnere creativo, in ricordo di un docente che la definiva troppo creativa per fare l’ingegnere. L’ha avuta vinta lui: così dopo anni spesi nel settore energetico, scrivendo di cibo e viaggi nel tempo perso, oggi scrive a tempo pieno di storie di cibo, di mani che lavorano il cibo, di teste che lo creano. Co-autrice de Storie di cibo dietro nelle Terre di Expo, ideatrice del progetto Storie di cibo dietro le sbarre, che sarà un prossimo libro. Adora il buon cibo e il buon vino