14-03-2018
Carlo Assenza, primo da sinistra, in una foto di qualche tempo fa. Con lui Francesco Assenza, Corrado Lucci, Corrado Assenza e Nives Mazza
Di Carlo Assenza, fratello di Corrado e con lui titolare del Caffè Sicilia a Noto (Siracusa), venuto a mancare improvvisamente ieri a soli 60 anni, chi scrive ha un ricordo nitido, preciso, che risale a qualche tempo fa. Inverno a Noto, locale chiuso per ferie ma aperto a un gruppo di amici, per una lezione, magistrale, che Carlo tenne nell’occasione. Sulla mandorla. Ne emerse, chiara, la sua passione e la sua profonda cultura: uomo schivo, s’illuminò a raccontare la storia di quel seme commestibile così legato alla storia della Sicilia, e la necessità di preservarlo. Siamo andati a prendere quegli appunti rimasti nel cassetto, per rendere un omaggio alla figura di Carlo Assenza. Vogliamo salutarlo con le sue stesse parole. (CaP)
«Gli studiosi ci dicono che la mandorla ha origine nell’Uzbekistan e da lì, nei millenni, ha raggiunto il Mediterraneo. Oggi se ne conoscono 57 varietà, il che è bizzarro: nel 1852 il botanico siciliano Giuseppe Bianca, nativo di Avola, ne descrisse addirittura 750 diverse, nell’isola.
Bianca si basava sull’osservazione fenologica, sul tipo di fiori, di frutti, di foglie; in alcuni casi poteva dunque trattarsi anche di semplice sovrapposizione di cultivar o ecotipi. Ma, facendo anche la tara, certamente non andiamo sotto le 300 varietà diverse.
Proprio con gli studi di Bianca è iniziata la coltivazione moderna dei mandorli, in Sicilia, che ora è diventata una vera industria con epicentro in California, zona individuata come ottimale. Da noi domina la Pizzuta d’Avola, per ragioni dovute alla sua resa commerciale: ha un solo seme, una forma regolare, perfetta, è dolce, dal gusto non aggressivo. Insomma ideale per l’utilizzazione nell’industria dolciaria, nei dragées francesi, nei confetti… Presenta un guscio duro, che richiede un intervento importante per la lavorazione.
Comunque, col vecchio modello, nel tempo si è trovato che l’optimum si raggiungesse abbinando la Pizzuta ad altre due cultivar: la Romana (che deve il proprio nome al fatto che venne selezionata nei campi di una famiglia netina che di cognome faceva Romano) e la Fascionello. Tutto risolto? Non proprio.
Il polline delle mandorle presenta infatti un peso specifico alto; quindi, lasciando al vento l’opera di impollinazione, difficilmente i pollini riescono a spingersi a più di 30 metri di distanza dalla pianta. L’alternativa è che siano trasportati dalle api, queste possono arrivare anche a 3 chilometri e oltre: ma intanto serve la giusta temperatura, il clima giusto, diciamo intorno ai 23°; poi l’ape è certo più contenta se la flora è rigogliosa. Così, il venir meno della flora spontanea nelle nostre campagne ha di molto ridotto la loro capacità d’impollinazione. Questo incide sull’equilibrio del sistema.
Una foto storica di Carlo Assenza col fratello Corrado e Aimo Moroni
Ma l’industria ha bisogno di non dipendere da questi fattori “naturali”. Come ha ovviato a questi problemi? Con il rapido incremento d’utilizzo di portinnesti di laboratorio, modificazioni genetiche di pesco mandorle, innestati con nuove cultivar dal guscio più tenero, autoimpollinanti.
Ma questi portinnesti non gradiscono terreni calcarei e alti, come i nostri; piuttosto vogliono il fondovalle, e abbisognano di irrigazione costante; il fabbisogno idrico è passato dai precedenti 100 metri cubi di acqua per ettaro, a 10mila metri cubi. Ma da noi piove sempre meno! Aggiungiamo pure che il guscio morbido è aggredito più facilmente dagli insetti, e ciò comporta l’utilizzo di pesticidi; mentre un guscio duro, impermeabile a gas e vapori, preserva la parte edibile, anche nei momenti di raccolta, che avviene con 30-35° di temperatura esterna. E’ insomma un sistema ottimale di conservazione, del tutto naturale. Ma all’industria non interessa: così si è via via spostata su altre zone del mondo, e su altre cultivar.
Se la Romana non sta bene, anche la Pizzuta ha dei problemi. Che derivano essenzialmente dal guscio duro, come abbiamo detto. Lavorarlo ha dei costi, la tecnica di sgusciatura è quella del martelletto (per i gusci morbidi si usano invece i rulli), che richiede tempi ben più elevati. Poi, la natura fa pagare anche un altro prezzo: la resa al peso di una mandorla sgusciata è del 35-40% per le tipologie a guscio tenero, del 18% per quelle a guscio duro. Questo incide poi sui costi.
Queste le parole di Carlo Assenza: un appello alla salvaguardia delle mandorle siciliane che abbiamo voluto pubblicare per rendere omaggio alla sua figura di uomo curioso e illuminato. La condoglianze di Identità Golose vanno alla famiglia, ai suoi cari
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
A cura della redazione di Identità Golose