04-12-2017
Marilena Lualdi ci racconta la storia dei bruscitti, succulento piatto di Busto Arsizio, ma diffuso in tutta l'area
Ci sono terre che nella povertà trovano la propria ricchezza. Come la brughiera che non riserva grandi raccolti, eppure sa ispirare piatti destinati a scolpire nel tempo l’identità di un popolo. Anche quello di una città come Busto Arsizio, che è esplosa con l’industria, ha superato gli 82mila abitanti ma non ha dimenticato i suoi capisaldi culinari che profumano di campagna: a partire dai bruscitti.
Una tradizione sacra - Una ricetta su cui non si scherza: consacrata dalla tradizione e sancita ufficialmente con tutti i crismi dal Magistero dei Bruscitti di Busto Grande (in memoria della più piccola e confinante Busto Garolfo). Anche nel cuore della modernità non sono ammesse deroghe di alcun tipo. Guai poi a chiamarli “bruscitt”. Il secondo giovedì di novembre c’è una festa dedicata alla condivisione di questo piatto che – con la complicità della polenta, unica variazione sul tema il pane misto – apre la stagione fredda: nonostante gli anatemi degli storici, cerca persino di spodestare nelle feste di piazza il risotto e luganiga, in una giornata vissuta dai bustocchi e dai bustesi con solennità l’ultimo giovedì del mese: la Giöbia.
Lo chef Sergio Barzetti a La prova del cuoco con i rappresentanti del Magistero
Niente scuse neanche oggi, insomma, per i figli della modernità che sospirano: "Corriamo sempre, non possiamo prepararli", anche perché si cucinano oggi e si gustano persino meglio nei giorni successivi.
Il saggio “custode” Bruno Grampa scrisse: «I bruscitti hanno conservato con la carne il sapore del peccato, col finocchio raccolto nei campi il profumo della giovinezza e col vino il gusto prepotente dell’età matura». E li cantò Carlo Azimonti, sindacalista, giornalista, il sindaco più giovane d’Italia nel secolo scorso e grande fan di questo piatto, come di ogni cardine della tradizione. Tra le storie più diffuse, quella del “Precotu” che si congedò da questo mondo a novant’anni chiedendo di preparargli un piatto di bruscitti per non affrontare il viaggio dal Signore a stomaco vuoto.
La ricetta e la magia - La ricetta tramandata ufficialmente è questa.
Ingredienti 100 g di burro 30/35 g di lardo pepato; 3 kg di reale, fustello, cappello del prete, diaframma semi di finocchio (in un sacchetto, la magica erba bona) 1 bicchiere di Gattinara
Procedimento Bisogna procedere con il taglio delle quattro parti di carne tramite un coltello ben affilato (tritare, è operazione bandìta): a dadini, della grandezza di un mezzo pollice. Quindi metterli su burro e lardo in una casseruola di terracotta. Tutto va messo a freddo, poi avviare la cottura a fiamma lenta. Dopo un quarto d’ora circa, il sugo va montato sopra la carne. Poi bisogna mescolare con cura e aggiungere l’erba bona, coprire e lasciare cuocere per una quarantina di minuti. A questo punto, togliere il sacchetto dei profumi e aggiungere un bicchiere di vino Gattinara. Quando sarà cresciuto il bollore, ecco che si leva il coperchio e si aspetta l’evaporazione del vino. C’è un altro magico richiamo: quando il profumo dei bruscitti attira l’attenzione, la cottura sarà terminata.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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responsabile de l'Informazioneonline e giornalista di Frontiera - inserto de La Provincia, scrittrice e blogger, si occupa di economia, natura e umanità: ama i sapori che fanno gustare la terra e le sue storie, nonché – da grande appassionata della Scozia – il mondo del whisky