16-09-2017

Storia dell'italiano che lavora nel ristorante n.1 al mondo

Mattia Rancati all'Eleven Madison Park di New York: «Qui ti fanno sentire davvero parte di qualcosa di importante»

Vi raccontiamo la storia di Mattia Rancati, l'

Vi raccontiamo la storia di Mattia Rancati, l'italiano che lavora all'Eleven Madison Park di New York, primo ristorante al mondo per la 50 Best

Quella notte di Melbourne del 5 aprile un cuore a migliaia di km di distanza non sapeva per chi battere. Nella notte delle grandi stelle della ristorazione mondiale, si contendevano la vetta dei 50 Best Restaurants due ristoranti che avevano un particolare significato per il giovane chef Mattia Rancati. Da un lato l’Osteria Francescana di Modena e, quindi, casa e tutto ciò che l’Italia evoca in un italiano all’estero. Dall’altro l’Eleven Madison Park di New York, la nuova città di Mattia e la brigata dello chef Daniel Humm, che lo aveva accolto tra le sue fila da pochi mesi.

Sì, perché la storia del nostro chef originario di Carnago (Va) è un percorso che ha quel che di straordinario che sa regalare soltanto una vita semplice vissuta al mille per mille. Ascoltare il racconto di questo giovane e promettente cuoco, lascia una sensazione di spensieratezza oltre alla certezza che tutto sia possibile, volendolo.

Rancati con lo staff dell'Eleven Madison Park

Rancati con lo staff dell'Eleven Madison Park

Difficile da credere o forse oramai inusuale rispetto a quanto si legge tra le biografie dei grandi cucinieri di tutto il mondo, eppure l’infanzia e l’adolescenza di Mattia non sono costellate di aneddoti particolari legati alla cucina. Nessuna ricetta segreta della nonna, nessuna parentela illustre o una trattoria di famiglia da gestire. Mattia Rancati era ed è un ragazzo come tanti con un diploma alberghiero in tasca. Come spesso accade sono poi le persone che incontriamo sul nostro cammino, che ci cambiano e maturano. Così è stato l’incontro con lo chef Stefano Vaccaro del ristorante I Fontanili di Besnate: un mentore che lo ha convinto a entrare in questo pazzo pazzo mondo della cucina. E da lì non ce n’è stata più per nessuno, perché la passione per questo lavoro è cresciuta di giorno in giorno.

Rancati nel 2014 con Marco Sacco, Paolo Griffa e Antonino Cannavacciuolo

Rancati nel 2014 con Marco Sacco, Paolo Griffa e Antonino Cannavacciuolo

Dopo una breve tappa milanese, i due anni di formazione più significativi di Rancati sono stati al Piccolo Lago dello chef Marco Sacco (2 stelle Michelin). Anni nei quali Mattia ha vissuto un faccia a faccia costante con i primi passi nell’alta ristorazione, momenti difficili sicuramente ma, come lui stesso confessa, vissuti con serenità e mai negativi. Sono stati quel “difficile” che aiuta a cresce e che lo hanno convinto a inviare il suo curriculum vitae in diversi ristoranti in tutto il mondo. Il desiderio di cambiare e vedere cose nuove era così forte che la sua richiesta è stata ascoltata dall’Eleven Madison Park, che ha risposto offrendogli di passare due giorni in cucina e avere un colloquio con lo chef Humm senza, però, la garanzia di essere assunto.

L’unica mossa successiva non poteva che essere l’acquisto di un biglietto per la Grande Mela e lanciarsi nel vuoto. E i fatti gli hanno dato ragione. Rientrato in Italia dopo la prima esperienza alla tavola dell’Eleven Madison Park, è seguita una lettera di assunzione. Nulla di quello che si aspettava da un tempio della ristorazione d’autore e da una metropoli come New York si è avverato, se non la grande fatica e una vita lavorativa intensa. Il resto è stato tutta una scoperta quotidiana.

Il sogno americano

Il sogno americano

Appena arrivato era convinto di passare i primi mesi dedicandosi alle mansioni meno edificanti e, invece, dopo due settimane venne catapultato in partita. «Questa è la cosa fantastica dell’Eleven Madison Park - sottolinea entusiasta Rancati - Ti danno responsabilità, ti stimolano ogni giorno, ti fanno sentire davvero parte di qualcosa di importante».

E non importa se dormi 5 ore per notte, se la vita scivola via senza respiro; ciò che conta è quanto credi in te stesso, in questa professione e nel team che ti affianca. Non è questione di essere fenomeni o di avere chissà quante esperienze in ristoranti pluristellati. Mattia ne aveva ben poche nel suo carnet, ma il suo segreto è in quella determinazione e professionalità che fanno la differenza. Il suo mantra è, da sempre, “testa bassa e lavorare”, basso profilo e altissime prestazioni.

Daniel Humm e Will Guidara

Daniel Humm e Will Guidara

Quel 5 aprile, quando a New York l’alba cominciava a fare capolino dietro i grattacieli, Mattia era al ristorante con i suoi colleghi dopo aver finito il servizio solo cinque ore prima. Aveva spostato il suo limite un po’ più in là come dieci mesi a questa parte, stava cambiando la sua vita e conquistando con la brigata dell’Eleven la vetta del mondo della cucina d’autore.

Oggi Mattia guarda al suo futuro con la sicurezza di poter affrontare tutto, di potersi prendere la responsabilità di gestire una sua cucina e portare avanti la regola d’oro di Daniel Humm:Push hard and be better everyday, everyday… everyday challenge yourself”.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Claudia Orlandi

sceneggiatrice e scrittrice, dalla scuola di giornalismo enogastronomico del Gambero Rosso è approdata a Identità Golose

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