11-01-2017
Valentina Santonastaso è andata per Identità Golose a Castellammare di Stabia, a provare la cucina di Luigi Salomone alla Piazzetta Milù. Lì il giovane chef è circondato dalla passione per la ristorazione e l'ospitalità dell'intera famiglia Izzo
Alle porte della splendida Costiera Sorrentina, sul corso principale di Castellammare di Stabia, brilla una nuova stella: è quella del ristorante Piazzetta Milù, rinomata realtà che da più di 15 anni si distingue per qualità e ricercatezza. In principio fu una pizzeria da asporto, guidata da Michele Izzo e Lucia Di Somma (dalla cui crasi deriva il nome Mi-Lù), poi una braceria di qualità, dove la ricerca e le ambizioni non si sono mai arrestate, fino all'evoluzione attuale. Ora la famiglia Izzo raccoglie i primi, lusinghieri risultati.
Ai fornelli della bellissima cucina a vista, in osmosi fra l'elegante sala e la città delle terme, c'è lo chef Luigi Salomone: il più giovane stellato del panorama gastronomico campano. Nell'autunno del 2015 ha risposto alla chiamata ai fornelli degli Izzo e, in poco più di un anno, ha dato valore e una più decisa direzione a una squadra già ben collaudata, affiatata e vogliosa di volare in alto per inseguire il sogno degli Izzo della nuova generazione, Emanuele, Valerio e Maicol, rispettivamente in cantina, in sala e di ritorno da uno stage in cucina all'estero, all'Hoja Santa di Barcellona, una delle creature di Albert Adrià (leggi qui il nostro recente servizio sui "bullinians"). Obiettivo: offrire alla città una cucina contemporanea di alto livello, espressiva e vera, mantenendo vivo il fuoco della storica brace che ha contraddistinto negli anni la natura di Piazzetta Milù; coniugare così passato e futuro.
La famiglia Izzo al gran completo: Maicol, Valerio, Emanuele, Michele e Lucia Di Somma
Classe 1989, Luigi Salomone è a sua volta cuoco è concreto e capace, la sua cucina è ricca di entusiasmo, di orgoglio e amore verso il proprio territorio che ama raccontare con disinvoltura e raffinata passione. Alla sua tavola il benvenuto è estremamente caloroso e divertente: micro babà rustico ripieno di mousse di ricotta, lardo e friarielli; cialda di pasta soffiata all'aglio e olio servita su pietre di mare; un croccante bon bon di provolone del monaco che si fonde in un morso, dolcemente accompagnato da un chutney di fichi. Calamari e ketchup di peperone crusco mette in scena l'illusione di una montanara partenopea. E ancora: un esotico grissino vestito di filetto di manzo marinato, melone, salsa al cocco e arachidi e infine una rassicurante cocottina con fagioli cannellini, pancetta e l'immancabile croccantezza del tradizionale biscotto di Castellammare.
In carta interessanti proposte d’acqua e di terra. Come la golosità del maiale delle onde, la palamita, che ben si esprime in Pane, fichi e mortadella di mare che arriva in tavola su un lucente piatto di ceramica liquida, mentre al morso è croccante e il sapore è profondo. Oppure il Coniglio all'ischitana in porchetta, cotto a bassa temperatura e poi passato alla brace (la cui legna è selezionata con dovizia e alimentata come fosse un camino), accompagnato da trippa, bieta, castagne e una sfera di taleggio croccante. Fantastico!
La Genovese a modo mio di Luigi Salomone
Salomone ha mosso i primi passi nelle cucine stellate di Taverna Estia con Francesco Sposito, del Terme Manzi con Nino Di Costanzo, del Metamorfosi di Roy Càceres; per quattro anni è stato sous chef al Marennà di Paolo Barrale (in quel periodo, era il 2013, ha anche vinto il Premio Birra Moretti Grand Cru, leggi qui) ed è in quest'ultimo che riconosce il suo maestro per affinità di gusto, dal quale forse ha mutuato la passione per il matterello.
Così si susseguono nell'offerta tagliatelle al caffè, tortelli ripieni e stupisce soprattutto la sua idea di tradizione campana che coincide con un magistrale e goloso tagliolino di pasta tirata a mano condito con salsiccia e broccoli, il tradizionale binomio campano che rimane provocatorio perché in fondo è un'illusione, in realtà non è salsiccia ma tartare di manzo di podolica, e il tagliolino viene cotto nel brodo di salsiccia. L'insieme di sapori richiama armonie note, ma in una versione davvero poco ortodossa!
Il compito di far chiarezza nella pagina dei primi piatti è affidato ai mostri sacri della tradizione: la Genovese a modo mio, lo Spaghettone di Gragnano cacio, pepe e sgombro marinato all'arancia. O ancora, la Candela spezzata con ragù di agnello, altrimenti detto "zuppa forte". Ma anche Riso, verza e pisto napoletano: un fantastico classico della cucina partenopea tipico del periodo natalizio. Per proseguire, notevole è la Lampuga in oliocottura con cetriolio, spinaci e semi di papavero, piatto dalle consistenze equilibrate, delicato, fresco ed elegante.
Lampuga in oliocottura con cetriolio, spinaci e semi di papavero
L'esperienza si conclude con un Millepiani di mostacciuolo servito su una mattonella vietrese, accompagnato da una gradevolissima tisana al porcino e limone, che coniuga calore e freschezza, perfetta in abbinamento al dessert che celebra il porcino con gianduia e zabaione caldo. Non può mancare, infine, l'omaggio a Castellammare di Stabia, e al suo dolce tipico: il bianco biscotto al naspro, l'emblema gastronomico della città, chiude un'esperienza che vanta, oltretutto, un rapporto qualità prezzo davvero invitante.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Classe 1985, una laurea in Lettere e Filosofia e un master al Gambero Rosso di Napoli, ha una grande passione per le identità culturali e la memoria gastronomica mediterranea