28-05-2016

Un'Osteria da leggere

Rino Duca con il suo Grano di Pepe propone una cucina matura, accogliente e decisa insieme

Rino Duca, originario di Leonforte, si trasferisce

Rino Duca, originario di Leonforte, si trasferisce con la famiglia a Palermo quando ha meno di un anno. Dal 1992 si sposta a Modena, dove nel 2008 apre il suo ristorante, il Grano di Pepe

È stato come quando, senza accorgersi, si comincia un libro che magari gira da mesi per casa, perché non ha mai attirato la nostra curiosità, e ci si trova catapultati in un’altra dimensione completamente coinvolti da una storia e dai suoi personaggi. La gita da Rino Duca, chef de l’Osteria il Grano di Pepe a Ravarino (venti chilometri da Modena), è senz’altro stata come leggere uno di quei libri.

Che sia siculo trapiantato in Emilia da più di un ventennio ha quasi poca importanza, perché è uno di quei cuochi che la propria storia se la portano addosso per forza e la raccontano in silenzio attraverso i loro piatti. Il suo menu è infatti stato una spremuta della Sicilia degli ultimi trent’anni anni servito in un paesino della bassa con orizzonti diritti, contorni ben disegnati e confini ordinati. Queste stesse caratteristiche si ritrovano nei piatti di Rino, bilanciando così l’esuberanza di gusti e odori molto siciliani.

Minestrone e fiori

Minestrone e fiori

Duca unisce una passione fanciullesca propria degli autodidatti alla capacità di mettere solo gusto e sostanza nel piatto lasciando la tecnica in cucina. Nei suoi piatti si legge la maturità di un cuoco che ha trovato un proprio stile nel racconto. Chi segue Rino da tempo conosce il percorso fatto, di come ha corretto insicurezze e impacci andando alla corte di Uliassi prima e Crippa poi, e di come abbia faticato a trovare una sua identità. “Quanti cazziatoni”, ricorda Duca, ammiccando a chi, con consigli e rimproveri, ha partecipato al suo lavoro fin dalla prima “stesura” e che è stato testimone del lavoro di pulizia e ricerca che si assaggia ora nei suoi piatti.

L’altra sera la cucina del Grano di Pepe si è mostrata dunque matura, accogliente e decisa insieme, un libro inatteso scritto con prosa scorrevole e ritmo incisivo: Pane e panelle come prologo e La cassata è un drappeggio a concludere, in mezzo tanto mare, molti ricordi e il gusto preciso di piatti riusciti come la Zuppa di pesce tra Palermo e Marsiglia, gli Spaghettoni al nero e mandarino tardivo di Ciaculli e il timballo, quello vero, quello per cui il bis è servito di default e che incastona un pezzo di Sicilia nell’orizzonte diritto emiliano unendo la passione comune di queste due terre per il ragù e la pasta.

Zuppa di pesce tra Palermo e Marsiglia

Zuppa di pesce tra Palermo e Marsiglia

Ma se il racconto è nel piatto, le parole a comporlo sono le materie prime e la scoperta di un “paroliere dei prodotti” come Sergio Fessia è un’opportunità non comune, soprattutto da conoscere direttamente al tavolo. Il signore dei prodotti, colui che trova l’introvabile per Eataly o scopre l’ancora sconosciuto a Carlin Petrini, si è presentato con la fragola profumata di Tortona, fantascienza per chi è abituato anche alle migliori, e le patate Bonnotte dell’isola di Noirmountier in Francia, famose perché rare (solo 200 quintali l’anno) e effimere (durano appena una settimana), ma se si ha l'occasione di assaggiarle colpiscono per compattezza e intensità di gusto.

La Cassata è un drappeggio

La Cassata è un drappeggio

La personalità generosa di Sergio e l’occasione di incontrarlo al ristorante ha permesso di leggere la serata anche attraverso le materie prime eccellenti che componevano i piatti e l’arte indispensabile di conoscere e sapere come procurarsi il meglio ovunque si cucini.

Osteria il Grano di Pepe
Via Roma 178/A
41017 Ravarino (MO)

booking@ilgranodipepe.it
+39.059.905.529 - +39.391.3172377
Chiuso l’intero lunedì


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Cecilia Todeschini

laureata in Antropologia, pratica esercizi di catering. Scoperto il mondo agricolo della campagna tortonese, ama andare per insegne gastronomiche londinesi

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