31-03-2023

L'ingrediente segreto è il confronto

Scatti, pensieri e sapori della seconda cena firmata dagli Ambasciatori del Gusto di Messina: all'Hub lo chef Pasquale Caliri e il mastro fornaio Francesco Arena lasciano il segno con un menu delizioso

Il mastro fornaio Francesco Arena, dell'omonim

Il mastro fornaio Francesco Arena, dell'omonimo forno, assieme a Pasquale Caliri, chef del ristorante Marina del Nettuno Yatching Club, ovvero i due Amabasciatori del Gusto, originari di Messina, ospiti a Identità Golose Milano lo scoroso giovedì 30 marzo

La Sicilia: la Sicilia è tanti mondi. La Sicilia è terra, è mare, piane sconfinate e alture. La Sicilia è isola sull’isola. È anche una poesia amara, ma per noi deboli di gola, è una giostra, un Luna Park. Lì dove, quelle mani che scoprono quanto sia più semplice proiettarsi nel futuro cooperando e pensando insieme, accolgono pure un senso di smisurata libertà, forti del sostegno altrui. Ne siamo stati i diretti testimoni nella serata di ieri in scena a Identità Golose Milano, la seconda in compagnia degli Ambasciatori del Gusto (realtà senza scopo di lucro, espressione dell’eccellenza della ristorazione e della pasticceria italiana) di Messina: primo turno, mercoledì 29 assieme a Luca Miuccio e Lillo Freni (potrete leggerne cliccando qui), per proseguire con Pasquale Caliri del ristorante Marina del Nettuno Yatching Club e Francesco Arena, Mastro Fornaio del panificio Francesco Arena.

Pasquale e Francesco, il mare e la terra e, in entrambi i casi, il desiderio di essere parte attiva della cultura gastronomica della loro città.

Francesco Arena

Francesco Arena

A partire dal maestro Arena, terza generazione del forno di famiglia: «Non mi sono mai sentito costretto a fare questo lavoro, anzi. Quando ho lasciato l’università con l’intenzione di dedicarmi al forno, mio padre non mi rivolse la parola per settimane…non prima, però di ammonirmi, dicendo “domani, alle tre del mattino, devi essere in laboratorio”». Lì dove, pur impiegando gli stessi ingredienti e le stesse ricette del padre, il prodotto finale non risulta mai identico dal momento che ogni mano ha una sua intima familiarità con l’impasto, ogni fornaio una personale gestione dei tempi. Ragion per cui, perché arroccarsi nei propri saperi, timorosi di una fuga di ricette? La condivisione, piuttosto, è uno strumento che crea opportunità, per misurarsi, per compensare lacune, per esaminare la stessa materia da un punto di vista diverso, nel suo caso – il pane. Lo lavora per gran parte utilizzando grani antichi, ma la scelta di questa caratterizzazione non è stata immediata: prima ancora di iniziare a lavorarlo, è risultato necessario preparare la propria clientela, far comprendere il perché scegliere questi grani apporta dei benefici concreti non solo per l’organismo, ma per le comunità di chi li coltiva. Solo poi si può iniziare a vendere, forti della conoscenza delle farine, ciascuna delle quali richiede una specifica lavorazione: timilia, perciasacchi, maiorca, russello, in questi semi vive la Sicilia di Francesco Arena, semi che avvicina ad altri preziosi elementi fino a comporre il cestino del pane della serata, quindi, curcuma e canditi – un panino soffice e dolce, grissini maiorca e sesamo, la focaccia riso artemide con pomodorini, spuma di Parmigiano e bottarga, il pane di farina russello e semi – rustico, i semi danno ritmo alla masticazione e sprigionano la loro oleosità; pane con farina di carrubo e finocchietto, lievemente acidulo con decise note tostate. Sapori e fragranze che ci conducono alla terra, al sole che vi batte e poi al calore che cuoce queste creazioni di rara genuinità, complete nella loro (apparente) semplicità.

Il generoso cestino del pane di Francesco Arena

Il generoso cestino del pane di Francesco Arena

La Sicilia di Pasquale Caliri, invece, vive nel mare. Lo chef ha sempre avuto un’attrazione verso di esso, anche negli anni in cui non era ancora in cucina e il suo mestiere era quello di giornalista professionista. Giornalista d’inchiesta, per essere puntuali, con un’altra vita e altri strumenti tra le mani, altri luoghi da scrutare, fino a trasferirsi negli Stati Uniti ad Atlanta. Ma poi ritorna. E giorno dopo giorno, da cuoco quale diventa, comprende che in fin dei conti il mestiere di chi scrive e chi cucina non è, poi, cosi diverso: entrambi prendono vita da una vocazione, e se quel lavoro ti appartiene, lo compi senza sforzo alcuno, viene naturale farlo e, soprattutto, non puoi fare a meno che assecondare la tua arte.

Ma da cuoco “tardivo”, entrato in cucina già in età matura, Pasquale sa bene che per compiere al meglio il lavoro del cuoco deve misurarsi costantemente con il pubblico e crescere insieme ad esso: «Parliamo di una regione e ancora più specificamente di una città in cui le persone sono ancora molto legate alla tradizione: alcuni piatti sono intoccabili! È inconcepibile toccare qualcosa come uno spaghetto ai ricci o un cannolo siciliano». Prova così ad accomodarsi a tavola Caliri, a immaginarsi nel momento in cui la forchetta affonda nel piatto che ha preparato, quindi pensa e modella il sapore. Ecco che il confronto torna e, che sia tra colleghi o con i propri commensali, è una tappa fondamentale del lavoro. Poi c’è il mare, un’ossessione che si presenta, potente, nei profumi: il merluzzo con le trippe soffiate; l’odore dei pescherecci e di vegetazione marina negli spaghetti; il dashi di tonno, un sapore così denso che si morde. Il mare non ha mai timore di far sentire la sua voce.

Un mare graduato per intensità diverse; che restituisce comunque il gusto di quella tradizione così cara ai siciliani, ma che arriva per passaggi e ingredienti sui quali chef Caliri esercita una sensibilità e un rispetto ancora più marcati, divenendo complice discreto della tradizione e anche dei commensali. «La gioia più grande in questi anni da cuoco, è stata quella di avere ricevuto la conferma che anche Messina ha guadagnato uno spazio nella scena gastronomica siciliana». E noi confermiamo, speranzosi assieme agli Ambasciatori del gusto, che questa rete virtuosa di scambi, dialoghi e confronto, vada via via rinsaldandosi fino alla nasciata di un vero e proprio distretto del mangiar bene messinese.

 

Ora, la nostra fotogallery con scatti e approfondimenti sugli squisiti piatti della serata.

Il benvenuto a tavola è un Magnum di acciuga che all'interno risulta umida e carnosa "ricoperta" dalla panure aromatizzata agli agrumi a dare croccantezza assieme a mandorle e pistacchi

Il benvenuto a tavola è un Magnum di acciuga che all'interno risulta umida e carnosa "ricoperta" dalla panure aromatizzata agli agrumi a dare croccantezza assieme a mandorle e pistacchi

La ghiotta fujuta

La ghiotta è una salsa dai tipici sentori mediterranei, così cari alle cucine del Sud, un intingolo a base di pomodoro, capperi e olive; galvanizza il gusto di una spuma densa di patate, sulla quale poggiano succosi bocconi di merluzzo. Il palato è raggiunto dalla dolcezza della pera candita, un'aggiunta che rimanda a quelle venature zuccherine che spesso fanno capolino nei piatti della tradizione isolana. A sorprendere, al centro del piatto, è un pomodoro e, ancora, la sua dolcezza, questa volta legata all'impressione di un frutto ben maturo, ed ecco che la tecnica anticipa l'arrivo delle stagioni. In ultimo, il profumo: è il magnete che invita ad affondare il cucchiaio in questo piatto. Le trippe di baccalà soffiato accentuano, infatti, le tonalità marine di questa prima portata.

La ghiotta fujuta

La ghiotta è una salsa dai tipici sentori mediterranei, così cari alle cucine del Sud, un intingolo a base di pomodoro, capperi e olive; galvanizza il gusto di una spuma densa di patate, sulla quale poggiano succosi bocconi di merluzzo. Il palato è raggiunto dalla dolcezza della pera candita, un'aggiunta che rimanda a quelle venature zuccherine che spesso fanno capolino nei piatti della tradizione isolana. A sorprendere, al centro del piatto, è un pomodoro e, ancora, la sua dolcezza, questa volta legata all'impressione di un frutto ben maturo, ed ecco che la tecnica anticipa l'arrivo delle stagioni. In ultimo, il profumo: è il magnete che invita ad affondare il cucchiaio in questo piatto. Le trippe di baccalà soffiato accentuano, infatti, le tonalità marine di questa prima portata.

Ricci e carrube

Guai a toccare uno spaghetto ai ricci di mare. Ma Caliri con sensibilità e pensiero osa con ardore, senza scalfire l'impronta marina di questo primo piatto, che persiste decisa. Merito di una pasta fatta a mano a base di farina di carrube (circa il 20%): conserva nella sua struttura un'acidità molto fresca e si avvicina, in termini di masticazione, a una chitarra. L'ingresso è ancora una volta nasale, grazie all'aria di prezzemolo, preludio al mare dei ricci, nascosti nel gomitolo di pasta. Alla base, una ricotta di pecora aromatizzata all'acqua di mare e limone, che agevola la mantecatura della pasta senza sovrastare la presenza del riccio. Lo spaghetto poroso ne assorbe tutti gli umori e il palato gioisce 

Ricci e carrube

Guai a toccare uno spaghetto ai ricci di mare. Ma Caliri con sensibilità e pensiero osa con ardore, senza scalfire l'impronta marina di questo primo piatto, che persiste decisa. Merito di una pasta fatta a mano a base di farina di carrube (circa il 20%): conserva nella sua struttura un'acidità molto fresca e si avvicina, in termini di masticazione, a una chitarra. L'ingresso è ancora una volta nasale, grazie all'aria di prezzemolo, preludio al mare dei ricci, nascosti nel gomitolo di pasta. Alla base, una ricotta di pecora aromatizzata all'acqua di mare e limone, che agevola la mantecatura della pasta senza sovrastare la presenza del riccio. Lo spaghetto poroso ne assorbe tutti gli umori e il palato gioisce 

Tonno nella rete

La ventresca di tonno è scottata appena, un tataki che lascia le carni succose, "al sangue", cullate da un dashi le cui note umani sono rafforzate dall'aggiunta di un caramello di soia. Ripuliscono il palato, il sedano rapa in purea e il ravanello che bilancia ulteriormente il piatto con una spinta leggermente amarognola

Tonno nella rete

La ventresca di tonno è scottata appena, un tataki che lascia le carni succose, "al sangue", cullate da un dashi le cui note umani sono rafforzate dall'aggiunta di un caramello di soia. Ripuliscono il palato, il sedano rapa in purea e il ravanello che bilancia ulteriormente il piatto con una spinta leggermente amarognola

Cannolino vestito di nuovo

Proprio così, perchè lascia a casa la classica cialda fritta, generalmente più consistente, preferendo un abito più leggero: un sottile, fragrante e friabile cilindro di torroncino, in prevalenza frutta secca croccante che si dissolve sul palato, scaldandolo. Poi l'abbraccio della crema alla ricotta, bilanciata negli zuccheri. Un cannolo leggero, etereo, delizioso...al punto che, anche dopo una cena così completa, ne ordineresti un altro... e lo facciamo, con estrema gioia dello chef!

Cannolino vestito di nuovo

Proprio così, perchè lascia a casa la classica cialda fritta, generalmente più consistente, preferendo un abito più leggero: un sottile, fragrante e friabile cilindro di torroncino, in prevalenza frutta secca croccante che si dissolve sul palato, scaldandolo. Poi l'abbraccio della crema alla ricotta, bilanciata negli zuccheri. Un cannolo leggero, etereo, delizioso...al punto che, anche dopo una cena così completa, ne ordineresti un altro... e lo facciamo, con estrema gioia dello chef!


Identità Golose Milano

Racconti, storie e immagini dal primo Hub Internazionale della Gastronomia, in via Romagnosi 3 a Milano

a cura di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre.  Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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