11-02-2013
Davide Scabin del Combal.Zero di Rivoli (Torino). Sul palco ha accennato a piatti tradizionalissimi: lasagne, risotti, caponate, parmigiane, tiramisù. Da portare nello spazio. A sinistra, Tarsia Trevisan, presentatrice della seconda giornata (foto di Alessandro Castiglioni)
Davide Oldani
Gennaro Esposito e Tonino Cannavacciuolo
Enrico Crippa, chef del Piazza Duomo di Alba, premiato Cuoco dell'anno da Paolo Bombardieri di Nino Negri. Con loro Tarsia Trevisan e Paolo Marchi
La cuoca di Glass Hosteria Cristina Bowerman, premiata da Alberto Zenato della cantina Zenato: è lei Identità Donna 2013
Davide Oldani con il presentatore Stefano Vegliani
Tra i fratelli Roca, la giornalista Maria Canabal, presentatrice della ponencia
Il sollevamento di Tarsia Trevisan chiude la seconda giornata in Auditorium
“Rispetto è una parola che dovrebbe ricorrere più spesso”, ha esordito Enrico Crippa, lo chef che forse incarna al meglio questa nuova virtù gastronomica, esplicata in una polisemia proliferante. Rispetto per la brigata, quindi, come per gli ingredienti umili, vedi la farina di ceci tostati della “frisella”, e persino per il sifone, eredità dell’avanguardia spagnola. Perché Piazza Duomo non è solo tartufo. Le virgolette sono d’obbligo anche per l’insalata condita con burro alla fassona, in onore alla cucina madre di Francia con i suoi beurre composé, che rovescia come un guanto le proporzioni della classica bistecca in un equivalente del nez du vin del sommelier. Enrico Crippa Anche il gusto italiano però merita il giusto inchino. Nella consueta inversione fra esterno e interno, di stampo bulliano, ricorrendo quella fra cotto e crudo (al centro degli interventi di Alajmo e Cracco), la sfoglia di ragù accoglie la carne cruda sopra una macchia impattante di sugo vermiglio che fa esplodere con botto splatter l’immaginario quotidiano. Guarda verso sud anche la crema bruciata di farina di grano arso, dove la nota brulée si sposta all’ingrediente e al carbone alla base, che resuscita una reminescenza aleatoria di estetica wabi marmorizzata da gelatinosi gallicismi d’antan.
Enrico Crippa
È una cucina contro i cliché di maman, quella di Cristina Bowerman. Tecnicissima, colta, anti-nostalgista e proprio per questo capace di cortocircuiti stranianti. Come quello della fermentazione, la tecnica del momento, capace di ricongiungere sperimentalismi estremi e retaggi ancestrali. Cosa che sta puntualmente accadendo da Copenhagen a San Paolo. La pista però viene dall’Oriente e può bypassare gli ostacoli HACCP, sul modello del kimchi. Il procedimento è stato seguito passo dopo passo in una sorta di gestazione che sposta i rapporti di forza fra il cuoco e la capacità autocucinante del prodotto. Agguantando una femminilità ulteriore. Ma c’è anche una fermentazione nostrana, quella della colatura di alici, che va a condire le linguine cotte nell’acqua di peperone arrosto.
Cristina Bowerman
Joan Roca
Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola
a cura di
Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini