31-01-2013

Cosa frena i food truck?

I limiti e le potenzialità della ristorazione mobile in Italia in un'intervista a Stefano Callegari

Ape Bistrot, Milano, mini-food truck milanese dal

Ape Bistrot, Milano, mini-food truck milanese dallo stile retrò, evoca l'atmosfera dei vecchi bistrot francesi

Come abbiamo raccontato, la moda dei food truck sembra non conoscere sosta all'estero mentre in Italia non riesce a ingranare. Se le vie di Londra, Parigi, New York e San Francisco sono sempre più terreno di gioco per chef creativi su 4 ruote, da noi gli angoli delle strade sono ancora appannaggio di porchettari, kebab e "zozzoni". E dire che l'Italia ha un repertorio notevole di cibi da strada, e che la fantasia è uno degli attributi nazionali più diffusi. Insomma, il nostro paese sembra la patria ideale per quello che Mauro Uliassi – finora l'unico dei grandi chef italiani ad aver portato le sue creazioni in giro su un "4 ruote" realizzato appositamente per lui - definisce “un cibo di qualità, spogliato di tutte le sovrastrutture del servizio, ridotto soltanto a cibo da tenere in mano, pronto per soddisfare il bisogno di “fame”. Un cibo poco costoso, tradizionale, facilmente identificabile, ma gourmand”.

Stefano Callegari, 42 anni, relatore di Identità di pizza, lunedì 11 febbraio a Identità Milano

Stefano Callegari, 42 anni, relatore di Identità di pizza, lunedì 11 febbraio a Identità Milano

Perché invece da noi non riesce a decollare l'idea del food truck? Lo abbiamo chiesto a Stefano Callegari, pizzaiolo romano creatore dei geniali trapizzini, non a caso scelto dal cuoco marchigiano per inaugurare il suo avveniristico food truck. "Il problema è soprattutto burocratico", spiega, "A Roma, per esempio, per quanto riguarda la vendita ambulante c'è una situazione quasi di monopolio, è difficilissimo avere una licenza. In Italia poi ci sono molti più vincoli e controlli per quel che riguarda la ristorazione: lo stesso motivo per cui da noi non potranno mai esserci locali piccolissimi ma di successo, come a Parigi o Londra, con cucine minuscole e servizi ridotti al minimo. Noi in Italia siamo un po' maniacali su alcune cose: un fattore positivo perché dà maggiori garanzie di igiene, però a volte si esagera e si bloccano iniziative interessanti".

Qual è l'ostacolo principale, licenza a parte?
Sicuramente la location, che è fondamentale. A parte la difficoltà ad avere le autorizzazioni, in Italia mancano anche le strutture. Negli Stati Uniti è facile trovare luoghi attrezzati con sedie, ombrelloni, cestini, attacchi per l'elettricità... da noi è molto più difficile, si deve pagare l'occupazione del suolo pubblico ma non c'è nessun servizio. Perciò per il momento i truck italiani, come quello di Uliassi, girano dentro fiere e spazi privati ma non per strada.

E il pubblico, secondo te, come accoglierebbe i food truck gourmet in Italia?
Da noi c'è molto pudore sul mangiare per strada, soprattutto a cena, e lo street food viene visto come un ripiego; spesso si tratta di cibo dai sapori forti, piccante o pieno di salse, che in condizioni “normali” non mangeremmo mai e che invece in situazioni limite, per esempio alle due notte o dopo lo stadio, sembra la soluzione perfetta anche se la qualità lascia desiderare....

Dessert Truck, New York (foto Snackish)

Dessert Truck, New York (foto Snackish)

Se non ci fossero tante complicazioni, tu prenderesti in considerazione l'idea di un food truck? E cosa proporresti?
Sicuramente i trapizzini: sono l'ideale perché vanno semplicemente scaldati, assemblati e serviti. Mi piacerebbe adattare il “menu” alla location, giocando con la storicità dei luoghi e quella di alcuni piatti secolari: qualcosa di popolare, a base di quinto quarto, abbinato a una visita al Monte dei Cocci a Testaccio, e qualcosa di più raffinato a Piazza di Spagna... Ma attrezzandosi bene, si potrebbero cuocere i trapizzini direttamente sul camion: il nostro laboratorio è molto stretto, potremmo stare anche più comodi! Oppure, punterei sulla frittura: è qualcosa che puoi preparare prima e cuocere al momento, e stimola sia la vista che l'olfatto. L'odore è l'arma più forte dello street food!

Qualche altro “trucco del mestiere”?
La velocità è un fattore determinante. La gente non ama aspettare, soprattutto se fa freddo o piove. Perciò sarebbe utile avere una pensilina o un riparo, e magari anche dei bagni vicini! Poi meglio mettere la cassa separata dal banco, all'esterno del truck. Anche qui la frittura è l'ideale, perché consente di fronteggiare anche grandi numeri: appena vedi che si fa un po' di fila, inizi a mettere più roba a friggere e giochi di anticipo. Però naturalmente serve la corrente per la friggitrice!

2. fine


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a cura di

Luciana Squadrilli

giornalista, napoletana di nascita e romana d'adozione, cerca di unire le sue tre passioni: mangiare, viaggiare e scrivere

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