07-12-2012

La mia pizza ideale? Senza mozzarella

A PizzaUp i giornalisti hanno preparato la loro ricetta del cuore, tra ricordi e tocchi a sorpresa

Otto le pizze proposte un mese fa alla sesta edizi

Otto le pizze proposte un mese fa alla sesta edizione di PizzaUp a Vighizzole d’Este (Padova) dove ha sede la Molino Quaglia, tutte pensate da altrettanti giornalisti. A Ruggero Ravagnan, detto Lello, capitano della squadra verde elettrico, è toccata la ricetta di Paolo Marchi. Titolare della Pizzeria Grigoris in località Chirignago a Mestre, telefono +39.041.915501, Lello ha dato superba forma alla Pizza tonno, cipolle, olive nere e squacquerone. Nella foto il disco appena uscito dal forno, pesce e formaggio verranno aggiunti poco dopo

Mi riallaccio ora a un ricordo e a una domanda che Piero Gabrieli, colonna portante di Molino Quaglia, mi fece in vista di PizzaUp 2012. Voleva sapere quale mai fosse la mia pizza preferita. Ma non nel senso quella che ordino più di frequente, quella che ho in mente come un qualcosa di idealmente perfetto, legata facilmente più alla sfera dei sentimenti che ai canoni dell’arte della pizza e che farei se il pizzaiolo fossi io. E qui la memoria ha preso a galoppare.

Intanto le mie radici affondano dove la pizza è un qualcosa di acquisito e quindi di estraneo. Il ramo materno, io nato a Milano nel 1955, si divide tra Como e Milano, quella paterno “peggio” ancora: Trento e il Trentino dove il caffè espresso è puntualmente un attimo lungo e la pasta cotta un paio di minuti di troppo. E la pizza una chimera. Negli anni Sessanta e Settanta la cucina etnica, per come la si intende adesso, Cina e Giappone, India e tipicità arabe, Africa e Sud America, era pressoché inesistente e questo vale anche per certezze della qualità italiana che ormai trovi ovunque, ma che un tempo potevi gustare solo sul posto, penso al pesto genovese o a una mozzarella di bufala, inesistenti all’ombra del Duomo.

E la pizza idem. Le nonne premiavano mio fratello e il sottoscritto per il classico (e raro) bel voto a scuola, portandoci verso piazza Diaz alla pizzeria il Dollaro. E lì si apriva un arcobaleno di incredibili e nuovi profumi e finivi con il sognare la vera pizza, quella che avresti mangiato a Napoli quando mai mi avrebbero portato.

E così la mia pizza ideale è condizionata dal fatto che mi sono più familiari i canederli e le cotolette. E certo non sono il solo a nord degli Apennini. L’avvento della pizza di massa al Nord può suonare come l’invasione di una cultura diversa esattamente come oggi accade per il kebab, osteggiato da certa parte politica per motivi che hanno ben poco da fare con la qualità della tavola in sé. Paura del diverso, paura dell’integrazione, paura dei livelli di igiene del locale e di chi vi lavora e così via, quando in verità la discriminazione dovrebbe essere tra prodotto buono e prodotto cattivo, mica tra il colore della pelle.

La mia pizza, importante anche a livello di PizzaUp perché gli 80 pizzaioli che hanno seguito la kermesse l’ultimo giorno sono stati divisi in 8 squadre e adottato ognuna la ricetta di un giornalista. A parte il cronista che ha messo l’entusiasmo dell’impiegato postale, mortificando il lavoro dei maestri pizzaioli a lui preposti, è nato e si è sviluppato un gran bell’insieme di idee, memorie e pensieri, con il sottoscritto a sbandierare i suoi, legati alla Pizza tonno e cipolle, una preparazione a lungo in sonno e tornata viva grazie a Molino Quaglia.

La mia pizza ideale non ha il pomodoro e nemmeno la mozzarella anche se quella che ordino puntualmente, soprattutto nelle pizzeria standard, è quella al prosciutto cotto con l’aggiunta delle acciughe. Nulla di riconducibile, nel mio ideale, alla Margherita perché al mare a Levanto, tra Sestri e le Cinque Terre, mia madre era maestra nell’infornare un disco di pane ricco solo di tonno (in scatola), cipolle (bianche) e olive (nere), più un trito di prezzemolo (tanto) e basilico (poco). Immancabile il giro d’olio. Quarant’anni dopo, ecco il tonno fresco, le cipolle stufate, le olive denocciolate, più un paio di tocchi d’artista perché non per niente a PizzaUp spopolavano i maestri pizzaioli. Nel prossimo articolo la ricetta, passo dopo passo.

4. continua (qui la puntata precedente)


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a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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