05-02-2012

Lo spirito dell’utopia di Gaston Acurio

Nel ceviche peruviano, il riflesso di produttori e cuochi, ricchi e poveri, legati da una missione

Gaston Acurio, il cuoco più celebre della cucina

Gaston Acurio, il cuoco più celebre della cucina andina. I suoi simboli? Ceviche e Pisco Sour (foto Alessandro Castiglioni)

“La cucina migliora il mondo”, ha esordito Roberto Restelli in apertura di congresso, facendo aleggiare di fronte agli occhi dei congressisti il flauto magico sotto le sembianze di un mestolo fatato. Giacché anche il buon cibo, come la musica di Mozart, può servirci per “attraversare lieti l’oscura notte” che ci tiene in ostaggio.
La prolusione, degno cappello alle nuove ambizioni della cenerentola ingrembiulata delle arti, non poteva calcare toque più azzeccata di quella di Gaston Acurio, leader maximo della nuova cucina latinoamericana. Un virus che sta contagiando i congressi di tutto il mondo con la febbre di una urgenza viscerale, engagée senza dismettere il sorriso e il passo di danza. Pronta a sconvolgerci come il realismo magico prese a sberle esauste avanguardie letterarie.

È un ceviche fantastico, allora, quello di Gaston: dove il realismo del prodotto autoctono mette le ali grazie all’afflato umano, ecofriendly e parapolitico. L’emancipazione sta nell’unione del popolo attraverso il cibo, tratteggiata da Luciana Bianchi: campesinos, indigeni, gourmet, ricchi e poveri si mescolano agli eventi di Astrid & Gaston, agguantando la zattera dell’identità nel tourbillon di un continente che sfreccia. Perché il piatto è per la società: la sfida vuole riportare al centro di qualsiasi scena i contadini e i pescatori, valorizzando la biodiversità di un paese che vanta 85 zone climatiche diverse, centinaia di varietà di mais, peperoncini e patate, lime autoctoni piccoli eppure grandissimi, cipolle che fanno piangere di felicità. Da affabile narratore onnisciente, Gaston fa transitare per le sue labbra moltitudini di personaggi multicolori, carichi dei loro sapori e di una storia millenaria.

Le ricette del ceviche perfetto, sabotate da un sequestro all’aeroporto e ripescate al mercato di Milano, contemplano branzino, peperoncino, aglio, asparago crudo e lime. Scampi e frutta, con la zampata materna di un latte di tigre al corallo e alla capasanta. E ancora cozze e calamari in una selvaggia crema di ricci. Oppure, in versione calda, sgombro, mele, pere, radicchio, ravanelli, patate dolci e succo di mandarino. Mentre la lunga marinatura acida e piccante ha ceduto il passo alla fugacità di un bacio rubato grazie alla diversa qualità delle materie prime.

Le correnti calde e fredde dell’oceano congiurano con i minerali della terra per elevare un’ode alla freschezza. Quale pretesto migliore per un patto sociale fra produttori e raccoglitori di terra e di mare? Dove l’acidità, il piccante, la biodiversità diventano l’allegoria di una ricomposizione generale dei contrasti. Quasi un’utopia del terzo millennio, che sembra resuscitare in chiave gastronomica le architetture oniriche di Fourier e Saint-Simon.


Primo piano

Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola

a cura di

Alessandra Meldolesi

Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini

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