05-03-2017
Parlare di cucina territoriale oggi è più complesso di ieri. I cuochi nascono e crescono viaggiando, sviluppano il loro imprinting grazie alle relazioni, alle influenze, alle contaminazioni. Oppure - e questa è un’altra prospettiva - c’è chi viaggia rimanendo nello stesso posto. Con l’apertura mentale, l’ascolto, l’esplorazione. Come fa Antonia Klugmann, la chef triestina d’origine e friulana d’adozione che è riuscita a portare anche in un piccolo contesto, come quello di Vencò, in provincia di Gorizia, l’innovazione e la ricerca tecnica in grado di trasformare la materia prima (prevalentemente vegetale) in creazioni di alta cucina.
La Klugmann con Lisa Casali
Ma per la Klugmann la differenza la fa anche l’ingrediente e la capacità di valorizzarlo per intero, perché «inserire più varianti dello stesso prodotto crea la complessità e la profondità di gusto». Quindi Antonia Klugmann cerca di non sprecare nulla nella sua cucina. Come nel secondo piatto presentato a Identità, dove il cuore del finocchio cotto nel suo stesso brodo viene adagiato su una purea ottenuta dai suoi scarti e impreziosito dall’olio di liquirizia estratto a caldo, guarnito infine dai suoi stessi gambi affettati.
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a cura di
figlia dei mitici anni '80, una passione per la scrittura nata in ufficio stampa e una per l'enogastronomia che c'è sempre stata. Esploratrice instancabile di ristoranti, piatti, abbinamenti e sapori, scrive di cibo come giornalista free-lance per il suo sito multiautore ilpelonelluovo.it e per alcune testate online, tra le quali iodonna.it