17-02-2012

Dom Pérignon 2003, dark revelation

Geoffroy, chef de cave della maison, ha svelato il nuovo millesimo a Identità: una sfida estrema

L'ultimo millesimo nato in casa Dom Pérignon: il

L'ultimo millesimo nato in casa Dom Pérignon: il 2003, frutto di un lavoro estremo dopo le inattese gelate di inizio primavera e una estate torrida, due calamità che hanno distrutto buona parte delle uve, soprattutto di Chardonnay

Gli inviti erano due, entrambi da parte di Dom Pérignon, il primo per lunedì 6 febbraio all’una e mezza nella sala nera di Identità Milano 2012 e il secondo per l’indomani a cena in zona Stazione Centrale, un modo perfetto per rilassarmi dopo avere chiuso l’ottava edizione di Identità. Non era certo la prima volta che venivo invitato in via Fabio Filzi 22 per un evento previsto al 31° piano, ma la prima per cenare all’ultimo del Pirellone questo sì. Spettacolare. Ci si presenta nella ex sede della Regione, ci si sottopone al controllo a raggi X come ci si trovasse in un aeroporto e poi si prende, uscendo all’aperto, un ascensore che ti spara su fino all’attico.

“Dark Revelation” è stata battezzata la serata di presentazione del millesimo 2003 di Dom Pérignon, una casa che o millesima o passa la mano. Dark l’ambiente, dark la notte, dark la bottiglia, dark tutto eccetto il cibo che ha seguito un percorso di incontro/scontro con le bollicine di Richard Geoffroy, chef de cave e padre dei millesimi più vicini a noi (quasi tutti ancora datati XX° secolo). Annata difficile lassù ad Hautvillers il 2003, l’anno degli estremi, “un inverno particolarmente freddo, secco e rude” al quale seguì una primavera mite e ingannevole. Il 7 aprile scese il gelo, durò quattro giorni e fece strage di vigne, soprattutto dello Chardonnay della Côte des Blancs. Quello che si salva, si troverà a vivere l’estate più calda dal 1950. Conseguenza pratica: pochi grappoli e quei poche avrebbero dato vita alla vendemmia della Champagne più precoce dal 1822, circostanza che avrebbe spinto alla resa molti. Con una complicazione a livello di Dom Pérignon: disdegnando le cuvée, o il millesimo soddisfa o meglio passare la mano alzandole in segno di resa.

L'Uovo alla Passard, la sublime versione dell'uovo barzotto firmata Alain Passard, lo stregante patron dell’Arpège in rue de Varenne a Parigi, un omaggio alla cena Dom P&e

L'Uovo alla Passard, la sublime versione dell'uovo barzotto firmata Alain Passard, lo stregante patron dell’Arpège in rue de Varenne a Parigi, un omaggio alla cena Dom P&e

Le cose sarebbero andate in maniera diversa. Geoffroy non molla, insiste, crea e a Milano ha presentato in prima assoluta il 2003, una interpretazione estrema, senza nessuna concessione alla piacevolezza quasi sbarazzina dei suoi fratelli maggiori che ti colpiscono sempre per la giovinezza che sembra non sfumare mai. Nella maison paragonano il Dom Pérignon Millésime 2003 ai Dom Pérignon Millésimes 1947, 1959 e 1976. Dobbiamo fidarci. Di certo è uno champagne duro, aggressivo, che ti spara il palato in orbita, sorsi che fatichi a controllare, che chiamano note forti nel piatto, magari una Fiorentina cotta a puntino tanto che i due piatti che l’hanno esaltato erano dominati dalla zafferano e dalle spezie messicane.

Lassù sul Pirellone ha cucinato Pascal Tingaud, chef de cuisine di Dom Pérignon. A lui il compito di tradurre in cibo le illuminazioni di Geoffroy, avendo ben presente, non solo lui ma tutti i presenti, il Dark Dom Pérignon, che è un colore ben preciso, “un nero profondo, poliforme, cangiante”, punto di arrivo di un percorso scandito dai colori bianco, giallo, verde e rosso.

Come giungere all’assoluto senza perdersi per strada. Cinque tappe, cinque tempi, cinque segni, cinque colori a iniziare dal Bianco dell’Uovo alla Passard, Alain Passard, lo stregante patron dell’Arpège in rue de Varenne che ha pensato a migliorare l’uovo barzotto con l’albume reso cremoso e speziato e il tuorlo liquido sul fondo. Il Giallo arriva invece dallo zafferano nel Risotto oro, un omaggio a Gualtiero Marchesi. Il bicchierino di tè matcha garantiva il Verde, un passaggio quasi obbligato per trasformare lo zafferano in un ricordo anche se avrei preferito un altro modo per pulirmi la bocca.

E siamo al Rosso. Splendido il contrasto cromatico tra il grigio perlaceo del Caviale Prunier Saint-James e la gelatina di ibisco sulla quale poggiava il caviale. Per Geoffroy si tratta di un “inciontro sferzante, sensuale, teatrale, quasi shakesperiano”. Io pensato a un bacio sensuale e intenso dopo un diretto allo stomaco. L’ibisco gela, sferza. Va preso a dosi minime e il grosso lasciato lì (e io fatico maledettamente a lasciare qualcosa in un piatto, eve proprio essere tra il pessimo e il putrido).

Il Mole nero e foie gras, una fetta di fegato grasso con una salsa creata con una quarantina di ingredienti comperati al mercato della città messicana di Oaxaca

Il Mole nero e foie gras, una fetta di fegato grasso con una salsa creata con una quarantina di ingredienti comperati al mercato della città messicana di Oaxaca

Infine il “Dark, la fase della rivelazione definitiva. Si entra nella profondità dello champagne”. E non se ne uscirebbe più. Due momenti, prima il Mole nero e foie gras, quindi il Tè Pu’Er Sheng Cha con il caviale gustato à la royale, appoggiato sul dorso della mano, tra pollice e indice destri. Il mole ci porta al Messico, a Puebla per gli echi del tacchino al cacao, il Mole poblano, che in questo viaggio viene sostituito dal fegato grasso ricoperto con una salsa di un vigore totale, lunga come una notte polare, frutto di una miscela di una quarantina di spezie scelte al mercato di Oaxaca in Messico, il tutto tostato e affumicato. La salsa toglie ogni nota grassa al foie gras, che al secondo boccone è già una sublimazione, una cometa nel cielo.

Con il tè, cinese e rarissimo, forse più dell’acqua nel deserto, si torna a note più tranquille, ma sempre marcate con elegante personalità, come gli ultimi metri delle piste olimpiche per bob e slittini, quando chi è sui quei mezzi recupera membra, cuore e cervello, si ricompone insomma prima di frenare, fermarsi e scendere. Così chi era presente al Pirellone. (S)trasvolti da una Dark Revelation che verrà replicata in locali selezionati dalla casa. Info nel sito domperignon.com.


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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