Shake & shock

10-10-2023

Coa, un machete messicano si fa largo a Hong Kong

Nell’ex colonia britannica, il bartender Jay Khan sta conquistando rapidamente i favori degli appassionati di cocktail. Sotto il segno dell'agave

Jay Khan, bartender patron di Coa, Hong Kong

Jay Khan, bartender patron di Coa, Hong Kong

Magico, misterioso, indecifrabile… l’allure dell’Oriente è stato raccontato dalla letteratura e dal cinema occidentale sempre in punta di piedi, ammaliati da un suo fascino che non viene mai compreso fino in fondo. Amore e timore reverenziali, che hanno portato turisti e imprenditori a visitare e vivere in metropoli che sono diventate luogo di incontro di culture, sperimentazione e avanguardia in diversi settori.

Tra queste sicuramente c’è Hong Kong, l’ex colonia britannica, oggi provincia autonoma della Cina, che basa la sua identità proprio sul dialogo costante tra est e ovest del mondo. Non a caso la metropoli cinese è un importantissimo snodo finanziario e polo commerciale ma, in particolare è specchio oltreché precursore di molte tendenze nel mondo della miscelazione e dell’ospitalità. Qui si giocano e si conquistano le prime posizioni di classifiche blasonate come quella della 50 Best Asia e mondo del settore hotellerie, ristorazione e bar.

Per scoprirne i motivi ed entrare nelle pieghe di un futuro che è ormai a portata di mano, abbiamo visitato cocktail bar pluripremiati e non, diversi per genere e stile ma accomunati tutti da una forte identità di brand che li rende emblematici di un nuovo corso del bartending internazionale. Correnti di pensiero e idee dei singoli bartender, ma anche concept e format di locali che, ancora una volta, parlano per lo più italiano riconfermando la grande professionalità ed estro dei nostri connazionali all’estero.

Prima però di varcare l’ingresso di questi cocktail bar occorre fare una premessa per poter comprendere appieno questo mondo e le sue diverse declinazioni. Hong Kong è la capitale della finanza, il luogo in cui la popolazione ha il più alto reddito pro-capite e che vede convivere etnie e culture differenti: europei, cinesi, giapponesi, americani… Persone diverse, abitudini di consumo differenti e capacità di spesa elevata, l’ospitalità e la bar industry di conseguenza si allontanano sempre più da un concetto di globalizzazione per lavorare in profondità e regalare esperienze uniche, personalizzate e in continua evoluzione.

Con questo presupposto non sembrerà affatto strano che il bar in vetta all’Asia’s 50Best Bars, celebrata lo scorso 18 luglio proprio nell’ex colonia britannica, sia Coa, il tempio dell’agave in tutte le sue espressioni e un ponte con il Messico, in cui la verve e il calore del paese latino americano si ritrovano in ogni drink del menu. Alla base del lavoro del locale, oramai da 3 anni ai vertici della classifica, e del suo patron Jay Khan vi sono sia twist on classic diventati iconici, ma anche signature che cambiano ogni settimana attingendo agli ingredienti di stagione.


Innamoratosi dell’agave sin dal suo primo viaggio in Messico nel 2015 e con 15 anni di esperienza nella beverage industry, Jay apre nel 2017 con l’obiettivo di portare tutti i suoi distillati sulla scena asiatica insieme a un’idea di ospitalità che fosse espressione dello spirito sudamericano. Gli interni di Coa sono fortemente caratterizzati dall’utilizzo del legno e decorati con murales, che ritraggono divinità e figure mitiche oltre a un machete originale – Co-ah, da cui deriva il nome del locale–, utilizzato per tagliare le piante di agave.

Molto più che una semplice passione per dei prodotti, Khan è riuscito a trasferire quell’amore e quella passione che ha percepito in ogni singola piantagione che ha visitato, trovando anche una formula che, di anno in anno, risultasse fresco e vincente. Sicuramente, come il barman ci racconta, i primi mesi non sono stati affatto facili; anzi, ha dovuto lottare per abbattere alcuni preconcetti legati a distillati come la tequila e il mezcal per poi arrivare a un successo indiscusso basato soprattutto sul passaparola e sull’attenzione all’ospite.

La risposta di Khan alla scarsa conoscenza del mondo agave è stata la creazione di una carta, quasi un manuale, di ben 41 pagine per offrire ai clienti un viaggio all’interno di questo mondo e delle sue mille sfaccettature, accompagnato anche a workshop dedicati che hanno portato alla costruzione di una vera e propria community.

Khan ha investito tutto sé stesso nel suo progetto e parlando con lui, ciò che stupisce è il rispetto e la coerenza con cui porta avanti la sua idea e ne difende la bontà. Due valori per lui cardine e che cerca di trasmettere anche al suo team, selezionato non sulla base di esperienze pregresse nel settore bensì ricercando l’attitudine personale e caratteriale per un lavoro basato sull’ospitalità e l’accoglienza. A suo avviso, infatti, la conoscenza e l’esperienza possono essere sempre insegnate e apprese.

Tre signature di Coa: La Paloma, Mole Negroni, Pepper Smash

Tre signature di Coa: La Paloma, Mole Negroni, Pepper Smash

Oggi l’esperienza da Coa è quella di un cocktail bar che ha saputo entrare nel tessuto dell’ex colonia britannica, aprendo la strada a un approccio ai distillati messicani molto simile a quello del vino per le varietà, l’impatto del suolo e del clima, e l’importanza del fattore umano.

Sicuramente tra i cocktail che sono diventati tra i più iconici vi sono il Pepper Smash, particolarmente interessante per l’utilizzo del jalapeño e dell’acidità dell’ananas combinate con Tequila Blanco, Cointreau, sciroppo d’agave, basilico dolce, perilla; la Paloma de Oaxaca con Tequila Blanco, Mezcal, lime, soda al pompelmo e crusta di sale in cui le note acidule e sapide si sposano con l’affumicato e il Mole Negroni, un twist che utilizza gli ingredienti della famosa salsa messicana ovvero cacao in polvere e il peperoncino poblano, vermouth blend, Campari, Tapatio Reposado.

Non resta che attendere il 17 ottobre per scoprire come si posizionerà Coa nella World’s 50 Best Bars, ossia se manterrà l’attuale 17mo posto o se salirà in classifica, così come sarà importante l’esito per un altro cocktail bar che arricchisce la scena di Hong Kong.


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ll mondo dei cocktail e dei bartender raccontati da Identità Golose.

Claudia Orlandi

di

Claudia Orlandi

sceneggiatrice e scrittrice, dalla scuola di giornalismo enogastronomico del Gambero Rosso è approdata a Identità Golose

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