21-12-2020

Scarello, dallo stadio alle stelle

Nel 1995 il calcio mi offrì l'ennesima opportunità per scoprire un nuovo talento, successe dopo una notturna dell'Udinese

La famiglia Scarello davanti a un disegno che cele

La famiglia Scarello davanti a un disegno che celebra le due stelle Michelin. Da sinistra verso destra: il padre Tino, i due figli, Michela ed Emanuele, e mamma Ivonne

XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il 36° di cinquanta racconti

È chiaro che è una domanda retorica e non cambia di una virgola quella che è stata la mia vita, lo stesso però mi chiedo quante probabilità avrei avuto di diventare critico enogastronomico se prima non fossi stato un giornalista sportivo. Ho usato il calcio, lo sci e la vela anche per scoprire nuove insegne, ristoranti interessanti. Potremmo parlare di fiuto, ma questo vale soprattutto agli inizi, quando non hai nome e devi arrangiarti risalendo la corrente.

Poi, pian piano, sono riuscito ad avere spazio nelle pagine del Giornale e, alla lunga, era evidente la mia vocazione a sedermi il più possibile a tavola.

Durante il mio lavoro di cronista sportivo, c’erano stadi dove sapevo che avrei incrociato qualche suggeritore. E così accadde nel settembre del 1995, durante una partita in casa dell'Udinese. Era una notturna e quando scesi negli spogliatoi per ascoltare gli allenatori, un collega friulano mi disse qualcosa come: "Paolo, sai già dove andare a cena?" Risposta negativa.

Ero arrivato all’ultimo momento da Milano e sapevo che sarei dovuto ripartire presto la mattina. Non avevo programmato nulla per rubare qualche ora alla notte e riuscire finalmente a dormire bene. I programmi cambiarono immediatamente quando mi disse che c’era un posto che stava cambiando pelle e che meritava una mia visita. Stava all'altro capo della città rispetto allo stadio Friuli, ma l’occasione di conoscere qualcosa di nuovo vince sempre in me.

E così, verso mezzanotte, ero seduto Agli Amici della famiglia Scarello in località Godia. L’insegna sarebbe completa aggiungendo una data, il 1887, quando lì

I fratelli Scarello, Emanuele e Michela, quando tre anni fa il ristorante di famiglia festeggiò i 130 anni di golosa attività. Venne infatti inaugurato nel 1887

I fratelli Scarello, Emanuele e Michela, quando tre anni fa il ristorante di famiglia festeggiò i 130 anni di golosa attività. Venne infatti inaugurato nel 1887

venne aperta una rivendita di prodotti coloniali, una tabaccheria in pratica, un mondo completamente diverso da quello che trovai quella sera e a sua volta lontano dal ristorantissimo che è oggi. Sono orgoglioso di avere contribuito anch'io, per la mia piccola parte, al suo meritato successo. Detesto quei colleghi tromboni che si impongono pensando di essere chissà chi. Io cerco sempre di muovermi in punta di piedi e fu così pure allora.

Agli Amici c’era mamma Ivonne in cucina e poi tutto il resto della famiglia - papà Tino e i figli Emanule e Michela - che si dividevano tra bar, sala e cantina. Mi fecero accomodare nella salta di appoggio, quella che apri quando l’affluenza è talmente alta che la sala principale non regge. Mangiai bene, ma mi trovai ancora più appagato dall'aver fatto la conoscenza di una famiglia solare, bella, dedita al lavoro senza se e senza ma.

Mi impressionava un po' il fatto che sulla madre ricadesse tutto il peso della cucina e che nessuno dei familiari dividesse il tempo con lei tra forni e fornelli. Emanuele girava sicuro e cercava di uscire - almeno questa era l’impressione - dall’ombra del padre. È sempre difficile per chi inizia in scia ai genitori riuscire a diventare autonomi, non è facile esprimere la propria personalità quando condividi lo spazio con un genitore. Michela, invece, sorella minore, era un furetto e come tutte le donne più abile nel farsi i fatti suoi. Ancora oggi Emanuele ricorda di quando gli dissi se potevo parlargli dopo la fine del servizio.

Godia, località a est del capoluogo Udine, è famosa per le sue patate cxhe non mancano mai nei menù degli Amici

Godia, località a est del capoluogo Udine, è famosa per le sue patate cxhe non mancano mai nei menù degli Amici

Avevo fatto i complimenti a Michela, per lei e per il fratello, sentendomi rispondere: "Lui sarebbe ancora più bravo se fosse in cucina". E così mi mise il tarlo in testa.

Quando una ventina di anni prima avevo avuto la possibilità di entrare a pelar patate in uno stellato di Milano, non avevo mai avuto dubbi sul fatto che, se la ristorazione fosse diventata il mio futuro, sarebbe stato da cuoco e non da maître o sommelier. Mi colpì quel ragazzo che, dotato  per la cucina, se ne stava lontano e volevo sapere perché.

Così, dopo il servizio, alle due, gli chiesi spiegazioni. Emanuele mi disse: "A me piace il contatto con i clienti a cui tengo moltissimo". Poi, però, ammise che la mamma cominciava a essere stanca e che presto avrebbero dovuto decidere cosa fare. Lo invitai, visto che gli piaceva ancora di più stare ai fornelli, di rompere gli indugi e di infilarsi il tocco in testa. In questo modo avrebbe potuto dialogare con le persone non attraverso le parole, bensì attraverso i piatti, la forma più bella di espressione per un cuoco.

Chi lavora in sala è altrettanto importante, ma è un po' la luna rispetto al sole, parla della creatività altrui e non è la stessa cosa. E, adesso che le stelle sugli Amici sono diventate due, Emanuele e io ridiamo pensando che la prima cosa

Funghi chiodini nella foto di Simone Vogel

Funghi chiodini nella foto di Simone Vogel

che mi servì in tavola non mi piacque affatto: un prosciutto che aveva preso troppa aria, tagliato molto alto e servito con un pane che era una spugna di umidità.

Poi, però, delle uova con i funghi porcini disegnarono un sorriso sul mio volto. E un altro tipo di funghi, chiodini, avrebbero in un'altra visita dato una nota in più, tendente al dolce, a una delicata zuppetta di trippe. Era una poesia, non una di quelle mappazze con i fagioli e quant'altro che sembrano pensate più per ingozzare le oche che per deliziare i palati umani. A quel punto Emanuele era già cuoco, curiosissimo e molto lucido nel cammino. Sarebbe diventato, più avanti, presidente dell'associazione Giovani Ristoratori d'Italia e credo non abbia avuto mai rimpianti per aver lasciato la sala.

LA RICETTA

Zuppa di trippe, chiodini e uova di quaglia

Ingredienti per 4 persone: 400 gr. trippe di bovino precedentemente sbianchite; 1 carota; 1 scalogno, 1 costa di sedano verde; 1 mazzetto di erbe aromatiche (timo, maggiorana, alloro, rosmarino…); 1 patata media; 50 gr. olio extravergine d'oliva; 200 gr. passata di pomodoro; 600 gr. brodo vegetale; 200 gr. funghi chiodini mondati e sbianchiti; 1 spicchio di aglio; 20 gr. prezzemolo; 50 gr. olio extravergine d'oliva; 8 uova di quaglia; tartufo nero.

Oggi la cucina di Emanuele Scarello è più ragionata, più essenziale, i sapori netti e puliti, in un equilibrio brillante e stregante. Non che non fosse buona e golosa anche ai suoi inizi, ma erano i primi passi, un’altra età e un’altra epoca. L’essenzialità è una dote che si acquisisce con il tempo, a vent’anni è facile pensare che più aggiungi in un piatto e più impressioni. Pubblico questa ricetta della zuppa di trippe, chiodini e uova di quaglia, proprio perché era già una patente di gran chef, un zuppa di assoluta pulizia di sapori.

Fate come Scarello: tritate la carota, la patata, la costa di sedano e lo scalogno e iniziate a cuocere a fuoco moderato con 50 gr. di olio evo. Dopo 20 minuti unire la trippa affettata finemente e mescolare bene. Sarà poi la volta del mazzetto di erbe aromatiche, della passata di pomodoro e del brodo vegetale, uniti i quali continuerete la cottura a fuoco moderato per 90 minuti.

Nel frattempo sminuzzate l'aglio, versatelo in una padella antiaderente con 50 gr. di olio evo, fate profumare bene e unite quindi i chiodini, spadellando a fuoco vivo per due minuti. Regolate di sale e pepe e ritirare in placchetta.
E’ il momento delle ovette di quaglia che immergerete per 2 minuti in un litro di acqua bollente per raffreddarle al volo in acqua e ghiaccio, sgusciandole poi facendo molta attenzione a non romperle. Aggiungete alle trippe i funghi chiodini e il prezzemolo tritato, controllando sale e pepe.

Disporre al centro di un piatto fondo la zuppa di trippe e funghi chiodini, adagiare le uova di quaglia e completare con lame di tartufo nero.


XXL Marchi

Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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