20-06-2020

Il Riso Cantonese non c'entra nulla con Canton (e altre mistificazioni cinesi)

Nuvole di drago, involtini primavera, gelati fritti e tutte quelle specialità che per sbaglio crediamo essere nate in Cina

Il Riso alla Cantonese non ha nulla a che vedere c

Il Riso alla Cantonese non ha nulla a che vedere con Canton e Guangdong; è piuttosto una variante italica del riso di Yangzhou, a nord di Shanghai (foto stagioninelpiatto.com)

Notoriamente, nella magna e longeva cucina cinese, ci sono 8 grandi declinazioni regionali: le 4 nobili portate avanti dalle regioni del Shangdong, del Jiangsu, del Sichuan e del Guangdong, quest’ultima ovvero la Cantonese. E le altre 4 meno blasonate ma altrettanto pregnanti del Anhui, del Fujian, dello Hunan e del Zhejiang. Eppure, a guardare bene, quando si parla di cucina cinese nel mondo, ci sarebbe anche una nona voce. Una categoria meno illustre, fatta più di sudore che di corti imperiali, di immigrazione piu che di grandi battaglie vinte, di giornalieri compromessi più che di codifiche alla Pellegrino Artusi. Stiamo parlando di quello che si mangia nei ristoranti cinesi fuori dalla Cina. Oltre confine.

Quante volte chi visita i locali a Shanghai o Pechino, o, ad maiora, le città più periferali del subcontinente, rimane a bocca aperta (e a volte a stomaco chiuso) nel vedere specialità mai viste nei paesi d’origine. “Il punto è”, spiega Bob Miao, food and wine writer, già responsabile della Guida Michelin China (e che ha appena editato il libro "One hundred top Chinese restaurant of the world"), “che tutta la cucina cinese all’estero è originata innanzitutto dall'immigrazione di persone che erano in cerca di fortuna, cuochi improvvisati, mogli o fratelli di lavoratori di miniere e strade ferrate. Tutta gente che per sbarcare il lunario doveva vendere cibo, non crearlo. E questo si poteva solo fare andando incontro al gusto di chi ti capitava davanti, avendo gli ingredienti che il mercato locale ti offriva”.

E’ cosi che in Italia ci sono una pletora di piatti e usanze che in Cina o non esistono, o hanno un nome, un’origine o un tipo di cottura totalmente diversa. E ancora è cosi che si sono create vere e proprie cucine cinesi subnazionali che sono banalmente il frutto del caso, senza alcuna tradizione, come la American-Chinese (una sorta di Tex-Mex che al posto del Chili con carne ha il suo corifeo nel Chop Suey), la Canadian-Chinese o addirittura la cucina Hawaiana-Cinese (pensate alla nostra vituperata pizza con l’ananas. A ognuno il suo, evidentemente).

Le Nuvole di drago: esistono le chips d'aragosta ma in Cina sono quasi introvabili

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Involtini primavera: molto diffusi nel Sud-Est asiatico, in Cina sono molto rari (foto buonissimo.it)

Involtini primavera: molto diffusi nel Sud-Est asiatico, in Cina sono molto rari (foto buonissimo.it)

Qualche esempio italico, nel nostro piccolo: il Pollo al limone, il Gelato fritto, il Pollo alle mandorle, i Fortune Cookies: tutte cose mai viste nei miei 15 anni di vita in Cina. Altri cardini: le mitologiche Nuvole di Drago”. Esistono, in cinese si chiamano 龙虾片Longxiapian, ovvero chips di aragosta), ma sulle tavole cinesi sono più rare del Gronchi rosa (sarà per quello che condividono lo stesso colore). Altro eroe: l’Involtino primavera. Ok, un pelo più frequente, e, crepi l’avarizia, anche in cinese si chiama “involtino primavera” (春卷, chun juan); ma parliamo di una presenza irrilevante a queste latitudini. Lo si vede sparutamente nel basket dei Dim Sum cantonesi, lo si vede con ripieno di fagioli rossi nel nord est (DongBei), lo si vede non fritto, bensì fresco, in tante cucine del sud-est asiatico, ma veramente stiamo parlando di Tizio e Caio e Cetto La Qualunque. Altro abbaglio: il Riso alla Cantonese. Con Canton e il Guangdong non c’entra un fico secco! Quello che noi chiamiamo Riso alla Cantonese altri non è che una variante italica del riso di Yangzhou (“Yangzhou Chaofan”, 扬州炒饭), una cittadina nel Jiangsu, a nord di Shanghai, e che viene fatto con il tipico prosciutto di Yangzhou arricchito di piselli, uovo ed eventualmente gamberi.

Qualcuno degli amici locali commenta: “È come la differenza che c’è tra cucina italiana intramoenia e cucina italiana nel mondo: una pizza a Shanghai o a Singapore è diversa che a Roma o a Milano, no?”. Vero, eppure c’è una differenza tra le differenze. La cucina italiana nel mondo ormai è appannaggio di cuochi di tutte le nazionalità. Si sono viste pizzerie gestite da tedeschi, fine-dining toscaneggianti gestiti da giapponesi, paste alla Alfredo, Ceasar salads yankee, Maccaroni col ketchup fatti da lamberjack del Wyoming, e pasta-maker creati da cinesi. Ma raramente si vedono ristoranti cinesi gestiti da non mandarini. Va bene, ultimamente, e sempre più spesso, ora che i ristoranti cinesi sono stati sdoganati anche per i palati più fini, si vedono ristoranti gestiti da vietnamiti, cambogiani, taiwanesi. Ma stiamo pur sempre parlando di discendenti di etnia han, di cinesi nati abroad, di gente la cui prima lingua è, se non il mandarino, al massimo il cantonese. Di qui ancora la spiegazione dell’origine di questa diaspora dei sapori orientali: non tanto la ricerca, bensi l’adattamento.

Un caso emblematico fuori Italia è la catena americana General Tso, strafamosa, che ha fatto la fortuna sulla pietanza “General Tso's chicken”, mai pervenuto nei 7mila anni di storia cinese. Lui, sì, è stato un generale hunanese dell’impero Qing, realmente esistito, e che ha avuto a che fare con mille aspetti della vita di allora, tutto tranne che la cucina. Il piatto in sè, invece, è un pollo fritto arricchito con ginger, salsa di soia, aceto e vino di riso di Shaoxin (o Sherry) di oscura origine. Nessuno sa bene né perché si richiami al militare hunanese (come spesso accade nelle chinese matters... ci sono almeno 4 varianti. Nessuna verificata o accreditata), né da dove provenga il piatto. Si sa solo che è un'americanata.

In sostanza la cucina cinese nel mondo è un misto di mito, necessità, ingegno e magheggio. Come se ne esce dunque, se si vuole capire qualcosa in questa cacofonia di pietanze e cucine?

AMERICANATA. Il Pollo del Generale Tso: il generale è esistito ma la ricetta è non pervenuta in 7mila anni di storia cinese

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I Fortune cookies, biscotti della fortuna, introvabili a Pechino e dintorni

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Se proprio vogliamo tenere qualche punto fermo, si può dire che qualunque risultato esso dia, il ristorante cinese all’estero è quasi sempre ammantato del titolo di cantonese, o zhejianghese, o fujianese, o sichuanese. Mi sono sempre chiesto infatti: ma perché nessuno apre un ristorante del DongBei, il nord-est della Cina, che ha una cucina quasi apparentata a quella dell’Italia del nord? Lì, più che il riso si mangiano le pitte di frumento, simil-piadine. Si mangia tanta carne di maiale, il capretto, anche il somarino. Poca salsa di soia. Le verdure si possono mangiare anche crude, come nei nostri pinzimoni. Si beve addirittura il vino al posto del te, proveniente dalla vicina Russia. Perché? Per due motivi: uno, l’immigrazione cinese nel mondo è stata al 99% dal sud del paese (appunto, Fujian, Canton, Zhejiang etc.); due, la cucina elegante per eccellenza è quella del Sud del paese, dove il territorio abbonda di acqua, di risorse, di terre fertili, dove il mare è ricco di frutti di mare e pesci, e dove il clima è generoso.

È per questo anche che la maggior parte dei ristoranti stellati cinesi sono cantonesi. Per lo stesso motivo, sebbene la corte imperiale fosse a Pechino, della imperial cousine non c'è praticamente alcuna traccia oltre confine. Per lo stesso motivo un riso del nord del paese è stato inbastardito col nome di “cantonese”. E da ultimo, per lo stesso famelico destino il Generale Tso, ignaro, dai fasti dei Qing, è finito dentro a un piatto del sud.


China Grill

Approfondimenti golosi dalla Cina e dall'Estremo Oriente a cura del nostro inviato Claudio Grillenzoni

a cura di

Claudio Grillenzoni

Giornalista col vizietto dell'esterofilia (da buon germanista) e del cibo (da buon modenese), ora vive felice in Cina, a Shanghai, tessendo ponti tra Oriente e Occidente

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